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Interruzione del processo: la PEC è notifica formale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16141/2024, ha stabilito che la comunicazione via PEC della morte di una parte, inviata dal suo avvocato alle controparti, equivale a una notifica formale e fa scattare immediatamente l’interruzione del processo. Di conseguenza, il termine per la riassunzione decorre da tale data, e un deposito tardivo dell’atto di riassunzione comporta l’estinzione del giudizio. La Corte ha chiarito che l’assenza del certificato di morte o l’intenzione di formalizzare la dichiarazione in udienza non inficiano l’efficacia della comunicazione.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interruzione del processo: la PEC vale come notifica formale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nella gestione delle comunicazioni processuali: la notifica di un evento interruttivo, come la morte di una parte, inviata tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) ha pieno valore legale e fa decorrere immediatamente i termini per la riassunzione. Approfondiamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche per avvocati e parti in causa.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una causa per risarcimento danni intentata contro gli amministratori di una società. Durante la fase di appello, la parte attrice decedeva. Il suo avvocato informava le controparti dell’accaduto tramite una comunicazione PEC inviata il 5 settembre 2018. In tale comunicazione, l’avvocato precisava che la dichiarazione formale, con deposito del certificato di morte, sarebbe avvenuta alla successiva udienza fissata per il 14 novembre 2018.

Il successore della parte deceduta depositava il ricorso per la riassunzione del processo solo l’8 gennaio 2019. La Corte d’Appello dichiarava estinto il giudizio, ritenendo che il termine trimestrale per la riassunzione fosse iniziato a decorrere dalla data della comunicazione PEC (5 settembre 2018) e fosse quindi scaduto il 5 dicembre 2018. Contro questa decisione, il successore ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che la comunicazione dell’evento interruttivo effettuata via PEC dal difensore della parte deceduta ai difensori delle altre parti costituite equivale a una notificazione formale. Di conseguenza, essa è pienamente idonea a determinare l’immediata interruzione del processo e a far decorrere il termine per la sua riassunzione, ai sensi degli artt. 300 e 305 del codice di procedura civile.

Analisi del primo motivo: il valore della comunicazione PEC nell’interruzione del processo

Il ricorrente sosteneva che la PEC del 5 settembre fosse una mera comunicazione di cortesia, inidonea a produrre effetti processuali. A suo avviso, la mancanza del certificato di morte e l’annuncio di una successiva dichiarazione formale in udienza ne deponevano l’efficacia. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che l’effetto interruttivo si produce ope legis, ovvero automaticamente per legge, al momento della conoscenza legale dell’evento da parte delle altre parti. La comunicazione tramite PEC a un indirizzo ufficiale di un avvocato costituisce una forma di conoscenza legale piena. L’intento del mittente o la promessa di atti futuri sono irrilevanti di fronte all’oggettività dell’atto compiuto. La legge, infatti, non richiede che la dichiarazione di morte sia accompagnata da documentazione probatoria per essere valida.

Analisi del secondo motivo: la liquidazione delle spese legali

Il secondo motivo di ricorso riguardava la presunta eccessività delle spese legali liquidate dalla Corte d’Appello. Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. La Corte ha osservato che l’importo liquidato rientrava nei parametri previsti dal D.M. 55/2014, considerando l’elevato valore della causa (oltre 20 milioni di euro), indicato dallo stesso ricorrente. L’esercizio del potere discrezionale del giudice nel liquidare le spese all’interno dei limiti tabellari (minimo e massimo) non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non si eccedano tali limiti, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una interpretazione rigorosa e sistematica delle norme processuali alla luce dell’evoluzione tecnologica. I giudici hanno sottolineato come l’ordinamento abbia progressivamente equiparato la PEC ai mezzi di notificazione tradizionali, attribuendole effetti prima equipollenti e poi sostitutivi. La comunicazione dell’evento interruttivo tramite PEC è uno dei due modi, alternativi ed equivalenti, previsti dall’art. 300 c.p.c. per produrre l’effetto interruttivo (l’altro è la dichiarazione a verbale in udienza). Una volta che una di queste due modalità si è perfezionata, il processo si interrompe immediatamente, senza necessità di un provvedimento del giudice, che ha natura meramente dichiarativa. Pertanto, la riserva di effettuare una successiva dichiarazione a verbale era processualmente superflua e inefficace, essendo il processo già interrotto dalla data di consegna della PEC.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto. Innanzitutto, conferma l’assoluta equiparazione della PEC a una notifica tradizionale per quanto riguarda la comunicazione di eventi processuali rilevanti. In secondo luogo, ribadisce che gli effetti giuridici di un atto processuale dipendono dalla sua natura oggettiva e non dalle intenzioni soggettive di chi lo compie. Un avvocato che riceve una PEC contenente la notizia della morte di una controparte deve considerarla come l’avvio formale del termine per la riassunzione, agendo con la massima tempestività per non incorrere in decadenze fatali come l’estinzione del giudizio.

Una comunicazione via PEC della morte di una parte è sufficiente a causare l’interruzione del processo?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la comunicazione effettuata a mezzo PEC dal difensore della parte colpita dall’evento interruttivo al difensore dell’altra parte equivale a una formale notificazione dell’evento e causa l’immediata interruzione del processo.

È necessario allegare il certificato di morte alla comunicazione PEC per far decorrere il termine di riassunzione?
No. La norma (art. 300 c.p.c.) non prevede che la dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo debba essere accompagnata da documentazione che ne attesti la veridicità. La semplice comunicazione è sufficiente a produrre l’effetto interruttivo.

La dichiarazione dell’avvocato di voler formalizzare l’interruzione in una successiva udienza toglie efficacia alla precedente comunicazione via PEC?
No. L’effetto interruttivo si produce alla prima delle due modalità previste dalla legge (dichiarazione a verbale o notificazione fuori udienza). Una volta che il processo è interrotto tramite la notifica via PEC, l’annuncio di una futura dichiarazione a verbale è processualmente irrilevante e superfluo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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