Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8832 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
Oggetto
ASSICURAZIONE DANNI
Interpretazione del contratto – Totale pretermissione di parte del testo contrattuale Violazione dell’art. 1362 c.c.
R.G.N. 287/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/11/2023
sul ricorso 287-2021 proposto da:
Adunanza camerale
COGNOME NOME , domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
ASSICURATORI RAGIONE_SOCIALE , in persona della procuratrice speciale, AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME, domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore , rappresentati e difesi dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 5310/20 del la Corte d’appello d i Roma, depositata il 28/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 16/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 5310/20, del 28 ottobre 2020, della Corte d’appello di Roma, che respingendone il gravame avverso la sentenza n. 1106/16, del 20 gennaio 2016, del Tribunale di Roma -ha rigettato la domanda di liquidazione dell’indennizzo assicurativo, proposta dal COGNOME nei confronti degli Assicuratori del RAGIONE_SOCIALE (di seguito, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) con cui aveva stipulato una polizza assicurativa, in relazione al furto della propria autovettura, nella notte tra il 29 e il 30 novembre 2012, allorché la stessa risultava parcheggiata in una pubblica via della Capitale.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver adito l’autorità giudiziaria, a fronte del rifiuto dei RAGIONE_SOCIALE a procedere alla liquidazione dell’indennizzo, richiesto dal COGNOME in forza di quanto previsto dal contratto sottoscritto il 23 dicembre 2011, che garantiva l’assi curato anche dal rischio del furto del veicolo.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda, con decisione confermata da quello di appello. Esso, in particolare, riteneva che -a prescindere dalla circostanza (che nel luogo previsto in contratto per il ricovero notturno dell’auto, e cioè in INDIRIZZO in Roma, non vi era, in realtà, alcun garage) invocata dall’assicuratore anche in sede stragiudiziale per rifiutare, a norma dell’art. 1892 cod. civ., il pagamento dell’indennizzo dirimente era la circostanza che, in occasione del furto, la vettura era stata parcheggiata sulla pubblica via. Evenienza, questa, che era ritenuta aver fatto ‘venir meno l’obbligo di indennizzo’ assunto dalla compagnia assicuratrice, ‘avendo quest’ultima
stipulato il contratto e stabilito il relativo premio a condizione che l’auto fosse ricoverata nelle ore notturne in un garage privato’.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -nullità della sentenza per violazione degli artt. 1322, 1372 e 1882 cod. civ. e delle condizioni di polizza, censurando la sentenza impugnata per non aver esaminato la clausola a pagina 20 delle condizioni di polizza.
Evidenzia il ricorrente che, alla predetta pagina 20 delle condizioni di polizza, il contratto corrente tra le parti ha espressamente regolato anche il caso del furto avvenuto sulla pubblica via, nelle ore notturne in cui l’auto , viceversa, avrebbe dovuto essere ricoverata in autorimessa. In particolare, vi si era stabilito che gli assicuratori -sempre che il parcheggio risulti eseguito oltre 500 metri dal garage presso il quale la vettura andava ricoverata -‘si impegna no a risarcire i danni relativi alla Sezione Incendio e Furto del presente documento, fermo restando lo scoperto ed il minimo scoperto indicato nel modulo di polizza ‘ .
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -nullità della sentenza per falsa applicazione degli artt. 1882 e 2697 cod. civ., ‘in relazione al mero errore di indirizzo del garage’, assumendo che esso ‘non ha inciso sulla form azione del consenso e sull’assunzione del rischio’.
Il ricorrente, sebbene si mostri consapevole del fatto che la sentenza impugnata ha rigettato il gravame senza attribuire alcun rilievo all’inesattezza presente nella comunicazione con cui egli
aveva indicato il luogo di ricovero notturno dell’autovettura in un (inesistente) autosilo in INDIRIZZO, evidenzia come la Corte territoriale abbia, comunque, ‘ritenuto legittimo l’operato del Tribunale’ : e ciò nella parte in cui ha affermato che il primo giudice ‘si sarebbe attenuto al principio richiamato da un precedente giurisprudenziale’, secondo cui l’indennizzo non sarebbe stato, in ogni caso, dovuto, ‘perché l’assicurato aveva reso dichiarazioni inesatte e reticenti’.
Questa conclusione, tuttavia, si scontrerebbe ‘con la corretta applicazione dell’art. 1892 cod. civ. (unitamente anche all’art. 2967 cod. civ. di regolamentazione dell’onere della prova)’, giacché per l’applicazione della prima di tali norme si richiede ‘c he l’assicurato abbia agito con dolo o colpa grave’ e, inoltre, ‘che la stessa inesatta dichiarazione sia stata comunque determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore’, peraltro onerato dal doverlo dimostrare.
