Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13799 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13799 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11519-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 312/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 31/10/2018 R.G.N. 170/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
R.G.N. 11519/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Caltanissetta confermava la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE di rigetto della domanda di NOME COGNOME di accertamento dell’illegittimità del demansionamento subito attraverso la modifica del proprio contratto di lavoro (asseritamente avvenuto in corrispondenza della cessione del ramo d’azienda e del conseguente passaggio dalle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE) e di condanna al pagamento delle differenze retributive e dei danni a vario titolo subiti;
la Corte territoriale, per quanto qui rileva, escludeva la sussistenza del demansionamento lamentato dal ricorrente, rilevando che l’indicazione nel contratto di lavoro stipulato dal lavoratore e da COGNOME (immediatamente prima del passaggio a RAGIONE_SOCIALE) dello svolgimento di mansioni di tecnico di laboratorio era frutto di un errore materiale (evidente e riconoscibile), avendo in realtà le parti concordato l’attribuzione delle mansioni di operatore di processo addetto all’impianto, ed essendo state tali mansioni svolte dall’inizio del rapporto;
avverso la sentenza d’appello ricorre il lavoratore con un motivo; resistono le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con controricorso congiunto; entrambe le parti hanno depositato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione degli artt. 2103 e 2113 c.c. e falsa applicazione degli artt. 1423 e 1429 c.c., per
avere la Corte territoriale escluso il demansionamento operato da parte datoriale con il contratto di lavoro del 19.3.2009, che sostituiva il contratto del 22.1.2009, giustificando il mutamento di mansioni sulla base della reale intenzione della società, non considerando che sarebbe stato necessario seguire la procedura indicata dall’art. 2103 c.c.;
2. il motivo risulta inammissibile;
secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di interpretazione del contratto, tale attività, traducendosi in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito; tale operazione consta di due fasi, delle quali la prima, consistente nella ricerca e nell’individuazione della comune volontà dei contraenti, quale tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, è sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c., mentre la seconda, concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente, si risolve nell’applicazione di norme giuridiche se ne è allegata e provata la riferibilità al contratto e al relativo contenuto, potendo formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento all’individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (cfr. Cass. n. 10745/2022, n. 3115/2021);
si è precisato che il comportamento complessivo delle parti non costituisce un canone sussidiario, ma un parametro necessario e indefettibile, essendo le disposizioni degli artt. 1362, comma 1, 1363 e 1362, comma 2, c.c., fondate sulla stessa logica che, esprimendo l’intrinseca insufficienza della
singola parola e del suo formale significato, prescrive la più ampia dilatazione degli elementi di interpretazione; tuttavia, la censura in sede di legittimità dell’interpretazione di una clausola contrattuale offerta dal giudice di merito impone al ricorrente l’onere di fornire, con formale autosufficienza, gli elementi alla complessiva unitarietà del testo e del comportamento non adeguatamente considerati dal giudice di merito, nella loro materiale consistenza e nella loro processuale rilevanza (cfr. Cass. n. 34687/2023);
nel caso di specie, i giudici di merito hanno accertato, attraverso un corretto utilizzo dei canoni di ermeneutica contrattuale, che, nel contratto di lavoro in discussione, l’iniziale assegnazione del ricorrente alle mansioni di tecnico di laboratorio era stata frutto di un mero errore materiale, dovuto al riferimento alle mansioni che svolgeva il padre dell’odierno ricorrente presso la società convenuta, essendo, in realtà, pacifica tra le parti l’adibizione alle mansioni di operatore di processo addetto all’impianto; tant’è che la Corte d’Appello ha osservato che fu la stessa società RAGIONE_SOCIALE a sollevare il problema della non corretta indicazione dell’inquadramento nel contratto, nella relativa immediatezza dell’inizio del rapporto, attraverso apposita comunicazione in data 12.3.2009, sottoscritta dal lavoratore senza contestarne il contenuto per alcuni anni;
tanto premesso, le doglianze del lavoratore non colgono la ratio decidendi della pronuncia impugnata; infatti, il ricorso insiste da un lato nel contestare la reale volontà delle parti come ricostruita dai giudici di merito, sconfinando in una richiesta di rivalutazione dei fatti; dall’altro lato, nell’affermare la nullità del contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE avendo parte datoriale assegnato il lavoratore a mansioni inferiori senza seguire la procedura indicata dall’art. 2103 c.c., non fornisce elementi utili a dimostrare la violazione dei principi di ermeneutica contrattuale;
osservato che le censure di parte ricorrente tendono, inammissibilmente, a ottenere una rivisitazione del fatto, va ribadito che l’interpretazione degli atti negoziali – che è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi – va condotta sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, e cioè il senso letterale delle espressioni usate e la ratio del precetto contrattuale, nell’ambito non già di una priorità di uno dei due criteri, ma in quello di un razionale gradualismo dei mezzi d’interpretazione, i quali debbono fondersi ed armonizzarsi nell’apprezzamento dell’atto negoziale (cfr. Cass. n. 701/2021; n. 11666/2022);
in questo senso, deve altresì darsi conto dell’evoluzione dell’orientamento circa la gerarchia dei criteri ermeneutici: secondo gli approdi più recenti della giurisprudenza di legittimità, in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, pur assumendo funzione fondamentale nella ricerca della effettiva volontà delle parti, deve invero essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, di quelli dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c., avuto riguardo allo “scopo pratico” perseguito dalle parti con la stipulazione del contatto, e quindi della relativa “causa concreta” (Cass. n. 34795/2021, n. 33425/2022);
non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado, in quanto il controricorso, pur regolarmente notificato, è stato depositato tardivamente, in violazione dell’art. 370 c.p.c., con conseguente inammissibilità del controricorso tardivo e delle memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; infatti, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c.,
norma che, ai fini della tempestività del controricorso, prevede il rispetto del duplice termine di legge per la notifica (comma 1) e per il deposito dell’atto notificato (comma 3); rimangono a carico della parte inosservante delle regole del rito le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che, venuta a mancare tale udienza, alcuna attività difensiva è più consentita (cfr. Cass. n. 23921/2020);
10. stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r . n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 26 marzo 2024.