Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9229 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9229 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 38344 -2019 R.G. proposto da:
NOME -c.f. CODICE_FISCALE -rappresentata e difesa in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
RICORRENTE
nei confronti di
REGIONE CAMPANIA -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore , rappresentata e difesa disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procura speciale a margine del controricorso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso il proprio ufficio di rappresentanza.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 2606/2019 della Corte d’Appello di Napoli,
udita la relazione nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
Con decreto n. 406/2015 il Tribunale di Benevento ingiungeva alla Regione Campania di pagare alla ricorrente, NOME COGNOME, la somma di euro 17.739,84, oltre interessi e spese, quale saldo del contributo di euro 25.198,20 liquidato , giusta l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3322/2003, in favore della medesima istante per i danni sofferti a causa e a seguito dell’alluvione dei giorni 24, 25 e 26 gennaio 2003.
La Regione Campania proponeva opposizione.
Instava per la revoca dell’ingiunzione.
Si costituiva NOME COGNOME.
Instava per il rigetto dell’opposizione.
Con sentenza n. 1519/2016 il tribunale rigettava l’opposizione .
La Regione Campania proponeva appello.
Resisteva NOME COGNOME.
Con sentenza n. 2606/2019 la Corte di Napoli accoglieva il gravame, revocava l’ingiunzione e compensava per intero le spese del doppio grado.
Premetteva la Corte di Napoli che , nel quadro delle previsioni dell’art. 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3322/2003, il c ommissario delegato per l’attuazione degli interventi resi necessari dallo stato di emergenza cagionato dagli eventi alluvionali di fine gennaio 2003 aveva, sulla scorta della propria ordinanza n. 17/2004, con successiva sua ordinanza n. 3/2007 disposto di fissare nella misura de l 35% l’acconto del complessivo importo ammesso a contributo e liquidabile agli aventi diritto, cosicché in tale
misura percentuale era stato all’appellata corrisposta la somma di euro 8.819,37 (cfr. sentenza d’appello, pag g. 4 – 5) .
Indi – la corte – evidenziava che i provvedimenti summenzionati avevano rimesso al commissario la discrezionale determinazione del contributo da erogare ai privati entro il limite dei finanziamenti ottenuti ed entro il limite di euro 30.000,00 per ciascun privato cittadino (cfr. sentenza d’appello, pa g. 5) . E propriamente che il termine ‘acconto’ figurante nel testo dell’ordinanza n. 3322/2003 e poi nelle ordinanze commissariali per nulla era indicativo del diritto a conseguire il saldo -ovvero l’importo di cui all’ingiunzione siccome, giusta la previsione dell’art. 4, 5° co., dell’ordinanza n. 3322/2003, era ‘stato utilizzato solo per indicare che la misura del contributo avrebbe potuto non coprire l’intero danno subito, costituendo anticipazione ‘ (così sentenza d’appel lo, pag. 5) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
La Regione Campania ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia a i sensi dell’a rt. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Napoli nell’interpretazione dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3322/2003 e dell’ordinanza del commissario delegato n. 3/2007.
Deduce che la corte d’appello è incorsa in errore, giacché gli artt. 1, 4 e 5 dell’ordinanza n. 3322/2003 non dettano norme di indirizzo, ma accordano direttamente al c ommissario il potere di erogare contributi entro l’importo massimo di euro 30.000,00, ‘senza limitarlo alla concessione del 35%’ (così ricorso, pag. 7) .
Deduce segnatamente che la corte non ha tenuto conto, in violazione delle regole dell’interpretazione letterale, che l’ordinanza n. 3322/2003 distingue tra acconti, contributi e anticipazioni , sicché ‘anticipazione’ non è da intendere quale sinonimo di ‘acconto’ (cfr. ricorso, pag. 7) .
Deduce segnatamente che la corte non ha tenuto conto della precisa distinzione, tracciata da l tenore letterale dell’ordinanza commissariale n. 3/2007, ‘f ra acconti e importo ammissibile e liquidabile ‘ (così ricorso, pag. 10) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti con riferimento all’ordinanza commissariale n. 17/2004 ed all’ordinanza commissariale n. 3/2007.