Nel caso di specie, per contro, difetterebbero entrambi i presupposti.
In primo luogo, perché la credenza, di esso COGNOME, che il garage ove egli ricoverava di notte l’auto fosse sito nella ‘più nota INDIRIZZO‘ (della quale INDIRIZZO, ove è sito l’autosilo in questione, costituisce la mera prosecuzione) non può ritenersi ‘condotta gravemente colposa’.
In secondo luogo, poiché, nella specie, la sentenza impugnata non ha motivato per quale ragione l’indicazione dell’indirizzo dell’autosilo, rivelatasi inesatta, avrebbe inciso in modo determinante sulla formazione del consenso dell’assicuratore : e ciò specie se si consideri che il rifiuto del pagamento dell’indennizzo, a norma dell’art. 1892 cod. civ., richiede che ‘la dichiarazione falsa o reticente sia di tale natura che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non l’avrebbe dato alle me desime condizioni se avesse conosciuto l’esatta o completa
verità’, ciò che si verifica solo quando si tratta ‘di informazioni che aumentano o riducono l’alea’ del contratto.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. -nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata per non aver ‘rettamente considerato gli elementi non contestati radicatisi dinanzi al giudice di merito’, ovvero ‘l’evento furto’ (come risultante dalla denuncia presentata all’autorità di pubblica sicurezza), nonché ‘il r icovero nel garage’, e ciò perché la compagnia di assicurazione si è ‘limitata a dedurre una condotta asseritamente colposa’ dell’assicurato, per ‘non aver correttamente indicato l’indirizzo del garage’.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, i RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va accolto, sebbene nei termini di seguito meglio precisati.
8.1. Il primo motivo è fondato, giacché il contratto -a differenza di quanto ritenuto dalla Corte capitolina, che ha totalmente obliterato tale dato testuale -contemplava specificamente (a pagina 20 delle condizioni di polizza) l’ipotesi del parcheggio del veicolo fuori del luogo del ricovero notturno, prevedendo, anche per essa, il pagamento dell’indennizzo , sebbene subordinandolo a specifiche condizioni.
Al riguardo, pertanto, deve ribadirsi che, se ‘ l ‘ accertamento della volontà contrattuale in relazione al contenuto di un negozio si traduce in un ‘ indagine di fatto, demandata all ‘ apprezzamento del giudice di merito, che non è sindacabile in sede di legittimità se condotta secondo le norme di ermeneutica dettate dalla legge e se l ‘ interpretazione adottata sia giustificata da motivazione adeguata ed immune da vizi ‘, resta però pur sempre inteso che tali principi ‘ non autorizzano il giudice di merito che, nell ‘ indagine volta ad accertare la comune intenzione delle parti, reputi sufficiente limitarsi al senso letterale delle parole, a leggere parzialmente il testo della clausola da interpretare ‘ , né dunque, a maggior ragione, a compiere una lettura parziale dell’intero contratto, omettendone talune sue parti, ‘ perché il «senso letterale delle parole» può essere apprezzato solo prendendo in esame le pattuizioni nella loro interezza ‘, giacché ‘ solo una lettura completa è il presupposto di una corretta comprensione del significato letterale della convenzione e, suo tramite, della comune intenzione delle parti ‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 8 febbraio 2021, n. 2945, Rv. 660505-01).
Il primo motivo, pertanto, va accolto, non essendo di ostacolo a tale esito la constatazione che il ricorrente denunci, attraverso di esso, la violazione degli artt. 1322, 1372 e 1882 cod. civ., e non di norme sull’ermeneutica contrattuale.
Deve, infatti, in proposito rammentarsi il principio secondo cui l’onere della specificità del motivo, ex art. 366, comma 1, n. 4)
cod. proc. civ., ‘secondo cui il ricorso deve indicare «i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano»’ , non deve ‘essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione dell’ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione degli articoli, codicistici o di altri testi normativi (nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali), comportando invece l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo d’impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360’ citato (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sentenza 24 luglio 2013, n. 17931, Rv. 627268-01).
Nel caso di specie, riguardato il presente motivo di ricorso secondo tale ‘ modus operandi ‘, non può dubitarsi del fatto che ‘la volontà dell’impugnante’, così come ‘esposta nel mezzo d’impugnazione’, sia consista nella deduzione di ‘un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente’ riconducibile al la violazione dell’art. 1362 cod. civ., essendosi denunciata un’errata ricostruzione della comune intenzione delle parti a cagione d ell’incompleta o meglio, mutilata -individuazione della lettera delle pattuizioni negoziali.
8.2. I restanti motivi restano assorbiti dall’accoglimento del primo.
In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione sul