Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31200 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31200 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30392 – 2020 proposto da:
COGNOME COPERTURE di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa con l’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 943/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, pubblicata il 16/9/2020, notificata il 29/9/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal consigliere NOME COGNOME lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 3/10/2012, RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Cremona, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (di seguito MoroniRAGIONE_SOCIALE, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.288/2012, pronunciato nei suoi confronti per Euro 144.587,39, a titolo di saldo del prezzo di appalto avente ad oggetto i lavori di integrale sostituzione della copertura dei due capannoni industriali siti nel comune di Ceres, da lei condotti in locazione. In particolare, la RAGIONE_SOCIALE rappresentò che era stata convenuta la «rimozione delle lastre in cemento amianto previa spruzzatura con fissativo specifico eseguita da operatori con patentino di abilitazione; discesa a carico e trasporto a discarica autorizzata, compreso l’onere per smaltimento rifiuti pericolosi» e posa in opera di «nuovo manto di copertura realizzato con pannelli sandwich coibentati, aventi supporto esterno in lamiera, completi di idonea metalleria di fissaggio»; in data 2 marzo 2012, il direttore dei lavori, svolgendo un sopralluogo a lavori terminati, aveva rilevato la presenza, sul materassino di lana di roccia interposto tra la copertura in lastre di cemento e la nuova copertura, di briciole e residui di lastre in cemento amianto; in conseguenza, era stato sospeso il pagamento del saldo prezzo.
Pertanto, la società opponente chiese la revoca del d.i. opposto e la condanna di COGNOME all’eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni.
2. Con sentenza n. 23/2017, il Tribunale di Cremona rigettò l’opposizione, ritenendo che i frammenti di cemento amianto fossero preesistenti all’intervento della società Moroni e non dovuti alla rottura delle lastre asportate, in quanto non risultavano sottoposti al preventivo trattamento di spruzzatura del fissativo, che l’attività di bonifica potesse ritenersi comunque realizzata ancorché non mediante la integrale rimozione del cemento amianto ma con la diversa tecnica del confinamento e rilevando che, in ogni caso, il livello di dispersione delle fibre nell’aria era inferiore alla soglia minima di legge.
3. Con sentenza n. 943/2020, la Corte d’appello di Brescia, in accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE ais, innanzitutto rimarcò che con il contratto la società RAGIONE_SOCIALE aveva assunto l’obbligo di rimuovere tutto il cemento amianto presente sulla copertura e, in particolare, l’obbligo di provvedere alla raccolta manuale dei frammenti delle vecchie lastre di eternit derivanti dalle precedenti riparazioni perché, di là della indicazione letterale, cioè la «rimozione delle lastre», era evidente la reale e comune intenzione delle parti di realizzare una bonifica integrale ; aggiunse che l’interpretazione era conseguente anche alla considerazione del contenuto della DIA presentata un mese dopo la stipula del contratto, in cui era indicata la bonifica di «tutto l’amianto presente sulla copertura», per cui, in applicazione del canone di interpretazione secondo buona fede, doveva ritenersi che RAGIONE_SOCIALE si fosse determinata a eseguire un’opera così costosa e impegnativa per eliminare ogni pericolo dalla copertura; evidenziò che non vi era prova dell’adozione della tecnica del confinamento; negò, infine, il chiesto risarcimento perché ordinò a COGNOME di provvedere alla rimozione integrale di «tutte le briciole e i residui di lastre in cemento amianto ancora esistenti tra il materassino di lana di roccia (e ove mancante, tra la struttura di copertura in tegoli di cemento armato) e le nuove
lastre di copertura installate», assegnando il termine di sei mesi per l’esecuzione.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi a cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione degli art. 1362, 1364 e 1366 cod. civ., per avere la Corte d’appello violato i canoni di interpretazione del contratto.
1.1. Il motivo è inammissibile. Per principio consolidato, infatti, l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito sicché il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. è tenuto, oltre ad indicarli, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il Giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata ; l’interpretazione offerta dal Giudice del merito, infatti, non deve essere l’unica astrattamente possibile ma soltanto una delle plausibili interpretazioni ( ex multis , Sez. 1, n. 9461 del 09/04/2021; Sez. L, n. 10745 del 04/04/2022; Sez. 1, n. 16987 del 27/06/2018).
La ricorrente, invero, non ha chiarito in che modo la Corte d’ appello avrebbe violato i canoni invocati, atteso che la volontà delle
parti è stata correttamente ricostruita dapprima in riferimento alla formulazione letterale del contratto di appalto, rapportata tuttavia al canone di buona fede, utilizzato per stigmatizzare che scopo dei costosi lavori appaltati non poteva che essere l’integrale bonifica delle coperture, risultando altrimenti priva di scopo tutta l’operazione.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., la società appaltatrice ha sostenuto che la Corte d’appello n on avrebbe adeguatamente considerato l’inerzia del Direttore dei lavori che, pur essendo, secondo giurisprudenza consolidata di questa stessa Corte, responsabile del controllo della esecuzione delle opere appaltate, non avrebbe rilevato alcun vizio dalla consegna, avvenuta il 28/11/2011, al 2/3/2012.
2.1. Il motivo è inammissibile. Il tempo intercorso tra il 28/11/2011 e il 2/3/2012 non costituisce affatto un comportamento significativo e, soprattutto, decisivo per una diversa decisione della controversia: come spiegato nella narrativa della sentenza, il Direttore dei lavori ha svolto uno specifico accertamento sulla copertura perché erano risultate visibili tracce di ruggine su più lastre che la componevano e, quindi, approfondendo l’origine del vizio e, in particolare, le modalità di esecuzione del taglio degli elementi costituenti la lattoniera di colmo, ha riscontrato ulteriormente la presenza delle briciole e dei residui delle lastre in cemento amianto; in tal senso, il tempo dell’intervento dei Direttore è del tutto inconferente rispetto alla responsabilità dell’appaltatrice per i vizi riscontrati.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della ricorrente RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda