Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8591 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8591 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30192-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 928/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 29/06/2020;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 4.6.2004 COGNOME NOME evocava in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Catanzaro, invocando l’accertamento del diritto di servitù di accesso e parcheggio nel cortile di proprietà della convenuta, risultante dall’atto con il quale essa attrice aveva acquistato una porzione dell’immobile adiacente a detto spazio aperto.
Nella resistenza della convenuta il Tribunale, con sentenza n. 3442/2013, rigettava la domanda, ritenendo che l’attrice potesse vantare, in base al suo titolo di acquisto, soltanto un diritto personale di godimento, riconosciutole dal comune dante causa RAGIONE_SOCIALE due parti e dunque non opponibile alla RAGIONE_SOCIALE.
Con la sentenza impugnata, n. 928/2020, la Corte di Appello di Catanzaro rigettava il gravame interposto dalla COGNOME avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME, affidandosi ad un unico motivo articolato in due profili.
Resiste con controricorso NOME NOME.
Con istanza in data 18.9.2023 la parte ricorrente, dopo aver ricevuto la comunicazione di proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la parte ricorrente lamenta, rispettivamente, con il primo profilo, la violazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le risultanze del titolo di acquisto allegato dalla COGNOME a sostegno della sua domanda; mentre, con il secondo profilo, contesta l’irriducibile contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente configurato la utilitas soltanto in relazione al diritto di passaggio nel cortile di cui è causa per accedere ad un vano venduto alla COGNOME, ma non anche in riferimento al diritto di parcheggiare la propria vettura nel predetto spazio aperto.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c. è di inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso.
Il Collegio condivide il contenuto della proposta ex art. 380bis c.p.c., poiché la ricorrente contrappone alla interpretazione del contratto fatta propria dal giudice di merito una lettura alternativa del dato negoziale, lamentando la violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, senza tuttavia indicare quale di essi sarebbe stato specificamente violato. Sul punto, va ribadito che ‘La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una RAGIONE_SOCIALE plausibili
interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585).
Per quanto concerne la motivazione della sentenza impugnata, infine, essa non è viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile (per la formula conclusiva, cfr. Cass. SSUU sentenza n. 7155/2017), con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con riferimento all’applicazione dell’art. 96 c.p.c. va data continuità al principio secondo cui ‘In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c.- codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché non attenersi ad una valutazione del proponente poi confermata nella decisione definitiva lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’ (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023, Rv. 668909).
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, iva, cassa avvocati, ed agli esborsi, liquidati in € 200,00 con accessori tutti come per legge.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 terzo e quarto comma cpc, al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi (€. 4.000,00), nonché al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda