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Interruzione prescrizione: vale la copia non firmata?

Un agente di polizia municipale ha agito contro il Comune per ottenere il pagamento del lavoro festivo. Il Comune ha eccepito la prescrizione del diritto. La controversia è giunta in Cassazione sulla validità, ai fini dell’interruzione prescrizione, di una lettera di messa in mora la cui copia prodotta in giudizio era priva di firma. La Corte di Cassazione ha stabilito che la produzione in giudizio della copia della lettera, unitamente all’avviso di ricevimento della raccomandata, crea una presunzione di corrispondenza con l’originale ricevuto, sufficiente a interrompere la prescrizione, salvo prova contraria a carico del destinatario.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interruzione prescrizione: vale la copia non firmata della diffida?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata su un tema cruciale in ambito processuale: le modalità e le prove per una valida interruzione prescrizione. La questione, di grande rilevanza pratica, riguarda la validità di una lettera di messa in mora prodotta in giudizio in copia non sottoscritta. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto il caso, offrendo un’importante lezione sulla presunzione legale e l’onere della prova.

I fatti di causa: la richiesta di un agente di polizia

La vicenda trae origine dalla richiesta di un agente della polizia municipale nei confronti del proprio Comune datore di lavoro. L’agente chiedeva il pagamento di compensi per il lavoro svolto durante i giorni festivi, come previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento. Se in primo grado il Tribunale aveva dato ragione al lavoratore, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il diritto al compenso si era estinto per prescrizione quinquennale. L’atto interruttivo decisivo, una lettera del 26 marzo 2018, era stato ritenuto inefficace perché la copia depositata in tribunale non era firmata né dal lavoratore né dal suo avvocato.

Il ricorso in Cassazione e l’interruzione prescrizione

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di diverse norme del codice civile e di procedura civile in materia di prova e interruzione della prescrizione. Il ricorrente ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare un elemento fondamentale: insieme alla copia non firmata della lettera, era stata prodotta anche la ricevuta di partenza della raccomandata e, soprattutto, l’avviso di ricevimento con il timbro del Comune e la firma del ricevente. Questo, secondo la difesa, era sufficiente a provare l’avvenuta interruzione del termine di prescrizione.

La presunzione di corrispondenza tra copia e originale

Il punto centrale del ragionamento giuridico si basa su un orientamento consolidato della stessa Corte di Cassazione. Secondo questo principio, la produzione in giudizio della copia di una lettera di costituzione in mora, unita all’avviso di ricevimento della relativa raccomandata, genera una presunzione. Si presume, cioè, che il contenuto della copia prodotta in atti corrisponda a quello della lettera originale ricevuta dalla controparte. Questa presunzione non è assoluta: la parte che ha ricevuto la lettera può superarla, ma ha l’onere di dimostrare di aver ricevuto un documento diverso o, addirittura, un plico vuoto. Nel caso di specie, il Comune non aveva fornito alcuna prova in tal senso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo di ricorso fondato, accogliendo le tesi del lavoratore. Gli Ermellini hanno ribadito che la mancanza della sottoscrizione sulla copia della lettera prodotta in giudizio non è, di per sé, una ragione sufficiente per negare l’effetto interruttivo della prescrizione. L’elemento determinante, che la Corte d’Appello ha omesso di valutare correttamente, è la presenza dell’avviso di ricevimento della raccomandata. Questo documento è la prova che una missiva è stata spedita da un mittente e ricevuta da un destinatario in una certa data. La combinazione della copia della lettera (anche se non firmata) e dell’avviso di ricevimento costituisce una prova sufficiente dell’invio di un atto con quel determinato contenuto. La Corte territoriale, pertanto, dovrà riesaminare il caso applicando questo principio, verificando se, unitamente alla copia della lettera, sia stato prodotto l’avviso di ricevimento, condizione necessaria e sufficiente per ritenere avvenuta l’interruzione.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza un principio di fondamentale importanza pratica nella gestione dei contenziosi. Stabilisce chiaramente che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, ciò che conta è la prova dell’invio e della ricezione di un atto di messa in mora. La produzione in giudizio di una copia fotostatica, anche se priva di firma, unitamente all’avviso di ricevimento della raccomandata, è sufficiente a far scattare la presunzione di corrispondenza del contenuto. Spetterà poi alla controparte, se intende contestare l’effetto interruttivo, fornire la prova contraria. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di conservare non solo le copie degli atti inviati, ma soprattutto le ricevute di ritorno delle raccomandate, che rappresentano la chiave di volta per dimostrare l’avvenuta comunicazione.

Una copia non firmata di una lettera di messa in mora può interrompere la prescrizione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, a condizione che tale copia sia prodotta in giudizio unitamente all’avviso di ricevimento della relativa raccomandata. Questa combinazione di documenti è sufficiente a creare una presunzione legale sull’avvenuta interruzione.

A chi spetta l’onere di provare che il contenuto della lettera ricevuta è diverso da quello della copia prodotta?
L’onere della prova grava sul destinatario della comunicazione. È lui che deve dimostrare di aver ricevuto una missiva con un contenuto differente da quello della copia esibita in tribunale, oppure di aver ricevuto un plico privo di contenuto.

Cosa si intende per ‘presunzione di corrispondenza’ in questo contesto?
Si intende l’inferenza logico-giuridica secondo cui, producendo in giudizio la copia di una lettera e la prova della sua ricezione (l’avviso di ricevimento), si presume che il documento originale ricevuto dal destinatario avesse lo stesso identico contenuto della copia prodotta, fino a prova contraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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