Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19444 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19444 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05864/2024 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME nato nel 1959, NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrenti-
nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura allegata in atti; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE ; NOME COGNOME nato nel 1965 ; RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
per la cassazione della sentenza n. 3548/2023 del la CORTE d’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 25 luglio 2023; udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2010 la RAGIONE_SOCIALE ottenne dal Tribunale di Ariano Irpino un decreto ingiuntivo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME suo legale rappresentante e fideiussore, per la somma di Euro 9.517,55, per mancata restituzione, a partire dal 2008, di diverse rate del mutuo concesso nel 2006 per la compravendita della autovettura Audi TARGA_VEICOLO, acquistata dalla RAGIONE_SOCIALE presso la rivenditrice RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME opposero il provvedimento monitorio, deducendo che avevano interrotto la restituzione delle rate del finanziamento dopo avere appreso che il 3 agosto 2008 l’autovettura Audi TARGA_VEICOLO era stata intestata, a loro insaputa, alla rivenditrice RAGIONE_SOCIALE (da cui a suo tempo era stata da loro acquistata), in base ad un atto apparentemente sottoscritto da NOME COGNOME, ma in realtà a firma apocrifa, falsamente autenticata, ai fini della trascrizione al P.R.A., da NOME COGNOME, titolare di Sportello Telematico dell’Automobilista; aggiu nsero che la negoziazione con la RAGIONE_SOCIALE era stata compiuta da NOME COGNOME (nato nel 1965), nipote ex frate di NOME COGNOME, il quale, approfittando dei rapporti familiari con l’ opponente e della materiale disponibilità dell’autovettura, l’aveva permutata con un’altra della stessa marca, modello e colore, che si era formalmente intestato, senza che il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si rendesse conto dell’ avvenuta sottrazione; sulla base di queste deduzioni, gli opponenti
chiamarono in causa i terzi NOME COGNOME , RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME (nato nel 1965) e ne chiesero la condanna alla restituzione dell’autovettura o al pagamento del suo controvalore, nonché del valore dei frutti ( quantificati nell’importo delle rate di finanziamento non pagate) e, infine al risarcimento del danno; nei confronti di RAGIONE_SOCIALE invocarono il rigetto della domanda proposta contro di loro e chiesero in via riconvenzionale la risoluzione del contratto di finanziamento e della fideiussione per eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni.
Si costituì RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’opposizione; si costituirono altresì i terzi NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, invocando il rigetto delle domande formulate dagli opponenti nei loro confronti; restò contumace NOME COGNOME nato nel 1965.
Con sentenza 13 settembre 2017, n.226, il Tribunale di Benevento (a cui era stato nel frattempo accorpato il Tribunale di Ariano Irpino) rigettò l’ opposizione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, confermando il decreto ingiuntivo; accolse la domanda proposta dagli opponenti nei confronti dei terzi NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME (nato nel 1965), condannando questi ultimi, in solido, al risarcimento dei danni subìti dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME (quantificati in Euro 9.517,55, pari al valore dei ratei di finanziamento non pagati), nonché, sempre in solido, al rimborso delle spese concernenti il relativo rapporto processuale; i terzi chiamati furono anche condannati, in solido con gli opponenti, a rimborsare le spese processuali sostenute dalla società opposta.
La sentenza del Tribunale di Benevento fu appellata dinanzi alla Corte d’ appello di Napoli da NOME COGNOME con atto notificato il 7
marzo 2018 alla RAGIONE_SOCIALE e ai sigg.ri NOME COGNOME NOME COGNOMEnato nel 1959) e NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME deceduto nelle more del primo grado senza interruzione del giudizio.
Il 2 luglio 2018 (ovverosia, prima della scadenza del termine per la costituzione nel giudizio d’appello, la cui prima udienza era stata fissata al 24 settembre 2018 e poi tenuta il 25 settembre 2018) decedette anche l’Avv. NOME COGNOME difensore degli appellati, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME.
Il giorno 11 settembre 2018 si costituì nel giudizio d’appello la RAGIONE_SOCIALE depositando memoria di costituzione con cui, in adesione all’appello proposto da NOME COGNOME chiedeva, tra l’altro, di ‘annullare’ e ‘ revocare ‘ la sentenza impugnata, sul presupposto di non aver cagionato alcun danno.
