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Interruzione del processo per fallimento: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 322/2024, ha chiarito un punto cruciale sull’interruzione del processo a causa del fallimento di una delle parti. La Corte ha stabilito che, sebbene l’interruzione sia automatica, il termine perentorio di tre mesi per riassumere il giudizio decorre non dalla mera conoscenza del fallimento, ma dal momento in cui la dichiarazione giudiziale di interruzione viene portata a conoscenza di tutte le parti, inclusa la curatela fallimentare. Nel caso di specie, una Corte d’appello aveva erroneamente dichiarato estinto il processo, ritenendo che la curatela avesse riassunto la causa tardivamente. La Cassazione ha annullato tale decisione, specificando che, in assenza di una formale dichiarazione di interruzione comunicata alle parti, il termine per la riassunzione non era neppure iniziato a decorrere.

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Interruzione del processo per fallimento: da quando decorre il termine per la riassunzione?

L’interruzione del processo è un istituto fondamentale del diritto processuale civile, che congela temporaneamente un giudizio al verificarsi di eventi specifici, come il fallimento di una delle parti. Ma una volta interrotto, qual è il momento esatto da cui scatta il termine per riattivarlo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 322 del 5 gennaio 2024, fornisce un chiarimento decisivo, ancorando la decorrenza del termine per la riassunzione a un momento oggettivo e certo: la dichiarazione giudiziale dell’interruzione.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata aveva impugnato una sentenza di primo grado dinanzi alla Corte d’Appello. Durante lo svolgimento del giudizio di secondo grado, la società veniva dichiarata fallita dal Tribunale competente. Questo evento, ai sensi dell’art. 43 della Legge Fallimentare, comporta l’automatica interruzione del processo.

Successivamente, la Curatela del fallimento, ottenuta l’autorizzazione dal giudice delegato, si costituiva in giudizio per proseguire la causa. Tuttavia, le controparti eccepivano la tardività della riassunzione, sostenendo che fosse decorso il termine perentorio di tre mesi previsto dall’art. 305 del codice di procedura civile.

La Decisione della Corte d’Appello e l’erronea estinzione del processo

La Corte d’Appello accoglieva l’eccezione delle controparti e dichiarava l’estinzione del giudizio. Il ragionamento dei giudici di merito si basava sul presupposto che il termine per la riassunzione dovesse decorrere dal momento in cui la Curatela aveva avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, conoscenza che si riteneva acquisita quantomeno al momento della richiesta di autorizzazione a proseguire il giudizio. Poiché la costituzione in giudizio era avvenuta oltre tre mesi da tale data, il processo veniva dichiarato estinto.

L’intervento della Cassazione e il principio sull’interruzione del processo

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di secondo grado, accogliendo il ricorso della Curatela. I giudici di legittimità hanno richiamato un principio fondamentale già sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12154 del 2021. Secondo tale principio, sebbene l’interruzione del processo sia automatica in caso di fallimento, il termine per la riassunzione o la prosecuzione non decorre dalla mera conoscenza dell’evento.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che il dies a quo, ovvero il giorno da cui il termine inizia a decorrere, coincide con il momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione viene portata a conoscenza di ciascuna parte. Questa dichiarazione, se non pronunciata in udienza in presenza delle parti, deve essere notificata o comunicata dall’ufficio giudiziario.

Questo principio, sottolinea la Cassazione, ha una portata generale e si applica a tutte le parti del processo: sia a quelle non colpite dall’evento interruttivo, che devono essere formalmente informate del fallimento della controparte, sia alla stessa Curatela fallimentare. Quest’ultima, pur essendo a conoscenza del fallimento, ha la necessità di sapere con certezza quali specifici giudizi siano pendenti per poterli proseguire.

Nel caso concreto, non vi era stata alcuna dichiarazione di interruzione pronunciata in udienza né alcuna comunicazione formale alla Curatela o alle altre parti. Di conseguenza, al momento della costituzione della Curatela, il termine per la riassunzione non solo non era scaduto, ma non era neppure iniziato a decorrere. La Corte ha altresì respinto le argomentazioni della controparte che legavano tale principio all’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa, chiarendo che la decisione delle Sezioni Unite costituisce un’interpretazione della normativa previgente, volta a colmare una lacuna e a garantire certezza giuridica.

Le conclusioni

La sentenza in commento consolida un principio di diritto di fondamentale importanza pratica. Ancorare la decorrenza del termine per la riassunzione a un atto formale e oggettivo come la dichiarazione giudiziale di interruzione e la sua comunicazione, elimina l’incertezza legata alla ricostruzione della ‘conoscenza legale’ dell’evento. Questa soluzione garantisce la parità delle armi tra le parti e la certezza del diritto, evitando che processi possano essere dichiarati estinti sulla base di presupposti incerti e soggettivi. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché proceda all’esame del merito della controversia.

Da quale momento decorre il termine per riassumere un processo interrotto a causa del fallimento di una parte?
Il termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 cod. proc. civ., decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione è portata a conoscenza di ciascuna parte, tramite pronuncia in udienza o mediante notifica o comunicazione da parte della cancelleria.

La sola conoscenza del fallimento da parte della Curatela fa scattare il termine per la riassunzione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera conoscenza dell’evento interruttivo (il fallimento) non è sufficiente. È necessario un atto formale del giudice che dichiari l’interruzione e che tale atto sia comunicato alle parti per far decorrere il termine.

Il principio stabilito dalla Cassazione si applica a tutte le parti del processo?
Sì. Il principio ha portata generale e si applica sia nei confronti delle parti non colpite dall’evento interruttivo, sia nei confronti della parte fallita e della sua Curatela. Questo garantisce una soluzione uniforme e certezza per tutti i soggetti coinvolti nel giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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