Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8514 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8514 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25516/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA CIRCINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 208/2019 depositata il 09/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni della Procura Generale, in persona del Dottor NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il secondo motivo di ricorso, dichiararsi assorbiti il primo e il terzo, rigettarsi il quarto.
FATTI DELLA CAUSA
1.NOME COGNOME ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Roma ha dichiarato prescritto il credito vantato da esso ricorrente nei confronti di NOME COGNOME per corrispettivo di ‘lavori eseguiti a tutto il 1998’, sul duplice rilievo per cui la citazione originaria era stata notificata nel 2009 e quindi oltre il termine decennale di prescrizione, e per cui il ‘consuntivo di spesa e situazione contabile generale’, datato 28.1.2008 e ricevuto dal Pati il 9.5.2008, non era da considerarsi atto idoneo a interrompere la prescrizione ‘in quanto non contenente alcuna inequivocabile manifestazione di volontà dell’attore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto di credito in relazione ai lavori svolti a tutto il 1998 ma solo una elencazione di opere asseritamente eseguite senza alcuna intimazione o richiesta di adempimento’.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
La causa perviene alla pubblica udienza a seguito di ordinanza emessa in esito alla camera di consiglio del 22 ottobre 2024, con n.28833.
4.La Procura Generale, in persona del Dottor NOME COGNOME ha chiesto accogliersi il secondo motivo di ricorso, dichiararsi assorbiti il primo e il terzo, rigettarsi il quarto.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONI
1.Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., 2934, 2935, 2943, 2947 e 1219 c.c., per avere la Corte di Appello errato nell’interpretare il ‘consuntivo di spesa e situazione contabile generale’ come atto ‘non contenente alcuna inequivocabile manifestazione di volontà dell’attore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto di credito’, dato che tale manifestazione di volontà era invece da rinvenirsi nella ultime due righe del consuntivo ove era scritto: ‘Modalità di pagamento da convenirsi di comune accordo entro e non oltre il termine di 10 giorni dal ricevimento di questo documento’.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione allart.360, primo comma, n.4, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 183, comma 4, e 359 c.p.c., 24 e 111 Cost. Deduce in sostanza il ricorrente che il Pati aveva posto a fondamento della eccezione di prescrizione il fatto che per dieci anni, a decorrere dal marzo 1998, non erano intervenuti atti interruttivi mentre la Corte di Appello, di sua iniziativa, senza chiedere alcun chiarimento e senza alcuna preventiva interlocuzione con le parti, ha deciso in base alla ritenuta ‘incapacità del consuntivo (…) ad interrompere il termine prescrizionale’.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione allart.360, primo comma, n.4, c.p.c., nullità del procedimento ai sensi dell’ art. 115 c.p.c. per avere la Corte di Appello trascurato di tener conto di un documento, agli atti fino dal primo grado, in data 28.7.2008, inviato dall’allora legale del ricorrente – avvocato NOME COGNOME agli allora legali del COGNOME, in cui si davano risposte a numerose contestazioni sollevate sui costi, sulla entità e sulla correttezza esecutiva dei lavori e si dichiarava che ‘in mancanza di un bonario componimento e di un cortese riscontro entro 7 giorni dalla presente sarò costretta a procedere giudizialmente’.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione allart.360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 2934, 2935, 2943, 2946 e 1362 e 1363 c.c. La Corte di Appello ha evidenziato che, nell’originario atto di citazione, era stato chiesto un determinato importo a titolo di ‘saldo per lavori eseguiti <> e per <>’. Ha ritenuto prescritto il diritto al compenso per i lavori. Quanto al compenso per le ‘attività’, ha confermato la sentenza di primo grado, evidenziando che trattavasi di attività imprecisate e di cui non era stata data prova. Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello, laddove ha fatto decorrere il dies a quo della rilevata prescrizione dal 1998, ha erroneamente assunto che le attività compiute negli anni successivi fossero distinte dai lavori compiuti fino al 1998 laddove, invece, si trattava di attività ‘in continuazione’ con quei lavori; con la conseguenza che il dies a quo avrebbe dovuto essere spostato dal 1998 al 2006. L’errore emergerebbe dalla corretta lettura del ‘consuntivo di spesa e situazione contabile generale’, datato 28.1.2008. Il consuntivo viene riprodotto nelle pagine da 25 a 43 del ricorso. Il ricorrente deduce ancora che nel consuntivo sono menzionati anche lavori eseguiti nel 1999 e che la Corte di Appello, malgrado la domanda originaria fosse riferita al compenso dei lavori ‘fino al 1998’ e al compenso delle attività svolte negli anni 2000 e 2006, avrebbe dovuto tener conto dei lavori eseguiti nel 1999 ‘per verificare il tempo di ultimazione della lavorazione unica’.
5.Il secondo motivo di ricorso, da esaminare prima del primo motivo, è infondato.
L’attuale controricorrente aveva, fino dall’inizio del processo, sostenuto che il consuntivo del 9 maggio 2008 era inidoneo a interrompere la prescrizione. L’eccezione era centrata sulla tardività della comunicazione del consuntivo stesso rispetto alla scadenza del termine. La Corte di Appello ha deciso in relazione ad
una interpretazione del consuntivo come atto non avente valenza interruttiva. La Corte di Appello non ha deciso su una questione di fatto o mista di fatto e di diritto individuata d’ufficio – questione che sarebbe stato necessario fare entrare nel dibattito processuale (Cass. 21314/2023) per non privare le parti del potere di allegazione e di prova – ma ha deciso sulla idoneità giuridica dell’atto in questione ad interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c.
Tale giudizio: a ) è parte integrante e necessaria dell’unica e inscindibile questione di prescrizione già dedotta, che può mettere capo ad una pronuncia reiettiva non solo ove non sia decorso il termine di legge, ma anche in presenza di idonei atti interruttivi; b ) questi ultimi, a loro volta, come possono essere rilevati d’ufficio sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (cfr. S.U. n. 15661/05 e successive conformi), così, a contrario , possono altrettanto d’ufficio essere ritenuti inidonei ad interrompere la prescrizione per ragioni diverse da quelle esposte negli atti difensivi della parte eccipiente (cfr. proprio in materia di prescrizione la sentenza n. 1149/20); e, da ultimo ma non per ultimo, c ) il giudice, nella specie, non ha rilevato d’ufficio nessun fatto che non fosse stato appositamente allegato al riguardo, atteso che la prescrizione e la sua interruzione sono state rispettivamente discusse dalle parti proprio ed esclusivamente in relazione a quella medesima lettera del 9 maggio 2008, contenente il consuntivo dei lavori svolti.
6. Il primo motivo è infondato.
Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe violato le norme sull’interpretazione dei contratti dato che la clausola finale del consuntivo, concernente le modalità di pagamento del prezzo, esprimeva la volontà di esso ricorrente di ottenere il pagamento.
Il ricorrente non esplicita concretamente in cosa sarebbe consistito l’errore della Corte di Appello nel non valorizzare una clausola in cui
si rinvia a data da individuarsi la determinazione della modalità di pagamento del credito, così evidenziandosi che il credito era, al momento, inesigibile.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Al di là del fatto che ‘per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio’ (Cass. Sez. U – , Sentenza n.20867 del 30/09/2020) e che nel caso di specie il ricorrente non ha avanzato tale denuncia avendo invece denunciato l’omesso esame del menzionato documento in data 28.7.2008, anche inquadrato il motivo di ricorso nel n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., resta che il ricorrente avrebbe dovuto indicare e non ha indicato quando il contenuto della dichiarazione asseritamente trascurata dalla Corte di Appello era stata oggetto di discussione processuale tra le parti, né ha chiarito la “decisività” di tale dichiarazione, fermo ulteriormente restando che l’omesso esame di uno o più elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo (v., al riguardo, Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014);
8. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto esso, al di là della formale denuncia di violazione o falsa applicazione di norme del codice civile, si riduce alla prospettazione di un apprezzamento in fatto sulla esistenza di una ‘continuità’ tra lavori ‘fino al 1998’ e le prestazioni degli anni successivi, contrapposto all’accertamento espresso dai giudici di merito in relazione alla domanda originaria del ricorrente di un determinato importo a titolo sia di ‘saldo per lavori eseguiti <> sia di corrispettivo per <>’, per cui le opere eseguite fino al 1998 sono distinte dalle opere o attività eseguite
successivamente. L’esame del motivo stravolgerebbe il ruolo della Corte di cassazione da legittimità a terza istanza di merito.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
10.Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in €4300,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.