Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22228 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22228 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27799-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 347/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/05/2020 R.G.N. 1031/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N.27799/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/06/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dai lavoratori in epigrafe nei confronti di RAGIONE_SOCIALE volto ad accertare il loro ‘diritto all’inquadramento nell ‘inferiore livello retributivo B3 anziché nel livello B1 assegnato ai ricorrenti dall’azienda all’atto della armonizzazione della classificazione professionale degli ex rami d’azienda conferiti nella società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘;
la Corte territoriale, in estrema sintesi, esaminate le fonti contrattuali collettive disciplinanti l’inquadramento del personale proveniente dai rami aziendali confluiti in RAGIONE_SOCIALE in seguito all’operazione di fusione dei due rami operativi, ha ritenuto d imostrato che ‘l’accordo aziendale di secondo livello del 18.92012 rimanda totalmente all’art. 27 CCNL AF del 20.7.2012 per la classificazione professionale e così anche alla regolamentazione relativa alla progressione orizzontale nelle posizioni retributive previste (B3, B2, B1) che appunto prevede ‘;
ha, quindi, concluso che ‘il criterio di confluenza ai fini della nuova ed armonizzata classificazione del personale della società appellante e secondo le volontà contrattualmente stabilite negli accordi intercorsi, va inteso nell’anzianità di servizio mat urata nella mansione specifica (macchinista) e non invece nell’anzianità totale maturata’, come invece sostenuto dalla società;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con un unico motivo; hanno resistito gli intimati con controricorso;
parte ricorrente ha comunicato memoria;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
col motivo di ricorso si denuncia: ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363, c.c. e 1373 c.c. con riferimento all’interpretazione dell’art. 27 del CCNL AF 20.07.2012, dell’accordo 18.09.2012 e della normativa di fonte aziendale correlata e di seguito richiamata (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’;
si critica l’interpretazione delle fonti collettive operata dai giudici del merito per avere individuato ‘l’art. 27 CCNL Attività Ferroviarie del 20 luglio 2012 quale fonte di valutazione e regolamentazione dei criteri di confluenza’, sostenend o che dagli accordi aziendali si ricavasse l’esclusione di un ‘rinvio integrale’ a detta disposizione, quanto alla classificazione del personale ed ai criteri di confluenza;
il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. opportuno premettere che nella specie non si controverte dell’interpretazione di una disposizione di un contratto collettivo nazionale di lavoro, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006 ( ab imo : Cass. n. 6335 del 2014; conf., tra le altre, Cass. n. 26738 del 2014), atteso che non è in contestazione il significato da attribuire all’art. 27 del CCNL AF del 2012;
piuttosto si controverte dell’interpretazione di accordi sindacali di diverso livello per i quali continua ad avere vigore il risalente insegnamento secondo il quale l’interpretazione dei contratti
collettivi di lavoro integra un’indagine di fatto riservata al giudice di merito ( ex plurimis , Cass. 27062 del 2013; Cass. n. 21886 del 2016; Cass. n. 10716 del 2019);
con l’ulteriore conseguenza che, così come in tutte le ipotesi di accertamento della volontà negoziale che si sostanzia in un accertamento di fatto (tra molte, Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 12360 del 2014), le valutazioni del giudice di merito in proposito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente ( ex plurimis , Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 20634 del 2018; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., di una motivazione che valichi la sogli a del cd. ‘ minimum costituzionale’; inoltre, per risalente insegnamento, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia di vizi motivazionali esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il qu ale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della insanabile contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
2.2. nel caso all’attenzione del Collegio, la censura, al di là della formale rubricazione, si risolve tutta nella prospettazione di un diverso significato da attribuire alla volontà delle parti stipulanti; in tale modo si contravviene al principio secondo cui, quando di
una clausola negoziale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra; non ricorre, infatti, alcuna violazione degli artt. 1362 c.c. e s.s., in base al semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale (cfr. Cass. n. 11254 del 2018; Cass. n. 10716 del 2019);
conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna della società al pagamento delle spese secondo il criterio della soccombenza, liquidate come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’u lteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 19 giugno