Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16010 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1879/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
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ricorrente –
contro
COGNOME, -CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv ocato COGNOME che la rappresenta e difende
–
contro
ricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1174/2022 pubblicata il 11/07/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 1174/2022 pubblicata l’11/07/2022, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con RAGIONE_SOCIALE ed ha confermato la sentenza impugnata.
La controversia ha per oggetto il pagamento della somma di euro 316.388,72 a titolo di contributi e sanzioni per il periodo dal 1998 al 2013, pretesa da RAGIONE_SOCIALE in via monitoria.
Il Tribunale di Foggia riteneva la infondatezza della eccezione di prescrizione sollevata dal COGNOME per il compimento degli atti interruttivi dedotti in giudizio da COGNOME e rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Per la cassazione della sentenza ricorre COGNOME con ricorso affidato a tre motivi. COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 2943 cod. civ. e seguenti in materia di interruzione della prescrizione, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ .
Con il secondo motivo lamenta l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.653 cod. proc. civ., con rifer i mento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Con il primo motivo il ricorrente deduce che le missive trasmesse da RAGIONE_SOCIALE non sono idonee a provocare l’effetto interruttivo dei crediti previdenziali, perché in esse viene fatta espressa menzione dell’importo relativo solo con riferimento ad alcuni crediti previdenziali riferiti a precise annualità. Sostiene in particolare che nelle missive non vengono indicati chiaramente gli importi di crediti eventualmente scaduti nelle precedenti annualità.
Sul punto la corte territoriale ha ritenuto provata l’interruzione della prescrizione dedotta da RAGIONE_SOCIALE, proprio per mezzo delle «missive di messa in mora inviate da RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente in data 26.07.2004, 09.08.2004, 14.12.2006, 15.02.2011 e 30.10.2013, recando ciascuna l’indicazione della sussistenza di irregolarità contributive a carico dell’iscritto e la esplicita manifestazione della volontà dell’Ente di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto al pagamento del credito maturato, oltre che delle relative sanzioni, entro la data ivi specificata (…) essendo ciascuna corredata di un estratto conto previdenziale aggiornato, contenente la analitica suddivisione delle somme maturate a debito anno per anno, con indicazione delle rispettive sanzioni e accessori».
Poiché il ricorrente contesta l’efficacia interruttiva proprio con riferimento al contenuto delle missive di messa in mora, deve ritenersi che i documenti già prodotti da RAGIONE_SOCIALE costituissero il fondamento del motivo di ricorso. In violazione dell’ar t.366 comma primo n.6 cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n.149/2022), il ricorrente si è limitato ad indicare tali documenti (senza peraltro localizzarli), ma non ne ha trascritto la parte necessaria e sufficiente per esaminare la fondatezza della sua censura. Il motivo di ricorso, così come prospettato, si risolve nella censura della valutazione della prova documentale compiuta dalla corte territoriale, soggetta al suo prudente apprezzamento ex art.115 cod. proc. civ. Il motivo è dunque inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce che la corte territoriale non ha esaminato il motivo di appello afferente il disconoscimento della sottoscrizione apposta in calce all’avviso di ricevimento della nota RAGIONE_SOCIALE del 15/11/2013.
La corte territoriale ha ritenuto superfluo esaminare la censura sollevata da COGNOME perché «pur tralasciando tale ultima missiva e considerando quale ultimo documento interruttivo della prescrizione la nota del 15.02.2011, ricevuta dal professionista il successivo 24.02.2011, il decreto ingiuntivo opposto conserva piena validità ed efficacia in quanto emesso dal Tribunale di Foggia in data 06.11.2015 e notificato all’odierno appellante il 24.12.2015, dunque in epoca antecedente allo spirare del termine prescrizionale quinquennale dettato dall’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995 per le obbligazioni contributive previdenziali, a cui soggiacciono anche le sanzioni aggiuntive di cui all’intimazione di pagamento impugnata».
Il motivo è dunque infondato perché, in disparte dalla considerazione che esso ha per oggetto una valutazione e non un fatto della natura, la corte territoriale si è pronunciata sul motivo di appello, ritenendolo privo di decisività ed ininfluente al fine della decisione.
Con il terzo il ricorrente deduce che la corte territoriale, dopo aver ritenuto l’applicabilità della prescrizione quinquennale tanto ai crediti per i contributi quanto ai crediti per le sanzioni, ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, mentre avrebbe dovuto revocarlo per intervenuta prescrizione delle sanzioni accessorie.
Il motivo di ricorso non si confronta con la ratio decidendi, perché la corte territoriale, dopo aver ritenuto l’applicabilità della prescrizione quinquennale anche ai crediti per le sanzioni aggiuntive «poiché funzionalmente connesse, in ragione della loro legislativamente prevista automaticità, al mancato o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali», ha ritenuto che il
termine di prescrizione quinquennale fosse «validamente interrotto per tutti i contributi e sanzioni».
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorre nte, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.