Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14270 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14270 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12619-2023 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1025/2022 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 25/11/2022 R.G.N. 1098/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME
NOME.
Oggetto
Interpretazione transazione
R.G.N. 12619/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/03/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi di revoca del decreto ingiuntivo per € 12.552,52 ottenuto da NOME COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE;
i giudici di merito hanno ritenuto che detta somma, richiesta a titolo di TFR, fosse stata inclusa in somma onnicomprensiva specificata nel verbale di conciliazione in sede protetta sottoscritto tra le parti il 4.11.2015 dopo la cessazione del rapporto di lavoro e pagata a rate come convenuto, e non, come prospettato dal ricorrente in monitorio, prevista a parte come non determinata e da versarsi a terzi (RAGIONE_SOCIALE;
per la cassazione della predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione con unico articolato motivo; resiste l’organizzazione sindacale con controricorso, illustrato da memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione delle norme di legge in materia di interpretazione di contratti e per omessa e insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c.;
il motivo è inammissibile;
quanto alla prospettata violazione di legge, osserva il Collegio che l’interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi;
la censura di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, al pari di quella per vizio di motivazione, non può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, posto che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – censurare in sede di legittimità il fatto che sia stata privilegiata l’altra; per il principio di autonomia del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, si deve escludere l’ammissibilità di una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass. n. 33425/2022, n. 27702/2020, n. 16368/2014, n. 24539/2009, n. 10131/2006, nonché, sulla conclusione che l’interpretazione del contenuto di verbale di conciliazione postula un’indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto, Cass. n. 10981/2020, n. 14911/2007);
quanto al prospettato vizio motivazionale, osserva il Collegio che la Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. (ora art. 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nel senso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisone impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della
censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
6. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono la regolazione delle spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, secondo il regime della soccombenza, e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 20 marzo 2024.