Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10048 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10048 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8659-2021 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso gli uffici della DELEGAZIONE DELLA REGIONE CALABRIA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente – avverso la sentenza n. 1079/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/01/2021 R.G.N. 525/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
Oggetto
MANSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 8659/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 20/02/2025
CC
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che, con sentenza del 14 gennaio 2021, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Catanzaro e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Regione Calabria, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, ‘già contrattista ex l. R. n. 4/1977’ poi passata dipendente di ruolo della Regione Calabria con qualifica di ‘collaboratore’, a conseguire, in virtù del titolo di studio posseduto e delle mansioni svolte ascrivibili alla qualifica dirigenziale, il superiore inquadramento nella corrispondente fascia funzionale, domanda avanzata all’Amministrazione sin dal 6.8.1987 e proposta innanzi al giudice amministrativo, una prima volta ottenendo la declaratoria di illegittimità del silenzio rifiuto, cui faceva seguito l’attribuzione dell’inquadramento come ‘funzionario’ con decorrenza giuridica dal 6.9.1985 ed economica dalla data del provvedimento, 31.1.2000, successivamente revocato ed una seconda volta vedendosi pronunziare dal TAR con sentenza n. 116/2005 la declinatoria della propria giurisdizione in favore del giudice ordinario, sentenza poi impugnata innanzi al Consiglio di Stato con ricorso in appello dichiarato improcedibile per la rinuncia al giudizio dalla Nicolace espressa all’udienza di trattazione;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, non diversamente dal primo giudice, che, non potendo essere computato ai fini della sospensione del termine di prescrizione il giudizio amministrativo conclusosi con la rinuncia agli atti da parte della Nicolace e non risultando agli atti alcun altro atto interruttivo della prescrizione, il diritto di azione doveva ritenersi prescritto essendo decorso alla data di deposito del ricorso, 23.6.2015 oltre un decennio dalla sentenza del TAR n. 116/2015;
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che per la cassazione di tale decisione ricorre la Nicolace, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Regione Calabria;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e ss. c.c. e 306 c.p.c., lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale, assumendo che la rinuncia agli atti del giudizio attiene al solo procedimento, fermo resta ndo, ai sensi dell’art. 2945 c.c., l’effetto interruttivo della prescrizione, pur a fronte dell’estinzione del giudizio;
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la ricorrente imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione di documentazione, in particolare delle istanze di fissazione e di prelievo della causa innanzi al giudice amministrativo l’ultima delle quali datata 9.2.2013 da riguardarsi quali atti interruttivi della prescrizione, che, per quanto non espressamente indicati in atti né depositati nel fascicolo di causa, erroneamente non avrebbe acquisito;
che, con il terzo motivo, rubricato, con riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la ricorrente imputa alla Corte territoriale l’omessa pronunzia in ordine al motivo d’appello inteso a censurare il mancato pronunciamento del primo giudice in ordine al merito della domanda ovvero alla sussistenza o meno del diritto al superiore inquadrmento nella qualifica dirigenziale;
che nel quarto motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato in relazione all’omessa pronunzia da parte della Corte territoriale in ordine al motivo di impugnazione del regolamento delle spese di lite disposto dal
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primo giudice ed alla statuizione resa sul medesimo punto dalla stessa Corte territoriale;
che il primo motivo si rivela infondato alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass, n. 9712/1998), secondo cui ‘La disposizione dettata dal secondo comma dell’art. 2945 cod. civ., inteso a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione del diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione quando lo stesso creditore, dopo avere proposto in giudizio una determinata domanda, la abbandoni, così impedendo che intervenga, sulla domanda stessa, la sentenza definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge, senza che possa rilevare che il giudizio prosegua e giunga a definizione relativamente ad altre e diverse pretese avanzate contestualmente a quella abbandonata. ‘;
che, di contro, inammissibile risulta il secondo motivo per essere stato erroneamente denunciato il vizio di omesso esame della documentazione attestante il determinarsi dell’effetto interruttivo della prescrizione, imputandosi piuttosto alla Corte territo riale l’ error in procedendo dato dal rigetto dell’istanza di acquisizione agli atti della predetta documentazione, errore del resto non ravvisabile dal momento che quella documentazione mai è stata indicata nell’atto d’appello, non è stata tempestivamente depositata in atti, così da legittimare la valutazione della Corte territoriale circa il carattere esplorativo dell’istanza di acquisizione;
che parimenti inammissibile si appalesa il terzo motivo, non cogliendo la ricorrente la ratio decidendi dell’impugnata sentenza che, incentrata sulla ritenuta prescrizione dell’azione, rendeva superfluo l’esame del merito della domanda;
che ancora inammissibile deve ritenersi il quarto motivo risultando la statuizione in ordine alle spese di lite, disposta sulla
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base del principio della soccombenza e rispettosa delle regole tariffarie, rimessa alla discrezionalità del giudice e pertanto insindacabile;
che il ricorso va dunque rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di cassazione il 20 febbraio 2025.
La Presidente
(NOME COGNOME