Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28360 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 24782/2022 R.G. proposto da:
NOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME, domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME e NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale
–
contro
ricorrenti –
N. 24782/22 R.G.
avverso la sentenza n. 471/2022 della Corte d ‘ appello di Lecce, depositata il 15.4.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 3.7.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose opposizione in relazione al precetto notificatole in data 20.3.2015, con cui la RAGIONE_SOCIALE (benché cancellata dal R.I. in data 8.6.2006) le aveva intimato il pagamento di € 14.010,00, oltre IVA e accessori, deducendo l ‘ irregolare spedizione del titolo (sentenza della Corte d ‘ appello di Lecce n. 95/2015) in forma esecutiva, a cagione del suo rilascio alla predetta società estinta, nonché la carenza di legittimazione processuale e sostanziale di quest ‘ ultima e, dunque, la nullità del precetto, anche per difetto di valida procura. Costituitasi la società, il Tribunale di Lecce, con sentenza del 25.5.2017, rigettò l ‘ opposizione. La RAGIONE_SOCIALE propose appello e la società si costituì in giudizio. All ‘ udienza del 24.6.2020, il procuratore dell ‘ appellata ne dichiarò la intervenuta cancellazione dal R.I. e la Corte d ‘ appello di Lecce, con ordinanza in pari data, dichiarò l ‘ interruzione del processo; l ‘ appellante, quindi, lo riassunse con atto del 17.9.2020 nei confronti degli ex soci NOME e NOME COGNOME ma il giudice d ‘ appello, con sentenza n. 471/2022, dichiarò l ‘ estinzione del giudizio, per tardiva riassunzione ex art. 303 c.p.c.: ciò perché la cancellazione della società, benché avvenuta l ‘ 8.6.2006, era certamente nota alle parti almeno dal 28.10.2019, data di pubblicazione della sentenza di questa Corte di cassazione n. 27480/2019, con cui la sentenza della Corte d ‘ appello di Lecce n. 95/2015 (ossia, il titolo esecutivo di cui si preannunciava l ‘ esecuzione col precetto opposto
N. 24782/22 R.G.
nell ‘ ambito di questo giudizio) era stata cassata senza rinvio. Da detta data, dunque (secondo la Corte leccese), avrebbe dovuto computarsi il termine per la riassunzione, a prescindere dall ‘ adozione dell ‘ ordinanza con cui era stata disposta l ‘ interruzione del processo, di valenza meramente dichiarativa; da qui la tardività della riassunzione, stante la già maturata estinzione del giudizio d ‘ appello.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di tre motivi, cui resistono con controricorso NOME e NOME COGNOME. Il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 300 e 307 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello dichiarato l ‘ interruzione del processo. Posto che nessuna azione esecutiva avrebbe potuto esser avviata da un soggetto precedentemente cancellato dal R.I. e dunque estinto (tale doveva considerarsi la RAGIONE_SOCIALE), la Corte leccese non avrebbe potuto dichiarare l ‘ interruzione del processo, che era stato instaurato proprio sul presupposto dell ‘ inammissibilità e/o irritualità della minacciata azione esecutiva.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 299 e 300 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per essere incorsa la Corte d ‘ appello in error in procedendo, laddove ha dichiarato l ‘ interruzione-estinzione del processo, in difetto di un evento interruttivo verificatosi successivamente all ‘ avvio del giudizio d ‘ appello.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, si denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 299 e 300 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello ha dichiarato l ‘ estinzione del processo, facendo decorrere il dies a quo non già dalla data della dichiarazione dell ‘ evento da parte del procuratore (effettuata all ‘ udienza del 24.6.2020), bensì dalla data di conoscenza aliunde del medesimo evento.
2.1 -Premessa l ‘ infondatezza delle eccezioni di inammissibilità sollevate dai controricorrenti, giacché del tutto correttamente la ricorrente ha impugnato per cassazione il solo provvedimento impugnabile ex art. 360 c.p.c., ossia la sentenza che ha dichiarato l ‘ estinzione (non essendovi necessità di formulare riserva sull ‘ ordinanza che ha dichiarato l ‘ interruzione del processo), i tre motivi del ricorso possono esaminarsi congiuntamente, perché connessi: e sono con ogni evidenza fondati.
2.2 Il processo che occupa nasce dalla minacciata azione esecutiva da parte di un soggetto inesistente: la RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal R.I. (come è pacifico tra le parti) in data 8.6.2006, aveva infatti intimato precetto alla RAGIONE_SOCIALE con atto notificato circa nove anni dopo la sua estinzione, in data 20.3.2015. L ‘ odierna ricorrente, pertanto, proponendo l ‘ opposizione preesecutiva ex art. 615, comma 1, c.p.c., con atto di citazione del 31.3.2015, ha contestato sin dall ‘ inizio di questo processo tale esiziale vizio, di cui era perfettamente e dichiaratamente consapevole, tanto da radicare le ragioni di opposizione proprio su di esso. Il che è vieppiù confermato proprio dalla sentenza di questa Corte n. 27480/2019, che – accogliendo il ricorso per cassazione della Roveda – ha infatti cassato senza rinvio il titolo giudiziale esecutivo di cui si minacciava l ‘ esecuzione
N. 24782/22 R.G.
(sentenza della Corte d ‘ appello Lecce n. 95/2015), proprio a cagione di detta inesistenza soggettiva.
Ha dunque evidentemente errato la Corte salentina: a) dapprima, dichiarando l ‘ interruzione del giudizio d ‘ appello, ma in relazione alla posizione di una parte inesistente ab origine e dunque irritualmente costituita, l ‘ interruzione potendo disporsi per fatti sopraggiunti nel corso del giudizio, non già per quelli preesistenti; b) poi, dichiarando l ‘ estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione nei confronti dei successori a titolo universale, tali in realtà almeno dall ‘ 8.6.2006, ossia da ben prima non solo dell ‘ inizio del processo, ma dalla stessa notificazione del precetto opposto; c) ed infine, ed in ogni caso, facendo decorrere il termine ex art. 303 c.p.c. dalla presunta data di acquisita certezza, da parte della RAGIONE_SOCIALE, della conoscenza della cancellazione della società dal R.I., ossia dalla pubblicazione della citata Cass. n. 27480/2019, che aveva cassato senza rinvio il titolo esecutivo di cui si minacciava l ‘ esecuzione: ciò in quanto, ferma la natura dichiarativa dell ‘ ordinanza che dispone l ‘ interruzione del processo, ai fini della individuazione del dies a quo ex art. 303 c.p.c., non può prescindersi dalla dichiarazione dell ‘ evento da parte del procuratore della parte colpita, in ipotesi, dall ‘ evento interruttivo (per tutte, Cass., Sez. Un., n. 12154/2021).
3.1 -Il ricorso è pertanto accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell ‘ art. 384, comma 2, c.p.c., con la declaratoria di cessazione della materia del contendere (in forza dell ‘ insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 25478/2021), giacché – come più volte s ‘ è detto – il titolo esecutivo
di cui si minacciava l ‘ esecuzione (sentenza della Corte d ‘ appello Lecce n. 95/2015) è stato definitivamente caducato, per effetto di Cass. n. 24780/2019. Occorre dunque provvedere sulle spese di lite dell ‘ intero giudizio (venendo così meno anche la decisione di primo grado), che si liquidano come in dispositivo: esse, per la fase di merito, seguono la soccombenza virtuale di NOME e NOME COGNOME stante l ‘ incontestabile conoscenza, da parte loro, della avvenuta estinzione della società opposta già all ‘ atto della notificazione del precetto e, dunque, la piena consapevolezza della bontà delle ragioni dell ‘ opponente; mentre, per il giudizio di legittimità, esse seguono la soccombenza effettiva degli odierni controricorrenti, in ragione dell ‘ accoglimento del ricorso della COGNOME nei termini suesposti.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la gravata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara la cessazione della materia del contendere. Condanna NOME e NOME COGNOME in solido alla rifusione delle spese di lite, che liquida per il giudizio di primo grado in € 2.400,00 per compensi, per quello d ‘appello in € 2.500,00 per compensi e per il giudizio di legittimità in € 2.400,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre, per ciascun grado, rimborso forfetario generale in misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno