Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1461 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19016/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE ROMA INDIRIZZO(GIÀ ROMA E), elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6833/2019 depositata il 11/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE aveva adito il Tribunale di Roma convenendo in giudizio la ASL Roma E, per ottenerne la condanna al pagamento del residuo dovuto per le prestazioni eseguite nel periodo 1.5.2001/30.6.2006, pari a € 577.321,25; l’attrice aveva premesso di aver gestito l’omonima casa di cura per lungodegenti convenzionata, che era stata riconvertita in RSA con il parere favorevole della ASL; i posti residenziali disponibili sarebbero stati infine 80 ma sarebbero stati necessari lavori di ristrutturazione, nel corso dei quali i posti residenziali utilizzabili sarebbero stati inizialmente al di sotto di 60, con graduale estensione a 68; le fasce tariffarie per le prestazioni delle RSA erano tre, a seconda della disponibilità fino a 60, fino a 80 o fino a 120 posti letto, e la fascia tariffaria più conveniente era la prima; secondo l’attrice la tariffa applicabile alle prestazioni rese nell’arco di tempo indicato era quella prevista per RSA autorizzate fino a 60 posti letto e non quella -inferiore e in concreto applicata dalla ASL- per strutture autorizzate per posti letto da 61 a 80.
Si era ritualmente costituita la ASL Roma E chiedendo l’integrale rigetto della domanda proposta, sul presupposto che fosse da ritenere corretta l’applicazione della tariffa prevista per le RSA autorizzate per 80 posti letto per tutto il periodo in contestazione.
3. Il Tribunale di Roma aveva pronunciato sentenza non definitiva con la quale, in parziale accoglimento della domanda, aveva ritenuto che la tariffa applicabile alle prestazioni rese dalla struttura fosse quella da riconoscere alle RSA autorizzate per 60 posti letto
nei periodi 3.8.2002-18.12.2002 e 5.6.2004/30.9.2006, mentre per i periodi 1.5.2001/2.8.2002 e 19.12.2002/4.6.2006 la retribuzione operata dalla ASL fosse da considerare corretta; aveva quindi disposto la prosecuzione del giudizio per operare la quantificazione del dovuto attraverso la disposizione di una CTU.
3.1. L’individuazione delle tariffe applicabili per il periodo in contestazione era stata operata dal Tribunale sulla base delle seguenti considerazioni: -era previsto nel progetto di trasformazione in RSA della struttura autorizzato dalla ASL con nota del 2.8.2002, che avrebbe appunto comportato la messa a disposizione di 80 posti letto residenziali, che durante i lavori di ristrutturazione sarebbe stato consentito l’accesso ad un numero di residenti inferiore, a partire da 56 posti con aumento graduale degli stessi fino a 68; poiché il progetto era stato approvato dalla ASL, con la nota richiamata confermata da documenti successivi, la tariffa di riferimento per il periodo in cui la capienza sarebbe stata limitata a 56 posti sarebbe stata quella di prima fascia (numero di posti letto non superiore a 60); -i posti fruibili erano stati aumentati a 68 con la nota del 19.12.2003 e nuovamente ridotti a 60 con la nota del 4.6.2004; verificata l’effettiva ultimazione dei lavori, con nota del 26.9.2006, era iniziato il graduale aumento dei posti fino al raggiungimento di 80; -con la delibera della Giunta Regionale Lazio n.1182 del 9.3.99, volta a superare le difficoltà sorte nella determinazione dell’entità della diaria per la quota riservata agli assistiti nelle strutture intermedie rispetto alle tre classi previste, erano state previste delle tariffe differenziate per dette fasce : non era condivisibile, per il Tribunale, l’assunto della struttura attrice secondo cui queste tariffe fossero
applicabili solo per il 1999 quanto alla diaria a carico dei privati e fossero invece applicabili anche per gli anni successivi quanto alla quota a carico del Fondo Sanitario Regionale, atteso che il provvedimento era nato proprio per l’esigenza di regolamentare la diaria, individuando l’importo da porre a carico del privato e a carico del FSR.
RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello avverso la sentenza del Tribunale, insistendo (per quanto ancora qui interessa) per la validità delle tariffe per le strutture intermedie previste nella delibera n.1182/99 anche per gli anni successivi.
Costituitosi ritualmente il contraddittorio -senza proposizione di appello incidentale ad opera della ASL Roma E, la Corte d’Appello di Roma aveva respinto l’impugnazione per le ragioni che (per quanto ancora di interesse) si riportano, in sintesi, come segue: -si condivide il decisum del Tribunale quanto alla non applicabilità delle tariffe intermedie previste nella delibera n.1182/1999 oltre il 1999; ‘ Infatti, dal tenore letterale della DGR n.1182/99 e della nota prot. n.953/99 non possono esservi dubbi in ordine al fatto che l’espressione ‘per tutto l’anno 1999’ debba essere riferita sia alla questione della diaria a carico dell’utente, sia a quella dell’individuazione delle fasce entro cui inquadrare i corrispettivi in relazione al numero dei posti letto disponibili. Tale interpretazione peraltro trova ulteriore conferma nell’oggetto della DGR ‘, che è individuato nella ‘ determinazione della diaria giornaliera per le RSA per l’anno 1998, art.25 LR n.1/94. Quota a carico dell’utente per tutto l’anno 1999 ‘; la difficoltà di determinazione della diaria nelle strutture intermedie era stata evidenziata nella delibera n.1182/99 al limitato fine di assimilare le strutture intermedie alla fascia inferiore o superiore (la fascia di 70 veniva assimilata a quella di 60 mentre per i posti tra i 71 e i 100 la fascia di riferimento era quella di 80; per le strutture da 101 posti in su il riferimento era l’indicazione dimensionale di 120) ma solo per l’anno 1999 per il
quale era necessario risolvere la questione; -è stato correttamente individuato dal Tribunale il momento iniziale dal quale l’appellante poteva pretendere il maggior corrispettivo nel 2.8.2002 e non nel 1.5.2001; solo il 2.8.2002 la Casa RAGIONE_SOCIALE era stata autorizzata alla trasformazione in RSA con una disponibilità di 80 posti letto (che sarebbe stata raggiunta secondo con le modalità descritte sopra).
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma affidandolo a due motivi:
I) si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art.360 co 1 n.4 c.p.c. per inosservanza e difetto di applicazione dell’art.115 c.p.c. e per l’omessa motivazione a sostegno della mancata valutazione della prova documentale prodotta in appello nella parte in cui, decidendo sul primo motivo di appello, ha rigettato il gravame confermando l’erronea interpretazione della DGR n.1182/1999 della Regione Lazio:
la Corte d’Appello, così come già il Giudice di primo grado, avrebbe errato nell’interpretare la DGR n.1182/1999, limitandone ingiustificatamente l’ambito di efficacia all’anno 1999, oltre che per la determinazione della diaria a carico del degente effettivamente riferita al solo anno indicato, anche per la riclassificazione delle strutture in base ai posti letto, operante invece anche per gli anni successivi. Non potrebbe trovare applicazione il disposto dell’art.348 ter u. c. c.p.c., perché detta norma non opererebbe quando l’attività istruttoria sia del tutto mancata e, come chiarito nelle note ex art.190 c.p.c., depositate il 15.9.2017 e il 5.10.2017 ma non esaminate dalla Corte di merito, la ASL avrebbe svolto contestazioni del tutto generiche, senza prendere posizione precisa in ordine ‘ ai fatti, ed ai documenti, posti a sostegno della domanda, con la conseguenza che ‘gli stessi devono considerarsi come pacifici sicchè l’attore è esonerato da qualsiasi prova al riguardo’ (…). Con l’atto di appello, poi, questa difesa ribadiva che
il provvedimento della regione Lazio disciplinava due diverse fattispecie ‘, l’una consistente nella diaria a carico dell’utente per il 1999, l’altra riguardante le situazioni dimensionali intermedie rispetto alle tre classi previste ai fini della quantificazione del corrispettivo. ‘ A confutazione dell’eccezione di controparte, che -si ripete- mai aveva svolto contestazioni al riguardo, tenuto conto che la sentenza di primo grado aveva aderito alla tesi tardivamente esposta dalla ASL, con l’atto di citazione in appello ‘ la ricorrente aveva prodotto la documentazione ‘ attestante la procedura di richiesta di ingresso del paziente in RSA seguita fino al 2006, attraverso la modulistica di provenienza ASL che riporta esattamente la classificazione dimensionale delle strutture come individuata dalla citata delibera 1882/99 ‘; questa documentazione si deve considerare legittimamente prodotta in appello, ex art.345 c.p.c., perché indispensabile alla luce delle argomentazioni poste dal Tribunale a base della decisione, non è stata contestata dalla controparte e avrebbe dovuto essere valutata a fini probatori dalla Corte.
II) si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art.360 co 1 n.4 c.p.c. per inosservanza e difetto di applicazione dell’art.233 c.p.c. e per l’omessa pronuncia sul deferimento del giuramento decisorio nella parte in cui, decidendo sul primo motivo di appello, ha rigettato il gravame confermando l’erronea interpretazione della DGR n.1182/1999 della Regione Lazio:
la ricorrente aveva ritualmente deferito giuramento decisorio su due circostanze [da sottoporre al commissario straordinario dell’Azienda: 1) Giuro e girando affermo o nego essere vero che, quantomeno fino a tutti l’anno 2006, alle strutture di RSA operanti nel territorio regionale, è stata applicata dalla ASL RM E la classificazione introdotta dalla DGR 1182/1999 della Regione Lazio, la quel prevede -per le strutture di dimensione intermedia rispetto alle tre classi previste (RSA di 60-80-120 posti letto)- di fare
riferimento alla classificazione indicata dal Cresa, ritenendo che le strutture aventi fino a 70 posti letto debbano essere assimilate all’indicazione dimensionale di quelle con 60 posti letto ? 2) Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, quantomeno fino a tutto l’anno 2006, la ASL RM E ha quantificato i corrispettivi versati alle RSA aventi fino a 70 posti letto in misura pari a quelli previsti per le RSA aventi fino a 60 posti letto? ]. In proposito, la Corte ha omesso qualsiasi valutazione.
La ASL Roma 1 -già ASL Roma E- ha depositato controricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In relazione al primo motivo di ricorso proposto si osserva quanto segue.
9.1. La ricorrente costruisce il motivo sub iudice prospettando la violazione degli art.115 e 132 co 2 n.4 c.p.c., assunta rilevante ex art.360 co 1 n.4 c.p.c.
Il riferimento alla prospettata violazione, da parte del Giudice d’Appello, del disposto dell’art.115 c.p.c. viene correlato, da una parte, alla teorizzata mancata valorizzazione dell’atteggiamento difensivo della controparte, che avrebbe sollevato contestazioni del tutto generiche senza prendere specifica posizione in relazione ai fatti e ai documenti posti da Santa RAGIONE_SOCIALE a fondamento della domanda, dall’altra all’omessa considerazione dei documenti, indispensabili ai fini della decisione e quindi ammissibili ex art.345 c.p.c. (nel testo vigente all’epoca di introduzione del processo in primo grado), prodotti dalla RSA nel giudizio di appello a causa dell’articolazione in diritto della motivazione del Tribunale, sovrapponibile alla tesi interpretativa della ASL.
L’omessa valutazione dell’ammissibilità dei documenti prodotti in appello, ex art.345 c.p.c., costituirebbe anche un vulnus della
sentenza ricorsa, rilevante ex art.132 co 2 n.4 c.p.c. come omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il risultato delle criticità attribuite dalla ricorrente all’operato della Corte d’Appello di Roma sarebbe l’errata interpretazione della DGR n.1182/1999 che, a causa delle evidenziate erroneità e lacune istruttorie, sarebbe stata ingiustificatamente interpretata, attraverso l’esame del solo oggetto senza riferimento al suo integrale senso letterale -e quindi travisandone il contenuto-, come limitata all’anno 1999 anche per la riclassificazione delle strutture residenziali di dimensioni intermedie ai fini dell’individuazione delle tariffe da riconoscere loro.
9.2. Le considerazioni svolte dalla ricorrente a supporto del motivo in esame non sono condivisibili.
Prima di tutto, l’assenza di pronuncia sulle istanze istruttorie non può costituire un’omissione rilevante ex art.132 co 2 n.4 e 360 co 1 n.4 c.p.c. Secondo l’orientamento interpretativo consolidato di questa Corte ‘ Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione ‘ -così, tra le tante, Cass. n.13716/2016-, nei limiti in cui il vizio di motivazione può essere sindacato in sede di legittimità; per le stesse ragioni che sorreggono il principio richiamato, l’omessa pronuncia sulle istanze istruttorie non può costituire un vulnus della motivazione della sentenza tale da comportarne la nullità per violazione dell’art.132 co 2 n.4 c.p.c., poiché la motivazione alla quale fa riferimento detta disposizione riguarda, più propriamente, l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e cioè il supporto motivazionale che rispetti il minimo costituzionale e che
permetta la verifica dell’effettiva valutazione di tutte le domande ed eccezioni proposte dalle parti, costituenti il thema decidendum.
Il vizio di omessa motivazione che può essere integrato, ricorrendone i presupposti, anche dall’omessa pronuncia sulle istanze istruttorie, rientra più propriamente nell’ambito di operatività dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ -così Cass. n.27751/2024-.
Occorre ancora osservare che ‘ Il travisamento della prova ‘ -che, pur riferendosi a fatti/fonti appartenenti al processo quale è nello specifico il documento contestato sopra richiamato, si sostanzia nella elaborazione di contenuti informativi non riconducibili in alcun modo alla fonte apparentemente giustificativa, neppure in via indiretta o mediata sempre che tali contenuti informativi abbiano, specularmente interpretati, il carattere della decisività’… per essere censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., postula: a) che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (“demonstrandum”), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima (“demonstratum”), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; b) che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio; c) che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal
giudice di merito; d) che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di possibilità, ma di assoluta certezza ‘ -così Cass. n.9507/2023-.
L’esame dei rilievi critici esposti dalla ricorrente alla luce delle indicazioni che precedono comporta le seguenti considerazioni.
Non è dato comprendere quali siano le circostanze di fatto che ASL non avrebbe contestato con rilevanza ex art.115 c.p.c.: fermo lo svolgimento delle prestazioni per le quali la ricorrente è stata effettivamente remunerata, la questione riguarda la correttezza delle tariffe applicate in relazione ai posti letto per residenti concretamente disponibili, tenuto conto dei provvedimenti amministrativi di riferimento e, in particolare, della DGR n.1182/1999 sulla cui interpretazione si incentrano le critiche della ricorrente.
E’ del resto da escludere che possa essere utilizzato il principio di non contestazione in relazione al contenuto dei documenti prodotti dalle parti: i documenti sono materiale istruttorio che deve essere valutato cfr., per l’individuazione dei limiti di deduzione della violazione dell’art.115 c.p.c. e dell’art.116 c.p.c. come motivo rilevante ex art.360 n.3 c.p.c., nel qual non possono rientrare le attività interpretative e valutative del Giudice giustificate dall’art.116 c.p.c., la sentenza delle SSUU n.29867/2020: ‘ In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c .’ e,
quanto alla possibile doglianza ‘ circa la violazione dell’art. 116 c.p.c.’, essa ‘ è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘. Nessuna delle ipotesi di violazione di legge prospettate dalle SSUU ricorre nel caso di specie-.
Quanto ai documenti prodotti per la prima volta in appello, ex art.345 c.p.c. nel testo vigente all’epoca, la giustificazione offerta della loro produzione, correlata alle considerazioni in diritto esposte in sentenza dal Tribunale di Roma, avrebbe dovuto comportare una adeguata allegazione in questa sede da parte della ricorrente in ordine al fatto che non si era mai discusso nel corso del giudizio di primo grado sull’interpretazione della DRG n.1182/1999 -tempestivamente allegata e quindi presente nel materiale probatorio ritualmente acquisito agli attie sull’ambito temporale della sua applicazione e sul fatto, quindi, che le considerazioni esposte dal primo Giudice per valorizzarla escludendone la portata ai fini decisori siano state totalmente imprevedibili, in modo tale da incidere sulla possibilità per le parti di svolgere compiuta attività di tempestiva allegazione probatoria; sarebbe stato altresì necessario che fosse esplicitato in che modo detti documenti sarebbero
indispensabili perché decisivi ai fini della soluzione della controversia – i documenti di cui si discute sono, come rilevato dalla stessa ricorrente, moduli predisposti dalla ASL per la procedura di richiesta di ingresso del paziente in RSA, affermati in uso fino al 2006, con classificazione dimensionale delle strutture che farebbe riferimento alla delibera richiamata, da cui si dovrebbe desumere l’esistenza quantomeno di una prassi comportante l’applicazione della DRG n.1182/99, nei limiti indicati dalla ricorrente, anche per gli anni successivi al 1999: ma questo, se anche fosse vero, non comporterebbe come conseguenza necessitata l’univocità di interpretazione della DRG richiamata nel senso indicato dall’interessata, a prescindere dal contesto complessivo degli elementi probatori acquisiti al processo, e quindi la valenza autonoma e decisiva delle nuove produzioni-.
Nulla di tutto ciò è avvenuto.
9.3. Nella sostanza quindi quello che la ricorrente vuole ottenere attraverso la proposizione del motivo di ricorso sub iudice è la rivalutazione della DGR n.1182/1999, con una interpretazione della stessa che sia adesiva alla tesi difensiva favorevole alla Santa RAGIONE_SOCIALE e che sia considerata predominante rispetto a tutte le altre emergenze istruttorie: in conclusione, si richiede che la Corte di legittimità svolga attività di esclusiva spettanza dei Giudici di merito, insindacabili in questa sede.
Con il secondo motivo di ricorso Santa RAGIONE_SOCIALE si duole del fatto che la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sul deferimento del giuramento decisorio, in violazione dell’art.233 c.p.c.
Il motivo, che rispetta il principio di autosufficienza -cfr. Cass. 12835/2024-, è infondato.
Effettivamente sul giuramento decisorio deferito da Santa RAGIONE_SOCIALE la Corte di merito nulla ha detto: ciò non appare costituire propriamente un’omissione ma piuttosto una valutazione
implicita di non decisorietà, dato che la Corte ha deciso nel merito la controversia respingendo la domanda della deferente.
Ed effettivamente le circostanze oggetto dei capi articolati sono prive di decisorietà con conseguente inammissibilità del mezzo istruttorio richiesto, perché volte a dimostrare come si afferma venisse applicata la DGR 1182/1999 anche dopo il 1999: ma se anche fosse confermato in fatto quanto asserito dalla RSA, ciò non sarebbe dirimente perché sarebbe comunque necessario vagliare il contenuto della DGR ai fini della valutazione di legittimità di detta ipotetica prassi, che cederebbe di fronte ad un testo contrastante con essa, essendo parte del rapporto un soggetto pubblico.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ex art.13 DPR n.115 del 2002, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rimborsare all’Azienda Sanitaria Locale Roma INDIRIZZO -già Roma E- le spese processuali della presente fase di giudizio, che liquida complessivamente nell’importo di € 5.000,00, oltre € 200,00 per anticipazioni e oltre oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione