Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8584 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8584 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23947-2019 proposto da:
NOME COGNOME nella qualità di erede di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
Oggetto
PENSIONE DI VECCHIAIA
R.G.N. 23947/2019
Ud. 26/02/2025 CC
avverso la sentenza n. 505/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/03/2019 R.G.N. 9187/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME adivano il Tribunale di Roma per chiedere la condanna dell’INPS a corrispondere nei loro confronti i ratei della pensione di reversibilità maturata da NOME del quale erano eredi. La sentenza di primo grado del Tribunale di Roma dichiarava inammissibile il ricorso degli attori ritenendo che sulla questione si fosse formato il giudicato in ragione di una precedente decisione.
NOME COGNOME impugnava la sentenza del Tribunale di Roma; l’INPS si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Si costituivano anche NOME COGNOME e NOME COGNOME La Corte di Appello di Roma, in data 20.1.2014 dichiarava l’interruzione del giudizio per la sospensione dall’albo degli avvocati dell’Avv. COGNOME difensore unico degli appellanti.
Con ricorso depositato il 31/07/2018 NOME COGNOME ha riassunto il giudizio. L’INPS non si è costituito nel giudizio riassunto. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 505/2019 depositata in data 01/03/2019 ha dichiarato estinto il giudizio ritenendo spirato inutilmente il termine per la riassunzione.
Avverso detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. L’INPS si è costituito con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno ricevuto rituale notifica del ricorso e sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 26/02/2025.
Considerato che :
In via preliminare va esaminata l’eccezione sollevata dall’INPS circa l’invalidità della procura allegata al ricorso.
1.1. La procura non reca il luogo di rilascio, ma è autenticata in Roma dal legale costituito, italiano. Non si ravvisano irregolarità dal momento che la parte controricorrente non ha offerto elementi che possano far propendere per un rilascio all’estero d ella procura, trattandosi di circostanza meramente dedotta. In tale prospettiva assume, infatti, rilievo il principio secondo il quale: «in caso di mandante residente all’estero, l’onere di fornire la prova contraria necessaria a superare la presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia della procura ad litem apposta su atto giudiziario senza indicazione del luogo di sottoscrizione ed autenticata da legale italiano, grava sulla parte avversa a quella della cui sottoscrizione si tratta, e non può ritenersi assolto nell’ipotesi in cui risulti agli atti il riferimento, attestato da idonea documentazione, ad un ingresso in Italia del mandante nello stesso periodo temporale di predisposizione dell’atto a cui la procura si riferisce» (Cass. ss. uu. 24/01/2020, n. ).
1.2. La procura allegata al ricorso, su foglio unito con timbro di congiunzione, indica in modo sufficiente che la stessa è riferita al giudizio di cassazione tra NOME COGNOME e l’INPS. In tal senso si consideri che: «in tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 365 c.p.c., è integrato, indipendentemente dal suo contenuto, dalla congiunzione (cd collocazione topografica) realizzata dall’avvocato, ex art. 83, comma 3, c.p.c., tra la procura rilasciata su foglio separato con firma autenticata e l’atto cui si riferisce, e quindi anche se
la procura non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in maniera evidente, la non riferibilità all’attività professionale tipica del giudizio di legittimità, ed il suo conferimento non sia antecedente alla pubblicazione di detto provvedimento o successivo alla notificazione del ricorso» (Cass. 27/03/2024, n. ).
1.3. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura non merita, così, accoglimento.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. con riguardo agli artt. 301, 302, 303, 305 c.p.c., 112 c.p.c., 2697 c.c. omessa valutazione di una circostanza d eterminante ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.. Il ricorso lamenta che la sentenza impugnata, nel considerare inutilmente decorso il termine di riassunzione del processo a seguito dell’interruzione dovuta alla sospensione dall’esercizio dell a professione dell’Avv. COGNOME, unico difensore di NOME COGNOME nel processo di appello, confonderebbe l’interruzione del processo con la decorrenza del termine della riassunzione. Secondo la parte ricorrente nella fattispecie si sarebbe verificato l’ evento interruttivo ma non sarebbe decorso il termine per la riassunzione perchè non sarebbe mai stato dato avviso all’Avv. COGNOME stesso dell’intervenuta interruzione e comunque alla parte personalmente come pure sarebbe stato necessario. A fondamento del ricorso si invoca la pronuncia Cass. 27/06/2019, n. 17375.
2.1. Il motivo è infondato. Va premesso che la sentenza impugnata presuppone che la sospensione dall’albo dell’Avv. COGNOME fu adottata in epoca non successiva al 10/12/2013 (tanto si desume dalla circostanza che con missiva in pari data NOME COGNOME affermava di essere a conoscenza
dell’accadimento professionale); che il provvedimento di interruzione fu adottato in data 20/01/2014 e che il ricorso in riassunzione è stato depositato in data 31/07/2018. La sentenza impugnata afferma che il processo è stato interrotto il 20/01/2014 e ch e da quella data l’interruzione operava in via automatica, senza necessità di comunicazione al difensore ovvero alla parte personalmente. Secondo la sentenza impugnata il difensore era a conoscenza della sospensione e, una volta cessata, al più tardi un anno dopo in ragione della disciplina deontologica, venuta meno la causa di interruzione, avrebbe dovuto riassumere il processo, pena la sua estinzione; di qui l’estinzione del giudizio per l’inutile decorso del termine previsto dagli artt. 303 e 305 cod. proc. civ..
2.2. Nel definire la decorrenza del termine per la riassunzione la sentenza impugnata applica, per questa via, l’orientamento espresso in modo risalente e costante dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale: nell’ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall’esercizio della professione, il termine per la riassunzione decorre, per quanto concerne la parte colpita dall’evento, dalla cessazione del periodo di sospensione, atteso che il procuratore, ben a conoscenza, sia dell’accadimento interruttivo dipendente dalla subita sanzione, sia della relativa durata, ha l’obbligo, alla scadenza di tale periodo, di provvedere alla prosecuzione del giudizio nel termine di cui all’art. 305 c.p.c.; diversa è, invece, l’esigenza di protezione della parte rappresentata propria delle ipotesi di definitiva cessazione dello “ius postulandi”, per le quali il detto termine deve decorrere dalla conoscenza legale del venir meno dell’accadimento interruttivo. (Cass. 11/11/2019, n. ). Ed ancora: nell’ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall’esercizio
della professione, una volta cessati gli effetti della sospensione, ai fini della la prosecuzione del processo, non è necessaria una nuova procura alla lite, né una nuova costituzione della parte, essendo sufficiente che il procuratore, già costituito prima della sospensione, riprenda a svolgere le proprie funzioni in base alla precedente procura ed alla già esperita costituzione; il procuratore ha l’onere di riattivarsi tempestivamente, una volta cessati gli effetti dell’evento, per assicurare la prosecuzione del processo nelle forme previste dagli artt. 301 e 305 c.p.c. (Cass. 08/08/2019, n. ; Cass. 13/04/2022, n. 11918). Ed in via più risalente: nell’ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall’esercizio della professione, per la prosecuzione del processo, una volta terminato il periodo di sospensione, non è necessaria una nuova procura alla lite, nè una nuova costituzione in giudizio, essendo sufficiente, invece, che il procuratore, già regolarmente costituito, riprenda a svolgere le proprie funzioni in base alla precedente procura ed alla già esperita costituzione, entrambe divenute nuovamente valide ed efficaci in seguito alla cessazione della sospensione; pertanto, da tale data, senza che abbia rilievo, per il procuratore, la conoscenza legale della ordinanza d’interruzione del processo, che ha natura meramente dichiarativa e, per la parte, la conoscenza legale dell’accadimento interruttivo, il procuratore stesso, che non sia stato revocato o abbia rinunciato alla procura, ha l’onere di provvedere alla prosecuzione del giudizio nel termine decadenziale, ai sensi degli artt. 301 e 305 cod. proc. civ. (Cass. 10/12/2010, n. ).
2.3. Non autorizza diverse conclusioni il precedente citato dalla difesa di parte ricorrente e cioè Cass. 27/06/2019, n. 17375 che afferma come sia onere della parte che eccepisce l’estinzione del processo per intempestività della riassunzione
provare la precedente conoscenza della interruzione e non vale a costituire alcun contrasto di orientamenti nella giurisprudenza di questa Corte.
2.4. La decisione impugnata, allora, si è conformata all’orientamento costante e indiscutibile di questa Corte e deve andare esente da censure sul punto. Merita così di essere respinto il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. con riguardo agli artt. 112, 83 e 324 cod. proc. civ. omessa valutazione di una circostanza determinante art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.. La sentenza impugnata sarebbe erronea perché non avrebbe considerato che il mandato all’Avv. COGNOME era stato revocato e che quindi non poteva applicarsi la giurisprudenza richiamata sub 2.2. circa l’onere del difensore di attivarsi per la riassunzione.
3.1. Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce omesso esame di un fatto decisivo, atteso che la sentenza impugnata non trascura affatto la circostanza della dedotta revoca, ma la valuta ed esclude che la lettera sottoscritta da NOME COGNOME potesse integrare una valida revoca, per difetto di prova certa circa la data di sottoscrizione e per difetto di prova circa l’invio e la ricezione della missiva. Si tratta di una valutazione di merito della Corte territoriale che non è censurabi le deducendo il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ..
3.2. La valutazione della revoca del mandato non è, poi, validamente censurata nemmeno ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. perché con il motivo di ricorso non si deduce una violazione delle disposizioni invocate, artt. 112, 83, e 324 cod. proc. civ. né una loro falsa applicazione, ma si
limita a sollecitare un inammissibile riesame nel merito delle emergenze istruttorie già valutate dalla Corte di Appello.
3.3. La motivazione della sentenza impugnata si sviluppa, ulteriormente, secondo passaggi che non sono attinti dal ricorso. La pronuncia afferma, infatti, che ove si fosse considerato validamente revocato il mandato all’Avv. COGNOME ciò avrebbe dimostrato la consapevolezza dell’interruzione da parte della NOME COGNOME personalmente con conseguente decorso del termine per la riassunzione e che, in ogni caso, risultava conferito nuovo mandato all’Avv. COGNOME e ad altri due difensori e che il termine per la riassunzione sarebbe decorso nuovamente anche da quel momento.
3.4. Anche il secondo motivo di ricorso va, per queste ragioni, respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 2.500,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi e accessori come per legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 26