Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20677 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20677 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13825/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentat a e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
REGIONE MARCHE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE CODICE_FISCALE procura speciale allegata alla memoria di nomina di nuovo difensore
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1348/2019 depositata il 17/09/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto ingiuntivo n. 526/10 emesso il 22 ottobre 2010, il Tribunale di Ancona ingiungeva alla Regione Marche il pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE liquidazione – (di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE) della somma di euro 79.424,85, oltre interessi legali e spese, quale rimborso a saldo delle spese sostenute da RAGIONE_SOCIALE per l’effettuazione di un progetto di specializzazione finanziato con fondi comunitari.
La Regione Marche si opponeva al decreto ingiuntivo al fine di ottenerne la revoca, pur riconoscendosi debitore di euro 23.886,00 corrispondenti alla somma dalle quietanze presentate da RAGIONE_SOCIALE in sede di rendiconto al netto dell’anticipo ricevuto, e chiedeva in via riconvenzionale la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 137.318,80 per un credito vantato dalla Regione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per acconti erogati e non rendicontati relativi ad altri due corsi di specializzazione. RAGIONE_SOCIALE chiedeva in via riconvenzionale il riconoscimento di un credito di euro 160.000,00 per spese sostenute con riferimento al corso IFTS Scheda 21 ‘Tecnico superiore dell’innovazione tecnologica’ e il pagamento da parte di Regione di euro 32.000, quale differenza rispetto al credito vantato dalla Regione (euro 137,318,80) ridotto di euro 9.318,80 in relazione a un credito per il quale pendeva un diverso giudizio presso il Tribunale di Ancona.
Con sentenza n. 917/2014 del 28 luglio 2014, il Tribunale di Ancona revocava il decreto ingiuntivo n. 526/2010, accoglieva la domanda riconvenzionale della Regione Marche con conseguente
condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 104.114,00 e respingeva la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la condanna dell’Ente al pagamento di €20.680,40.
Con sentenza n. 1348/2019, depositata il 17 settembre 2019, la Corte di Appello di Ancona rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la citata sentenza del Tribunale. La Corte di merito rilevava, quanto alla convenzione conclusa tra le parti il 7 -10 -2003, che il finanziamento era regolamentato secondo quanto disposto dall’art.8 lett. B) della citata convenzione, in quanto RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto un solo acconto pari al 50% della sovvenzione, sicché era tenuto alla presentazione del rendiconto assistito dalle quietanze per le spese relative a tutto l’importo del finanziamento, mentre dette quietanze non erano state prodotte.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo e resistito con controricorso dalla Regione Marche.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente denuncia, con unico articolato motivo, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369 e 1453 cod. civ. e dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, per avere il giudice di merito violato i canoni legali di ermeneutica contrattuale, e in particolare il principio dell’interpretazione funzionale (art. 1369 cod. civ.) e secondo buona fede oggettiva del contratto (art. 1366 cod. civ.), specie con riferimento agli artt. 6 e 8 della convenzione stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e Regione Marche in data 15 marzo 2005 e relativa ai corsi schede 285, 293 e 83. La ricorrente lamenta che la Corte di Appello si sarebbe limitata a recepire in
maniera apodittica le conclusioni del giudice di prime cure, secondo le quali, nonostante l’avvenuta presentazione di apposita rendicontazione delle spese sostenute nell’erogazione delle prestazioni oggetto della convenzione, la mancata presentazione dell’atto di quietanza dovesse considerarsi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, comma 3 e 8, della convenzione, un grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, idoneo a inibire la richiesta delle somme non ancora percepite e a fondare la richiesta di Regione Marche di restituzione delle somme già erogate e non rendicontate. Richiama il tenore dell’art.6, comma 3, della convenzione e deduce che avrebbe potuto produrre le quietanze entro 30 giorni dall’incasso del saldo.
Il motivo è inammissibile.
2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. 9461/2021; Cass. 25728/2013).
2.2. Nella specie, la censura è diretta a prospettare una diversa interpretazione, favorevole al ricorrente, della convenzione oggetto di causa, mediante la mera riproposizione delle argomentazioni svolte nei giudizi di merito, senza che sia espressa una critica
compiuta e pertinente al ragionamento decisorio della Corte d ‘appello .
Secondo la interpretazione della convenzione stipulata tra le parti, resa dalla Corte territoriale, la produzione di quietanze entro 30 giorni dall’incasso del saldo si riferiva alla diversa ipotesi in cui la richiesta di acconto fosse avvenuta secondo le modalità di cui all’art.8 lett. A), mentre nella specie – per le ragioni indicate nella sentenza impugnata – il pagamento delle somme dovute dalla Regione è avvenuta secondo le modalità di cui all’art.8 lett. B), che richiedeva la produzione -non effettuata da RAGIONE_SOCIALE – delle quietanze a copertura della rendicontazione relativa a tutto l’importo del finanziamento.
Questa ratio decidendi non risulta compiutamente censurata, poiché la ricorrente si è limitata ad affermare che la motivazione della sentenza della Corte d’appello è apodittica e a ribadire le proprie argomentazioni, rigettate nei due gradi di merito (Cass. 19989/2017), continuando a sostenere, in contrasto con quanto accertato, con congrua motivazione, dalla Corte territoriale in ordine alla volontà delle parti, che ‘ per il chiaro disposto di cui ai citati articoli 6 ed 8 della Convenzione l’obbligo di produzione delle quietanze comprovanti l’avvenuto pagamento delle spese rendicontate sorge unicamente all’esito dell’avvenuta erogazione del saldo da parte della Regione’ (così anche nella memoria del ricorrente) .
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024.