All’udienza del 9 ottobre 2018, in presenza dei procuratori di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, comparve personalmente NOME COGNOME la quale comunicò formalmente l’avvenuto decesso dell’Avv. NOME COGNOME ribadendo oralmente quanto contenuto in una dichiarazione scritta di pari data firmata da lei e dagli altri eredi di NOME COGNOME e allegando il certificato di morte.
Con ordinanza riservata depositata il 19 febbraio 2019, la Corte d’ appello, ritenuti non applicabili alla fattispecie tanto l’art. 301 quanto l’art. 299 cod . proc. civ., fissò l’udienza di precisazione delle conclusioni.
A ll’esito di successive udienze, dopo la precisazione delle conclusioni e lo scambio degli scritti defensionali conclusivi, con ulteriore ordinanza depositata il 5 settembre 2022, ritenuta, in contrasto con quanto precedentemente osservato, l’ efficacia
interruttiva del decesso dell’Avv. COGNOME la Corte d’appello ha dichiarato l’interruzione del processo.
Con atto del 30 novembre 2022 , l’ appellante NOME COGNOME ha riassunto il giudizio di secondo grado, reiterando le conclusioni formulate con l’appello .
Fissata per la prosecuzione l’udienza collegiale del 21 marzo 2023, gli appellati, costituitisi in giudizio con memoria del 20 marzo 2023, hanno eccepito , per un verso, l’ avvenuta estinzione del processo per decorso del termine trimestrale di cui all’art. 305 cod. proc. civ. , per altro verso il passaggio in giudicato delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado in confronto della G. Benevento RAGIONE_SOCIALE, per non avere essa società impugnato detta sentenza.
Quest’ultima società si è costituita con memoria del 21 marzo 2023, reiterando le conclusioni originariamente formulate.
Con sentenza 25 luglio 2023, n. 3548 la Corte d’ appello di Napoli, in accoglimento dell’ impugnazione, dichiarata infondata l’eccezione di estinzione del giudizio sollevata dagli appellati, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME (proseguita dai suoi eredi) e ha condannato in solido gli appellati (originari attori) al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio in favore di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME COGNOME (nato nel 1959) e NOME COGNOME, sulla base di tre motivi.
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
Non svolgono difese gli intimati NOMERAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME (nato nel 1965) e RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
I ricorrenti e il controricorrente hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata, « in relazione all ‘ art. 360, co. I, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 301 e 305 c.p.c. ».
I ricorrenti sostengono: a) che il decesso dell’ Avv. NOME COGNOMEprocuratore costituito in primo grado in rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME), avvenuto il giorno 2 luglio 2018, nel periodo intercorrente tra la notifica dell ‘ atto di citazione in appello (avvenuta il 7 marzo 2018) e la scadenza del termine per la costituzione nel relativo giudizio (venti giorni prima del 24 settembre 2018, data dell ‘ udienza di comparizione fissata nel predetto atto di citazione in appello, udienza poi effettivamente tenutasi il giorno successivo) avrebbe avuto efficacia interruttiva automatica del giudizio (citano, in proposito, le pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte nn. 12060 del 1998 e 2714 del 2010); b) che la conoscenza legale dell’evento interruttivo era stata acquisita dall’appe llante NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE sin dall’udienza del 9 ottobre 2018 nella quale , alla presenza dei rispettivi difensori, era comparsa personalmente l’appellata NOME COGNOME NOME comunicando formalmente il decesso del detto legale ed esibendo il certificato di morte rilasciato dal Comune di Bonito il 4 ottobre precedente, facente « fede privilegiata » dell ‘ evento medesimo; c) che, pertanto, il termine trimestrale ex art. 305 cod. proc. civ. per la riassunzione del giudizio sarebbe decorso dalla stessa udienza del 9 ottobre 2018 o, al più tardi, dall ‘ ordinanza riservata depositata il 19 febbraio 2019 comunicata alle parti costituite lo stesso
