Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23055 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22633/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliat a all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
intimati –
avverso la sentenza n. 877/2023 del la Corte d’Appello di Catanzaro, depositata il 12.7.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Unicredit RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE propose, davanti al Tribunale di Cosenza e con ricorso ai sensi dell’art. 702 -bis c.p.c., azione revocatoria ordinaria per la dichiarazione di inefficacia del contratto di data 20.3.2008, trascritto il 27.3.2008, con il quale RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva alienato a RAGIONE_SOCIALE quattro appartamenti siti in Comune di Rende.
In corso di causa venne dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE sicché il curatore fallimentare subentrò alla banca nell ‘esercizio dell’azione (nel frattempo Unicredit S.p.A. aveva ceduto il credito sottostante all’azione revocatoria a DoBank S.p.A.).
Il Tribunale, in accoglimento della domanda, dichiarò l’inefficacia dell’atto di disposizione patrimoniale , rigettando -per quanto qui interessa -l’eccezione di prescrizione sollevata da RAGIONE_SOCIALE
L’impugnazione della convenuta soccombente venne respinta dalla Corte d’Appello di Catanzaro.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Le parti intimate non hanno svolto difese.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai s ensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE denuncia «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2903 c.c. nonché dell ‘ art. 115 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata tenuto conto dell’effetto interruttivo del deposito del ricorso ex art. 702 -bis c.p.c. (rito facoltativo), alla stregua di quanto avviene nell’obbligatorio rito del lavoro, in luogo della conoscenza dell’atto impugnativo
avvenuto per la parte con successiva notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza ».
La questione posta dalla ricorrente è dunque se, in caso di azione revocatoria ordinaria avviata con ricorso introduttivo del «procedimento sommario di cognizione» (art. 702 -bis c.p.c., ratione temporis vigente; attualmente la medesima questione si porrebbe con riferimento al ricorso introduttivo del «procedimento semplificato di cognizione» ex art. 281 -decies c.p.c.) , l’interruzione della prescrizione connessa all’avvio del giudizio si verifichi al momento del deposito del ricorso in cancelleria (in termini aggiornati, del deposito dell’atto telematico nel sistema del p.c.t.) ovvero soltanto nel momento in cui il ricorso, integrato dal decreto del giudice che fissa l’udienza di comparizione, viene notificato al la parte convenuta.
Nella sentenza impugnata si dà per scontato che il termine di prescrizione breve quinquennale previsto dall’art. 2903 c.c. non era ancora trascorso al momento del deposito del ricorso in tribunale, mentre era ormai spirato al momento della notificazione a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione.
2. Il ricorso è fondato.
2.1. La Corte d’Appello di Catanzaro ha attribuito efficacia interruttiva della prescrizione al deposito del ricorso in tribunale, ritenendo convincente la soluzione in tal senso adottata da Cass. n. 24891/2021.
Viceversa, la ricorrente invoca l’autorità di altro precedente (Cass. n. 22827/2019), in cui si è statuito che l’art. 2943, comma 1, c.c. -secondo cui «La prescrizione è interrotta
dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio» -deve essere applicato a prescindere dalla forma dell’atto introduttivo (atto di citazione o ricorso), quantomeno nel caso in cui tale diversa forma dipenda da una libera scelta dell’attore.
2.2. Gli argomenti spesi a sostegno del primo indirizzo si possono riassumere: a) nella ritenuta possibilità di superare per via interpretativa il dato testuale del l’esplicito riferimento alla «notificazione dell’atto» , in quanto da associare a un implicito rinvio al rito civile ordinario e, quindi, all’atto di citazione, che viene notificato al convenuto prima di presentare la domanda al giudice; b) nella conseguente interpretazione del testo come «sineddoche» di «pendenza del giudizio», la quale -nel caso di processo iniziato con ricorso -si determina già con il deposito dell’atto presso il giudice, come espressamente previsto dall’art. 39, comma 3, c.p.c., ai fini della prevenzione della litispendenza; c) nella necessità di un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, non potendosi accettare che l’interruzione della prescrizione in particolare nel caso delle azioni in cui la posizione del creditore ha natura di diritto potestativo, per le quali la prescrizione non può essere interrotta con intimazione stragiudiziale (Cass. nn. 1159/2018; 3379/2007; 20332/2007) -sia sottratta al dominio della volontà del titolare del diritto e condizionata al l’ attivazione del l’ufficio giudiziario , sulla cui tempestività il titolare del diritto non ha modo di influire.
2.3. Gli argomenti spesi, invece, in favore dell’indirizzo più rigoroso, al quale qui si intende dare continuità, sono i seguenti: a) il dato testuale dell’art. 2943, comma 1, c.c., in cui la necessità della «notificazione» è riferita indistintamente a ll’« atto con il quale si inizia un giudizio», con formula che è
applicabile in ogni tipo di rito e che si ritiene vincolante per l’interprete; b) il parallelismo tra interruzione giudiziale e stragiudiziale, che induce a qualificare l’atto interruttivo come atto unilaterale recettizio, idoneo a produrre effetti solo quando giunge a conoscenza legale del destinatario (artt. 1334 e 1335 c.c.); c) l’insussistenza di qualsiasi pericolo di illegittimità costituzionale collegato alla perdita di controllo, da parte del titolare del diritto, sui tempi dell’emissione del decreto di fissazione d’udienza, per lomeno nel caso in cui -quale è quello dell’azione revocatoria ordinaria al titolare del diritto rimane la facoltà di optare per il rito ordinario e, quindi, per l’avvio del giudizio mediante la notificazione dell’atto di citazione .
2.4. Nella scelta di aderire a quest’ultimo indirizzo l’aspetto predominante va attribuito al dato normativo testuale, in quanto esso non può essere superato semplicemente ipotizzando una imprecisione linguistica del legislatore.
Nella disposizione di legge l’accento cade sull a «notificazione» e la genericità del successivo riferimento all’« atto con il quale si inizia un giudizio» lungi dall’ essere frutto di approssimazione linguistica -esprime in modo eloquente la volontà di porre una norma suscettibile di essere applicata a prescindere dalla forma di quell’atto. E tale eloquenza non può che rappresentare un vincolo per l’interprete. Se la formula legislativa fosse «La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto di citazione », sarebbe compito dell’interprete stabilire se, nel diverso e non disciplinato caso del giudizio iniziato con ricorso, l’interruzione della prescrizione fosse da ricollegare al l’instaurazione del processo (deposito del ricorso) oppure alla notificazione alla controparte dell’atto interruttivo. Ma, con la formula utilizzata dalla legge,
tale dubbio è già risolto dal «significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» (art. 12 disp. prel. c.c.).
Nemmeno si può ipotizzare che il codice civile del 1942 sia caduto in un errore di prospettiva per il fatto che , all’epoca, era da poco entrato in vigore il nuovo codice di procedure civile, che introdusse l’atto di citazione come mezzo ordinario per avviare il processo di cognizione. In senso contrario è facile obiettare che tale errore avrebbe semmai dovuto portare all’indicazione nella disposizione di legge, quale atto interruttivo, proprio della «notificazione dell’atto di citazione », sicché il generico riferimento all’«atto con il quale si inizia un giudizio» si rivela ancor più significativo della «intenzione del legislatore» (art. 12 disp. prel. c.c.) di prescindere dalla forma dell’atto. È stato del resto osservato che anche nel testo originario codice di procedura civile non mancavano giudizi da avviare con ricorso, quali il procedimento monitorio e i procedimenti cautelari.
2.5. Una volta stabilita la inequivocità del testo normativo, all’interprete resterebbe solo la via della questione di legittimità costituzionale, che il contrario orientamento ritiene, invece, di poter porre a sostegno della proposta interpretazione adeguatrice.
Ma siffatta questione, a ben vedere, è manifestamente infondata e comunque irrilevante nel caso in esame nei ristretti termini in cui potrebbe eventualmente superare il limite della manifesta infondatezza.
Infatti, il pericolo che la posizione soggettiva si prescriva a causa dell’inerzia e dei ritardi dell’ufficio nel dare corso alla fissazione dell’udienza può essere normalmente scongiurato mediante una contemporanea messa in mora stragiudiziale. Ciò
non vale nel caso di specie, posto che per l’azione revocatoria la prescrizione è interrotta solo dalla notificazione dell’atto con cui si inizia il giudizio; tuttavia, quel pericolo può essere ugualmente scongiurato mediante la libera scelta del titolare dell’azione di avviare il giudizio seguendo il rito ordinario e, quindi, notificando l’atto di citazione . Il che si renderebbe opportuno (e sarebbe un facile ed efficace rimedio) solo nei casi in cui l’azione revocatoria venisse avviata all’approssimarsi del termine di prescrizione. È vero che, in tal modo, l’attore subirebbe un potenziale pregiudizio per non avere utilizzato un rimedio preventivo per evitare la violazione della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo sotto il profilo della ragionevole durata del processo, il che potrebbe pregiudicare -in caso di effettiva violazione -il suo diritto al risarcimento del danno. Ma ciò non basta per giustificare un dubbio sulla legittimità costituzionale della norma qui in esame, dubbio che, semmai, non riguarderebbe l’art. 2943 c.c., bensì gli artt. 1 -bis e 1 -ter della legge n. 89 del 2001.
2.6. Rimane, pertanto, quale situazione potenzialmente problematica sul piano della legittimità costituzionale, soltanto quella dell’azione volta alla tutela di un diritto potestativo e per la quale la legge preveda obbligatoriamente l’avvio del giudizio con il deposito del ricorso, perché in tal caso la necessità della collaborazione dell’ufficio giudiziario per poter porre in essere l’atto interruttivo della prescrizione non potrebbe essere aggirata né con la notificazione dell’atto stragiudiziale di messa in mora, né con la notificazione dell’atto di citazione . In tale ambito si colloca, infatti, l’intervento della Corte costituzionale che dichiarò illegittimo l’art. 112 , comma 1, d.P.R. n. 1124 del 1965 « nella parte in cui non prevede che il termine triennale di
prescrizione dell’azione per conseguire le prestazioni assicurative sia interrotto a far tempo dalla data del deposito del ricorso introduttivo della controversia, effettuato nella cancelleria dell’adito pretore, e seguito dalla notificazione del ricorso e del decreto pretorile di fissazione dell’udienza di discussione » (Corte cost. n. 129/1986).
2.7. La Corte territoriale ha dunque errato attribuendo efficacia interruttiva della prescrizione al mero deposito del ricorso, mentre avrebbe dovuto fare riferimento -per decidere sull’eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE alla data della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio .
2.8. Una volta ristabilita la rilevanza della «notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio» , diventa una questione interpretativa se si applichi anc he ai fini dell’interruzione della prescrizione la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, affermata dalla Corte costituzionale con riguardo agli atti processuali e non agli atti negoziali (Corte cost. n. 477/2002, che dichiarò la parziale incostituzionalità « del combinato disposto dell ‘ art. 149 del codice di procedura civile e dell ‘ art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 »).
E tale questione è già stata risolta dalle Sezioni unite di questa Corte, stabilendo che la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario si estende anche agli effetti sostanziali degli atti processuali « quando il diritto non si può far valere se non con un atto processuale » (Cass. S.u. n. 24822/2015; conf., recentemente, Cass. n. 4193/2025).
È questo un profilo sul quale, per la rilevanza attribuita al mero deposito del ricorso, non si è soffermata in alcun modo la Corte d’Appello di Catanzaro e che dovrà pertanto essere oggetto di indagine nel giudizio di rinvio.
In definitiva, accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata , il processo deve essere rinviato alla Corte d’Appello di Catanzaro, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità, attenendosi al seguente principio di diritto: «In virtù del chiaro e ineludibile testo dell’art. 2943, comma 1, c.c., ‘La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale inizia un giudizio’ ; pertanto anche nel caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702 -bis c.p.c. (oggi abrogato e sostituito dall’art. 281 -decies c.p.c.), il termine di prescrizione non è interrotto dal solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito, essendo a tal fine necessaria la successiva notificazione del ricorso integrato dal decreto del giudice che fissa l’udienza per la comparizione delle parti , ferma la rilevanza della scissione per il notificato e il notificante operante nella notificazione degli atti processuali» .
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per decidere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del