Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17865 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17865 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 2507/2023 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
ASL Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Napoli n. 1761/2022, pubblicata il 20 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 10 dicembre 2015 proposto innanzi al Tribunale di Napoli NOME COGNOME ha esposto di:
essere stato dirigente medico di I livello dell’ASL Napoli 3 Sud presso il Presidio Ospedaliero ‘INDIRIZZO‘ di Torre del Greco, traferito dal 1° aprile 2010 all’ASL Napoli 1 Centro;
svolgere attività libero professionale presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria in regime di convenzione;
avere diritto al pagamento della relativa tariffa oraria senza applicazione dell’IRAP, trattandosi di attività libero professionale, diversamente da quanto fatto dall’ASL Napoli 3 Sud dal gennaio 2005 al dicembre 2009.
Tanto premesso, ha chiesto la condanna di controparte a pagare in suo favore l’importo indicato.
Il Tribunale di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1735/2017, ha accolto il ricorso limitatamente al periodo non coperto da prescrizione quinquennale (maggio – dicembre 2009), ritenendo che il primo valido atto interruttivo fosse la r accomandata ricevuta dall’Azienda il 5 maggio 2014.
NOME COGNOME ha proposto appello.
La Corte d’appello di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1761/2022, ha rigettato l’appello.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. L’ASL Napoli 3 Sud si è difesa con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 161, comma 1, c.p.c. e l’omessa pronuncia, in quanto i giudici del merito avrebbero configurato non correttamente l’oggetto della domanda, che avrebbe avuto a oggetto il pagamento di differenze retributive maturate e non erogate.
Ne sarebbe derivato che la pronuncia della corte territoriale sarebbe stata omessa.
Con il secondo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, comma 1, 2934 e 2943, comma 4, c.c., atteso che la Corte
d’appello di Napoli avrebbe errato nel considerare l’atto del 1° luglio 2010 non idoneo a interrompere la prescrizione sul presupposto che avesse riguardato, genericamente, la richiesta di pagamento di differenze retributive.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della motivazione illogica, della violazione dell’art. 111, comma 4, Cost. e dell’omesso esame di un fatto decisivo perché il giudice del merito avrebbe esaminato gli atti interruttivi della prescrizione del 1° luglio 2010 e del 28 aprile 2014 senza tenere conto del loro effettivo contenuto.
Precisa di non avere mai chiesto la restituzione di somme trattenute a titolo di IRAP, ma il corretto pagamento di compensi spettanti ed erogati in misura ridotta.
Le censure, che possono essere trattate insieme, stante la loro stretta connessione, sono inammissibili.
Innanzitutto, non è configurabile un’omessa pronuncia sul tema della prescrizione, in quanto il giudice di appello ha compiutamente esaminato il relativo motivo di appello, che è oggetto, in pratica, di quasi tutta la motivazione della sentenza.
Neppure può ipotizzarsi una non corretta interpretazione dell’oggetto della domanda, siccome la Corte di appello di Napoli ha dimostrato di avere ben chiaro che questa concerneva il pagamento di importi indebitamente trattenuti dal datore di lavoro a titolo di IRAP.
Allo stesso modo, non è prospettabile un omesso esame di un fatto decisivo, atteso che viene in rilievo una c.d. doppia conforme.
Quanto alla questione interpretativa in quanto tale, la S.C. ha già chiarito che, al fine di produrre effetti interruttivi della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scri tta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l’effetto sostanziale di costituire in mora il soggetto indicato (elemento oggettivo). La valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti – il secondo dei quali, pur richiedendo la forma scritta, non postula l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti – è
rimesso all’accertamento di fatto del giudice di merito ed è, pertanto, del tutto sottratto al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 2, n. 15140 del 31 maggio 2021).
Nella specie, vi è stato tale accertamento che, quindi, non è in questa sede criticabile.
Peraltro, si evidenzia che, se è possibile contestare in sede di legittimità l’interpretazione di uno o più documenti da parte del giudice del merito, ciò deve avvenire senza limitarsi a prospettare una mera interpretazione alternativa, fra quelle possibili, come, invece, nella presente controversia, è avvenuto (Cass., Sez. L, n. 18214 del 3 luglio 2024).
Infatti, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Nel prospettare la censura, il ricorrente per cassazione deve, però, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione che assume essere state violate, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni, in mancanza ridondando la richiesta in una inammissibile istanza di rivalutazione del contenuto del documento.
Alla luce di quanto innanzi, osserva il Collegio, quella che è richiesta dal ricorrente è solo una mera ed inammissibile rivalutazione delle prove documentali versate in atti e, nello specifico, degli atti qualificati, nella sentenza di appello, come non idonei a interrompere la prescrizione.
In aggiunta a ciò, si sottolinea che il ricorrente si è limitato, nella sostanza, a prospettare l’ equivalenza fra la richiesta di pagamento di differenze retributive (contenuta nell’atto interruttivo del 1° luglio 2010) e quella concernente il versamento delle somme indebitamente trattenute a titolo di IRAP, senza contestare in maniera sufficientemente specifica le considerazioni della corte territoriale in ordine alla comparazione con la successiva (del 28 aprile/5 maggio 2014) ‘richiesta stragiudiziale di restituzione delle somme trattenute a titolo di IRAP non dovuta’ e alla dedotta ‘difficoltà di accertamento delle illegittime trattenute’.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in € 4.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 21