Deduce c he la Corte di Napoli non ha tenuto conto dell’allegato n. 1 all’ordinanza n. 17/2004 (cfr. ricorso, pag. 12) ; che il tenore di tale allegato induce ad escludere la necessità di ulteriori provvedimenti in aggiunta all’ordinanza n. 3/2007 (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deduce che la Corte di Napoli non ha tenuto conto degli allegati n. 1 e n. 2 all’ordinanza n. 3/2007; che con l’ordinanza anzidetta il commissario aveva stabilito l’ an , il quantum ed il quomodo del contributo (così ricorso, pag. 14) .
I motivi di ricorso sono evidentemente connessi (ne dà atto la stessa ricorrente: cfr. ricorso, pag. 11) ; il che ne giustifica la disamina contestuale; in
ogni caso, i medesimi mezzi di impugnazione sono destituiti di fondamento e vanno respinti.
Gli esperiti mezzi di impugnazione veicolano una ‘ quaestio ‘ ermeneutica, seppur con riferimento ad atti amministrativi.
Vengono in rilievo, di conseguenza, gli insegnamenti in tema di questa Corte. L ‘ interpretazione d ell’ atto amministrativo a contenuto non normativo -è il caso de quo – risolvendosi nell ‘ accertamento della volontà della P.A., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dettate per l ‘ interpretazione dei contratti (cfr. Cass. sez. un. 25.7.2019, n. 20181; Cass. sez. lav. 23.7.2010, n. 17367) .
L ‘interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi del l’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ovvero per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novello art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. sez. lav. 4.4.2022, n. 10745) .
Né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di le gittimità, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto ma una delle possibili e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili) , non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione
poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131. Cfr. altresì Cass. sez. lav. n. 17367/2010 cit., secondo cui, con riferimento all’interpretazione di un atto amministrativo, l’ individuazione della volontà dell ‘ ente pubblico è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensì allorché esse si rivelino insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica) .
Nel solco delle indicazioni giurisprudenziali testé enunciate l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Napoli è immune da qualsivoglia ‘ anomali a’ suscettibile, giusta la statuizione n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, di acquisire significato in rapporto alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ.
Segnatamente, con riferimento al paradigma della motivazione ‘apparente’ (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) la corte distrettuale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato l’ iter argomentativo della propria decisione ( reasoning ).
Ulteriormente la corte territoriale ha specificato che ‘il diritto alla corresponsione del sarebbe potuto maturare solo ad esito di un nuovo ed ulteriore provvedimento amministrativo del Commissario (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 5) .
Nel solco delle indicazioni giurisprudenziali dapprima enunciate l’interpretazione recepita dalla Corte napoletana, inoltre, è assolutamente ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ossia non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale.
In ogni caso è innegabile che le censure dalla ricorrente addotte si risolvono tout court nella prefigurazione della (asserita) maggior plausibilità della patrocinata antitetica interpretazione (‘le parole (…) future e a qualunque titolo concesse, (…) non potevano che riferirsi a indennizzi non ancora contemplati, e perciò non a quelli già autorizzati dall’O.P.C.M. fino a € 30.000,00, che -proprio perché già stabiliti -non avrebbero potuto essere considerati futuri’ : così ricorso, pagg. 7 – 8 ; ‘nell’ordinanza del 2007 (…) si fa (…) riferimento a un acconto ‘: così ricorso, pag. 13) .
Si tenga conto che si è assunto, per giunta, che l’ omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione del contratto, non costituendo ‘fatto decisivo’ del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (cfr. Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. 8.3.2017, n. 5795) .
La ricorrente, altresì in memoria (cfr. pag. 1) , si duole giacché la Corte partenopea ha ignorato la documentazione prodotta.
E tuttavia l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415; Cass. sez. un. 7.4.2014, n. 8053 (Rv. 629831)).
In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente, Regione Campania, le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
18. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente, NOME COGNOME, a rimborsare alla controricorrente, Regione Campania, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa previdenza come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte