Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16295 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16295 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: danno da tardiva attuazione di direttiva comunitaria – specializzazione in medicina
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 20378/22 proposto da:
-) COGNOME NOME COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Università, in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e del ministro pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
contro
ricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 4 febbraio 2022 n. 771; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2014 l’ odierno ricorrente convenne dinanzi al Tribunale di Roma il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si era iscritto ad una scuola di specializzazione, frequentata dal 1991 al 1994;
-) durante il periodo di specializzazione non aveva percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la legge 8.8.1991 n. 257. Concluse pertanto chiedendo la condanna dell ‘A mministrazione convenuta al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
Il Ministero si costituì eccependo il proprio difetto di legittimazione. Intervenne nel giudizio iussu iudicis la Presidenza del Consiglio dei ministri, che eccepì la prescrizione del diritto invocando il termine di prescrizione quinquennale.
3. Con sentenza 7.6.2016 n. 13776 il Tribunale dichiarò prescritto il diritto. La sentenza fu appellata dal soccombente. Con sentenza 4.2.2022 n. 771 la Corte d’appello di Roma rigettò il gravame , ritenendo che:
-) NOME COGNOME non aveva provato di avere interrotto la prescrizione;
-) la ‘intimazione’ (così definita dalla Corte territoriale) rivolta per iscritto da NOME COGNOME al M inistero dell’Università e della ricerca non valse ad interrompere la prescrizione, in quanto indirizzata a soggetto diverso dal debitore, cioè la presidenza del Consiglio dei Ministri.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi.
Le amministrazioni indicate in epigrafe hanno resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo di ricorso è denunciata la falsa applicazione dell’ della l. 260/58; degli artt. 100 e 101 c.p.c.; degli artt. 2943 e 2945 c.c..
Nell’illustrazione del motivo giuridica:
art. 4 , in estrema sintesi, si prospetta la seguente tesi
-) la Presidenza del consiglio dei ministri ed il Ministero dell’università non sono due distinti soggetti di diritto, ma due articolazioni del medesimo soggetto, cioè lo Stato;
-) la prima conseguenza di tale principio è che il Ministero era passivamente legittimato rispetto alla domanda attorea;
-) la seconda conseguenza del suddetto principio è che la lettera interruttiva della prescrizione inviata da NOME COGNOME al Ministero dell’università, in quanto inviata al debitore, interruppe la prescrizione.
1.1. Il motivo è fondato in parte.
L’attore ha formulato una domanda di risarcimento del danno causato da una condotta inadempiente dello Stato rispetto ad obblighi comunitari, e rispetto a tale domanda è legittimata ‘ in via esclusiva’ la sola Presidenza del consiglio (Cass. Sez. 3, 15/04/2024, n. 10074).
Né l’art. 4 della legge 25 marzo 1958, n. 260 può ritenersi una norma che parifichi le amministrazioni statali a qualunque effetto. Quella norma ha il solo e limitato scopo di consentire la rimessione in termini ai fini della vocatio in ius dell’autorità amministrativa effettivamente competente in relazione alla domanda proposta (Cass. Sez. 6, 18/06/2013, n. 15195; Cass. Sez. U., 27/11/2018, n. 30649).
1.2. La censura è tuttavia fondata nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 2943 c.c..
Questa Corte, in fattispecie identica, ha già stabilito che l’atto interruttivo della prescrizione del credito risarcitorio per violazione della Direttiva 82/76, se indirizzato ad uno dei Ministeri competenti in materia di organizzazione universitaria e finanziamento delle attività istituzionali statali, che costituiscono articolazioni del Governo, è idoneo a interrompere la
prescrizione nei confronti della Presidenza del Consiglio, poiché quell’atto in tal caso non viene rivolto ad una qualsiasi amministrazione estranea al rapporto controverso, e conserva la funzione di messa in mora ed induzione del debitore all’adempimento (Cass. Sez. 3, 11/10/2016, n. 20414; Sez. 3, Ordinanza n. 20100 del 25/07/2019).
2. Il secondo motivo resta assorbito.
Solo al fine di prevenire ulteriore contenzioso reputa opportuno il Collegio ricordare che lo stabilire quale sia il termine di prescrizione applicabile è questione di diritto che il giudice risolve a prescindere dalle deduzioni delle parti.
Il contrario orientamento invocato dal ricorrente è stato superato (da vent’anni) dopo l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno stabilito che il riferimento di chi invoca la prescrizione ad un termine quinquennale o decennale ‘ non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma di previsione di un termine diverso ‘ (Cass. Sez. U., 25/07/2002, n. 10955).
Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
Per questi motivi
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 1° aprile 2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)