Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14047 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14047 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1909-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 723/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/08/2023 R.G.N. 327/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 1909/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello avverso la sentenza del tribunale di Como che, decidendo sul ricorso proposto da NOME RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME ha respinto la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di collaborazione proposta da NOME RAGIONE_SOCIALE ed in accoglimento della domanda riconvenzionale di COGNOME ha condannato la ricorrente al pagamento del compenso fisso mensile dalla stipula del contratto fino alle dimissioni per complessive euro 4000, oltre accessori e spese.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo di ricorso al quale ha resistito con controricorso NOME
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2 c. e 1363 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. nell’interpretazione delle clausole previste dagli artt. 1 e 5 del contratto di agenzia intervenuto tra le parti.
La Corte d’appello di Milano nel delineare il contenuto dell’obbligazione assunta dalla signora COGNOME con la stipula del contratto de quo ha fatto esplicito ed esclusivo riferimento al tenore letterale dell’art. 1 lett. del contratto di agenzia, sposando erroneamente la posizione avversaria che ha interpretato l’art. 5 del contratto collegandolo alla interpretazione del citato articolo 1, ritenendo cioè che tale compenso fosse correlato all’inizio dell’incarico così conferito.
Ciò costituiva un ‘ evidente violazione delle regole interpretative del contratto, essendosi la Corte fermata alla lettera
dell’articolo in questione senza svolgere come dovuto un’indagine sull’intero testo negoziale e senza andare a ricercare l’effettiva volontà dei contraenti ex art. 1362 c.c. Sulla base del detto esame se la Corte avesse osservato un’interpretazione complessiva ex art. 1363 c.c. avrebbe dovuto valutare gli articoli 4, 5, 6, 7, 8, 10 ed avrebbe senza dubbio condotto ad una individuazione della prestazione posta a carico dell’agente da parte del contratto diversa e in alcun modo equipollente a quella che nella sentenza impugnata si afferma svolta dalla signora COGNOME ed avrebbe dovuto essere dichiarato il suo inadempimento contrattuale per tutto il periodo di vigenza del rapporto con conseguente applicazione della penale prevista dall’articolo 10 C4; in ogni caso, se pure l’attività che il giudice riteneva accertata poteva integrare il compito di promozione determinato dall’art. 1 dell’accordo esso non avrebbe comunque dovuto condurre al riconoscimento del fisso mensile previsto dall’art. 5, comma 1, perché tale previsione andava interpretata in relazione al disposto dell’art. 6 e di quello dell’art. 5, comma 2, i quali escludevano espressamente che l’attività di ricerca di contatto con i comuni fosse sufficiente ad integrare l’attività minima richiesta per il riconoscimento del fisso mensile con conseguente rigetto della domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta.
2.- Il motivo di ricorso è infondato perché la censura sollevata si sovrappone all’interpretazione letterale e sistematica adottata dalla Corte sul combinato disposto degli artt. 1 e 5 del contratto da cui si evinceva che il compenso fisso mensile fosse correlato all’inizio dello svolgimento dell’incarico di promuovere la conclusione di contratti di sponsorizzazione e vendita di spazi pubblicitari .
3.- La Corte d’appello ha sostenuto in proposito che, al
contrario di quanto affermato dall’appellante, il compenso fisso non era subordinato all’inizio dell’attività di vendita. La lettura del contratto di collaborazione continuativa stipulato dalle parti il 4/11/2019 confermava, come correttamente osservato dal tribunale, che l’incarico conferito dalla società ad Andreucci fosse quello di promuovere la conclusione di contratti di sponsorizzazione e vendita di spazi pubblicitari su pubblicazioni e/o su supporti multimediali editi dalla preponente. Dalla lettura del combinato disposto degli artt. 1 e 5 del contratto stesso si evinceva poi che il compenso fisso mensile pari ad € 1000 fosse correlato all’inizio dello svolgimento dell’incarico così come conferito.
La lettura della ulteriore documentazione prodotta confermava, inoltre, che COGNOME aveva posto in essere sia l’attività di promozione richiesta, contattando diversi sindaci ed amministratori dei comuni della zona a lei assegnata, sia l’attività di rendiconto dell’attività svolta; e la documentazione prodotta escludeva che COGNOME avesse solo simulato un’attività mai effettuata come invece assumeva l’appellante; escludendosi comunque la sussistenza di un inadempimento grave in grado di legittimare ex articolo 1455 c.c. la risoluzione per inadempimento del contratto richiesta; come peraltro emergeva pure dalla lettura delle e-mails intercorse tra le parti nelle quali la società si era lamentata, più che dell’attività promozionale di NOME COGNOME, della condotta tenuta in relazione alla mancata conclusione dei contratti proposti dai Comuni interpellati.
Risultava, in altri termini, che la società nel corso del rapporto non avesse contestato l’insussistenza dell’attività promozionale richiesta ad COGNOME, intendendo anzi superare con la prosecuzione del rapporto di lavoro, le prime dimissioni presentate da COGNOME.
4.- La lettura della vicenda contrattuale e la conclusione presa dalla Corte di merito appare quindi fondata sulla interpretazione degli atti processuali ed è argomentata in modo congruo ed esaustivo. Non risulta inoltre che siano violati criteri di ermeneutica contrattuale: anzi sul punto il ricorso è meramente assertivo. Sia perché la lettura del contratto, la sua interpretazione sistematica, il comportamento successivo della parti e la documentazione prodotto sorreggono le conclusioni plausibili assunti dalla Corte di merito. Sia perché nel caso in esame la ricorrente non censura realmente una errata applicazione dei criteri interpretativi negoziali previsti dalla legge, quanto piuttosto il risultato dell’attività ermeneutica in quanto tale , siccome non rispondente a quello desiderato dalla parte e tale censura non può essere sollevata in questa sede di legittimità.
Come noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006); tali valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazione dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000).
Nella specie, al cospetto dell’approdo esegetico cui è pervenuta la Corte distrettuale – peraltro in un caso di doppia conforme – la parte ricorrente, nella sostanza, si limita a
rivendicare un’alternativa interpretazione più favorevole; ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo negoziale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di un testo negoziale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 10131 e 18735 del 2006).
Pertanto, alla stregua delle premesse il ricorso de quo va rigettato.
Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della parte controricorrente, con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME antistatario; segue altresì il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26.3.2025
Il presidente
Dott. NOME COGNOME