giorno; d) che la decorrenza del termine perentorio fissato dall ‘ art. 305 cod. proc. civ. non sarebbe impedita dalla dichiarazione giudiziale dell ‘ evento interruttivo, atteso che, « per giurisprudenza costante, quel termine decorre dalla conoscenza legale che dell’evento interruttivo abbia avuto la parte interessata alla riattivazione del processo, indipendentemente dalla mancata o tardiva emissione del provvedimento con cui il giudice dia atto dell ‘ interruzione, il quale ha natura meramente dichiarativa » (viene citata, tra le altre, la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n.7443 del 2008); e) che essi ricorrenti (già appellati) avevano quindi fondatamente eccepito l’avvenuta estinzione del giudizio per decorrenza del termine trimestrale di riassunzione (termine scaduto alla data del 9 gennaio 2019 o, al più, alla data del 19 maggio 2019: tre mesi, rispettivamente, dall’udienza del 9 ottobre 2018 e dall’ordinanza del 19 febbraio 2019) sia al momento della loro costituzione in giudizio, con la memoria depositata il 20 marzo 2023, sia in sede di precisazione delle conclusioni, con le note di trattazione scritta depositate all’udienza del 21 marzo 2023; f) che, invece, con statuizione non corretta in iure , la Corte d’ appello avrebbe reputato infondata l’ eccezione di estinzione del giudizio, indebitamente ritenendo che il termine trimestrale decorresse dalla conoscenza, ad opera delle parti, della dichiarazione giudiziale di interruzione resa con l’ordinanza del 5 settembre 2002 e d erroneamente reputando tempestivo l’atto di riassunzione depositato dalla difesa di NOME COGNOME il 30 novembre successivo, facendo applicazione di principii che « attengono all ‘ istituto speciale del fallimento, le cui peculiarità li rendono insuscettibili di applicazione analogica alla presente fattispecie »; g) che pertanto la sentenza
impugnata sarebbe nulla, in quanto viziata d all’ error in procedendo del mancato rilievo dell’ avvenuta estinzione del giudizio.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
1.1.a. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato sin da epoca ormai risalente il principio, mai smentito e successivamente più volte ribadito, secondo cui, nell ‘ ipotesi in cui la morte del procuratore, per mezzo del quale la parte si sia costituita nel precedente grado di giudizio ed al quale sia stato notificato l ‘ atto di impugnazione, intervenga dopo tale notificazione e prima del decorso dei termini per la costituzione in giudizio e la proposizione dell ‘ impugnazione incidentale, si verifica l ‘ interruzione automatica del processo, atteso che, a seguito del decesso, non è più possibile l ‘ adempimento del dovere di informazione che grava sul procuratore, dovere che non viene meno nel momento stesso della notificazione dell ‘ atto di impugnazione (Cass.; Sez. Un., 27/11/1998, n. 12060; Cass. 10/10/2014, n. 21447; Cass. 7/05/2018, n. 10905).
Correttamente, dunque, la Corte territoriale partenopea, con l’ordinanza del 5 settembre 2022, rev ocata quella del 19 febbraio 2019 (che aveva erroneamente reputato non applicabile l’art.301 cod. proc. civ.), ha dichiarato l’interruzione del processo.
1.1.b. Ciò posto, va precisato che la morte o l’ impedimento del procuratore costituito , ai sensi dell’art. 301 cod. proc. civ., integra un’ipotesi di interruzione automatica , la quale produce immediatamente l’effetto interruttivo del processo ma non anche quello di decorrenza del termine per la relativa riassunzione o prosecuzione in funzione di evitare gli effetti di estinzione di cui all’a rt.305 cod. proc. civ.; termine che decorre, invece, dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione, qualora non già
conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza, sia portata, mediante comunicazione o notifica, a conoscenza delle parti.
Correttamente, pertanto, la Corte d’ appello ha reputato che il termine trimestrale di cui all’art. 305 cod. proc. civ. decorre sse, nella fattispecie, dalla conoscenza dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione del 5 settembre 2022 e , sull’esatto rilievo della tempestività dell’atto di riassunzione del successivo 30 novembre 2022, ha altrettanto correttamente rigettato l’ eccezione di estinzione del giudizio sollevata dagli appellati.
1.1.c. Al riguardo, del tutto erronea è l’osservazione dei ricorrenti secondo cui sarebbero stati applicati principii attinenti alla speciale disciplina del fallimento, insuscettibili di estensione analogica alla presente fattispecie.
Ben al contrario, infatti, questa Corte, sulla premessa che l’apertura del fallimento (Cass., Sez. Un., n. 12154/2021; Cass. 5/01/2024, n. 322), così come quella della messa in liquidazione coatta amministrativa (Cass. 28/12/2024, n. 34785) integrano altrettante ipotesi di interruzione automatica del processo (arg. ex art. 43, terzo comma, l. fall, nonché ex artt. 80, comma 6, e 83 del T.U.B.), ha fatto applicazione, in tali fattispecie, di un principio generale valido in ogni caso di evento interruttivo automatico e quindi, in primo luogo, nell’ipotesi di morte o impedimento del procuratore ex art. 301 cod. proc. civ., ovverosia del principio per cui, in caso di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio decorre non dalla data dell ‘ evento interruttivo, ma da quella in cui ciascuna parte ha avuto conoscenza legale dell ‘ interruzione e, quindi, dalla sua dichiarazione se pronunciata in
udienza o, altrimenti, dalla sua notificazione o comunicazione (cfr., ad es., Cass. 29/05/2024, n. 15004).
1.1.d. Il Collegio ritiene che la portata generale di tale principio, con particolare riferimento al l’ipotesi in cui la morte del procuratore, costituito nel precedente grado ed al quale sia stato notificato l ‘ atto di impugnazione, intervenga dopo tale notificazione e prima del decorso dei termini per la costituzione in giudizio e la proposizione dell ‘ impugnazione incidentale, vada senz’altro ribadita, posto che, altrimenti, si attribuirebbe alla parte l’ onere di riassumere un giudizio sebbene lo stesso (come nella fattispecie, in cui dopo il decesso del procuratore era stata fissata udienza per la precisazione delle conclusioni) non sia stato dichiarato interrotto e per il quale siano invece pendenti termini per il compimento di specifici atti o sia stata fissata udienza per lo svolgimento di specifiche attività processuali.
1.1.e. Il diverso principio per cui la decorrenza del termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio interrotto prescinde dall’adozione e dalla conoscenza del provvedimento giudiziale dichiarativo dell ‘ intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) -principio non pertinentemente richiamato dai ricorrenti in relazione alla fattispecie in esame -è stato affermato da questa Corte con riguardo alle diverse ipotesi di interruzione non automatica , come nel caso della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita (art. 300 cod. proc. civ.), in cui l’evento non produce ex se l’effetto interruttivo occorrendo la dichiarazione in udienza o la notifica alle altre parti dal procuratore della parte che ne è colpita; in tal caso, infatti, l ‘ effetto dell ‘ interruzione del processo si verifica al momento della dichiarazione o della notificazione nei confronti delle altre parti, le quali segnano anche l’ exordium del
termine per la riassunzione, come previsto in generale dall ‘ art. 305 cod. proc. civ., senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il diverso e successivo momento in cui è adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell ‘ intervenuta interruzione (Cass., Sez. Un., 20/03/2008, n. 7443; Cass. 22/09/2022, n. 27788; Cass. 29/11/2024, n. 30729).
1.1.f. Va dunque affermato il seguente principio di diritto:
‘ mentre nell’ipotesi di interruzione del processo non automatica (come, ad es., nell’ipotesi di morte o perdita della capacità processuale della parte costituita), occorrendo, ai fini dell’ effetto interruttivo, la dichiarazione dell’evento in udienza o la sua notificazione alle altre parti, la decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 305 cod. proc. civ., decorre dal momento di tale dichiarazione o notificazione, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, la successiva adozione e conoscenza del provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione, nella contraria ipotesi di evento interruttivo automatico (nella fattispecie, costituito dalla morte del difensore costituito intervenuta dopo la ricezione della notifica dell’atto di impugnazione e prima del decorso dei termini per la costituzione in giudizio e la proposizione dell ‘ impugnazione incidentale), il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio decorre non dalla data dell ‘ evento interruttivo, ma da quella in cui ciascuna parte ha avuto conoscenza legale dell ‘ interruzione e, quindi, dalla sua dichiarazione se pronunciata in udienza o, altrimenti, dalla sua notificazione o comunicazione ‘ .
Il primo motivo di ricorso va, dunque, rigettato.
Con il secondo motivo viene denunciata, « in relazione all ‘ art. 360, co. I, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per
violazione degli att. 81, 99, 100 e 112 c.p.c., nonché degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. ».
Il secondo motivo presenta elementi di connessione con -e va pertanto illustrato ed esaminato unitamente al -terzo motivo, con cui viene denunciata, «in relazione all’art. 360, co. I, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 343 c.p.c.».
3.a. I ricorrenti sostengono, in primo luogo, che delle tre parti soccombenti in primo grado (NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME nato nel 1965), soltanto il primo avrebbe proposto appello; al contrario, NOME COGNOME « è rimasto contumace (come già in primo grado, anche) nel giudizio di appello e non ha proposto alcuna impugnativa », mentre la « RAGIONE_SOCIALE non ha proposto appello in via principale e, pur costituendosi nel giudizio di appello introdotto dal COGNOME non ha proposto appello in via incidentale » (pag.13 del ricorso).
Pertanto, la Corte territoriale, nel riformare la sentenza di primo grado in favore non solo di NOME COGNOME ma anche della G. RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME nato nel 1965, rigettando la domanda risarcitoria proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e dagli eredi di NOME COGNOME e condannando questi ultimi, in solido, al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio in favore di NOME COGNOME e della G. RAGIONE_SOCIALE, avrebbe violato il principio secondo cui, « stante la scindibilità dei rapporti processuali relativi a qualsiasi obbligazione solidale e stanti il divieto di sostituzione processuale (art. 81 c.p.c.), il principio della domanda (art. 99) e il principio di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), l ‘ impugnazione proposta dal COGNOME poteva legittimamente investire la Corte di Appello della decisione unicamente sul rapporto tra l ‘ appellante condannato in primo grado e gli attuali
ricorrenti, beneficiari della condanna dell ‘ appellante disposta dal Giudice di primo grado, non anche della decisione sui rapporti tra questi ultimi e gli altri chiamati in primo grado » (pag. 15 del ricorso; vengono citate, tra le altre, le pronunce di questa Corte nn. 12435/2021, 542/2020 e 20559/2014).
3.b. In secondo luogo, per l’ipotesi in cui si ritenesse che l a RAGIONE_SOCIALE con la memoria di costituzione in appello dell’11 settembre 2018 avesse proposto appello incidentale, dovrebbe prendersi atto dell’ inammissibilità, per tardività, di tale impugnazione, atteso che la costituzione è intervenuta in violazione del termine di cui all’art . 343 cod. proc. civ..
3.1. Il secondo motivo è fondato unicamente con riguardo alla posizione di NOME COGNOME (nato nel 1965), mentre è infondato con riguardo alla posizione di RAGIONE_SOCIALE Il terzo motivo è infondato.
3.1.a. Gli stessi ricorrenti deducono che « Il giorno 11/09/2018, si costituiva (tardivamente) nel giudizio di appello la RAGIONE_SOCIALE, depositando ‘memoria di costituzione’ in cui rassegnava le seguenti conclusioni: ‘Perché voglia la Ecc.ma Corte annullare e revocare la sentenza impugnata, in adesione con l ‘ appello proposto dal COGNOME non avendo la comparente cagionato alcun danno e per l ‘ effetto condannare in solido o chi di ragione, la RAGIONE_SOCIALE ed il suo fideiussore amministratore unico della indicata società, il sig. NOME COGNOME ovvero i suoi eredi, nonché il sig. NOME COGNOME anche ai sensi dell’art. 2037 c.c. » (pag.6 del ricorso).
La circostanza che con la memoria di costituzione dell’11 settembre 2018 la G. Benevento Fina uto avesse chiesto, tra l’altro, l” annullamento ‘ o la ‘revoca’ della sentenza di primo grado, impone
di attribuire all’atto la natura di atto di impugnazione e, precisamente, di impugnazione incidentale adesiva rispetto a quella proposta dall’appe llante principale.
3.1.b. Questa impugnazione, inoltre, benché irrispettosa del termine di cui all’art. 343 cod. proc. civ. (essendo stata fissata la prima udienza di comparizione alla data del 24 settembre 2018), era nondimeno ammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte, componendo le discordanze emerse, in tema di interpretazione dell’art. 334 cod. proc. civ., nella giurisprudenza di legittimità successiva ad un loro storico arresto del 2007 (Cass., Sez. Un., 27/11/2007, n. 24627), hanno infatti recentemente statuito che l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua prop osizione può sorgere dall’impugnazione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva (Cass., Sez. Un., 28/03/2024, n. 8486).
3.1.c. Dunque, il principio secondo cui la mancata impugnazione da parte di uno dei debitori solidali, in quanto soccombenti in giudizio relativamente ad un rapporto obbligatorio scindibile, qual è quello derivante dalla solidarietà (che non incide sull ‘ autonomia e indipendenza dei rapporti sostanziali tra il creditore e ciascun obbligato), determina il passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, ancorché altri condebitori solidali l ‘ abbiano impugnata ( ex multis , Cass. 14/0//2009, n. 16390 e Cass. 8/10/2018, n. 24728) -unitamente a quello, speculare al primo, per cui la regola d ell’art. 1306, secondo comma, cod. civ., secondo cui i condebitori in solido hanno facoltà di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra questi ed
uno degli altri condebitori, trova operatività soltanto nel caso in cui i condebitori che intendano opporla non abbiano partecipato al relativo giudizio, operando, in caso contrario, le preclusioni proprie del giudicato ( ex multis , Cass. 30/09/2014, n. 20559; Cass.15710/2021, n. 28267) -va applicato, nella vicenda in esame, soltanto nei confronti di NOME COGNOME nato nel 1965, unica tra le parti soccombenti nel giudizio di primo grado, rispetto alla domanda formulata dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME, a non avere appellato la relativa sentenza.
3.1.d. In questi limitati termini il secondo motivo di ricorso va accolto, mentre vanno rigettati il primo e il terzo.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e nei limiti di tale accoglimento.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere la causa nel merito.
Rispetto a NOME COGNOME nato nel 1965 deve ritenersi passata in giudicato la condanna principale risarcitoria, nonché quella accessoria sulle spese, pronunciate dal Tribunale di Benevento con sentenza 13 settembre 2017, n. 226.
Resta ferma, invece, la statuizione di rigetto di tale domanda risarcitoria -statuizione resa in appello in riforma della predetta sentenza -in quanto proposta nei confronti di NOME COGNOME e della G. Finauto s.p.a..
Restano ferme, ancora, le statuizioni sulle spese rese dallo stesso giudice d’ appello in ordine ai due gradi di merito, vale a dire la condanna solidale degli attori-appellati (la RAGIONE_SOCIALE e gli eredi di NOME COGNOME) al pagamento delle spese sostenute dai convenutiappellanti risultati vittoriosi (NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE).
In conclusione, deve dichiararsi che è sceso il giudicato sulla condanna risarcitoria emessa nei confronti di NOME COGNOME nato nel 1965 e in favore della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME con la sentenza 13 settembre 2017 n. 226 del Tribunale di Benevento, nonché sulla condanna accessoria di NOME COGNOME nato nel 1965 a rimborsare alla RAGIONE_SOCIALE e ad NOME COGNOME le spese del relativo giudizio, come liquidate, in favore del procuratore antistatario degli opponenti, con la medesima sentenza.
4.1. Le spese del giudizio d’appello e quelle del giudizio di legittimità relative al rapporto processuale tra gli attuali ricorrenti e NOME COGNOME nato nel 1965 possono essere compensate tra le parti, in quanto l’intimato, pur soccombente, non aveva appellato la sentenza di primo grado e non ha quindi dato causa al ricorso per cassazione promosso nei suoi confronti.
4.2. Le spese del giudizio di legittimità relative al rapporto tra i ricorrenti e l’ unico controricorrente , NOME COGNOME seguono la soccombenza dei primi e sono liquidate in favore del secondo come da dispositivo.
4.3. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità relative al rapporto processuale dei ricorrenti con la RAGIONE_SOCIALE e con l’intimato risultato vittorioso, RAGIONE_SOCIALE, che non hanno svolto difese in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che è sceso il giudicato sulla condanna risarcitoria emessa nei confronti di NOME COGNOME nato nel 1965 e in favore
della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME con la sentenza 13 settembre 2017, n. 226 del Tribunale di Benevento, nonché sulla condanna accessoria di NOME COGNOME nato nel 1965 a rimborsare alla RAGIONE_SOCIALE e ad NOME COGNOME le spese del relativo giudizio, come liquidate, in favore del procuratore antistatario degli opponenti, con la medesima sentenza.
Compensa le spese del giudizio d’appello e del giudizio di legittimità concernenti il rapporto processuale tra i ricorrenti e NOME COGNOME nato nel 1965.
Condanna la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME COGNOME nato nel 1959 e NOME COGNOME, in solido tra loro, a rimborsare a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità concernenti il relativo rapporto processuale, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, spese forfetarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione