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Interpretazione accordi collettivi: ticket restaurant

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9361/2024, ha chiarito i criteri per l’interpretazione degli accordi collettivi aziendali in materia di ticket restaurant. Nel caso esaminato, alcuni dipendenti chiedevano il pagamento dei buoni pasto anche per i giorni di ferie e festività, equiparandoli alla precedente indennità di mensa. La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni di merito, stabilendo che se un accordo aziendale sostituisce integralmente un beneficio (indennità di mensa) con un altro (ticket restaurant), legando quest’ultimo alla “effettiva prestazione”, decadono le precedenti equiparazioni previste dal CCNL per ferie e festività. La corretta interpretazione degli accordi collettivi non può essere meramente letterale o frammentaria, ma deve essere sistematica, considerando la volontà delle parti e il loro comportamento successivo.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ticket Restaurant solo per giorni lavorati: la Cassazione e l’interpretazione degli accordi collettivi

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 9361/2024, è intervenuta su una questione cruciale nel diritto del lavoro: l’interpretazione degli accordi collettivi e la loro influenza su benefici come i ticket restaurant. La decisione chiarisce che la sostituzione di un’indennità con un nuovo beneficio, come i buoni pasto, può modificarne completamente i presupposti, legandoli alla presenza effettiva e escludendo giorni di ferie o malattia, a meno che non sia diversamente specificato.

I Fatti di Causa: dai Tribunali alla Cassazione

La vicenda nasce dalla richiesta di alcuni dipendenti di una società concessionaria di autostrade, i quali rivendicavano il diritto a ricevere i ticket restaurant anche per i giorni di ferie e festività godute. La loro tesi si fondava sull’idea che il ticket restaurant avesse semplicemente sostituito la precedente “indennità di mensa”, la quale, secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), era dovuta anche in tali giornate.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori. I giudici di merito avevano ritenuto che, in assenza di una deroga esplicita nell’accordo aziendale del 2015, le giornate di ferie e festività dovessero essere equiparate a quelle di servizio effettivo, come previsto dal CCNL per la vecchia indennità.

L’errata interpretazione degli accordi collettivi da parte dei giudici di merito

La società ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che i giudici di merito avessero commesso un errore nell’interpretare l’accordo aziendale del 21 luglio 2015. Secondo l’azienda, questo accordo non si limitava a cambiare il nome del beneficio, ma ne modificava la natura stessa, introducendo un nuovo sistema basato sulla prestazione lavorativa effettiva.

La Corte d’Appello, secondo la ricorrente, si era fermata a una lettura parziale e “atomistica” del testo, senza considerare il contesto negoziale più ampio, che includeva un precedente accordo del 2007 per un’altra categoria di lavoratori e le successive comunicazioni aziendali che confermavano la nuova logica.

Il Principio della successione tra contratti collettivi

Un punto chiave del ricorso si è basato sulla capacità della contrattazione aziendale di derogare a quella nazionale. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la fonte collettiva più vicina agli interessi da regolare (in questo caso, l’accordo aziendale) prevale, potendo modificare, anche in senso peggiorativo, le previsioni del CCNL, fatti salvi i diritti già definitivamente acquisiti dai lavoratori.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza d’appello. Il cuore della motivazione risiede nei criteri di ermeneutica contrattuale. La Corte ha stabilito che l’interpretazione di un accordo non può arrestarsi al “senso letterale delle parole” (art. 1362 c.c.), ma deve mirare a ricostruire la comune intenzione delle parti attraverso un’analisi sistematica (art. 1363 c.c.) e la valutazione del loro comportamento complessivo, anche posteriore alla stipula.

Nel caso specifico, l’accordo del 2015, sostituendo “in luogo della predetta indennità” un ticket restaurant di valore quasi doppio, aveva introdotto una disciplina completamente nuova, slegata da quella del CCNL. L’accordo precedente del 2007 per il personale di esazione e quello successivo del 2018 per tutto il personale confermavano questa volontà: legare il buono pasto alla “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, escludendo le equiparazioni. L’interpretazione della Corte d’Appello è stata quindi giudicata errata perché frammentaria e incapace di cogliere il senso esatto della previsione negoziale, che era quello di sostituire integralmente la vecchia disciplina.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, riafferma la centralità dell’approccio sistematico nell’interpretazione degli accordi collettivi: un singolo articolo non può essere letto in isolamento, ma va inserito nel contesto dell’intero accordo e della storia delle relazioni sindacali in azienda. In secondo luogo, chiarisce che la sostituzione di un istituto contrattuale (come l’indennità di mensa) con un altro (il ticket restaurant) può comportare il superamento totale della disciplina precedente, inclusi i benefici accessori come l’erogazione durante le ferie. Per lavoratori e sindacati, ciò significa che in sede di negoziazione è fondamentale definire esplicitamente se e quali aspetti della normativa precedente si intendono mantenere nel nuovo sistema.

Un accordo aziendale può modificare un trattamento previsto dal contratto collettivo nazionale (CCNL)?
Sì. Secondo la Cassazione, l’accordo aziendale, essendo la fonte collettiva più vicina agli interessi specifici da regolare, può derogare alle previsioni del CCNL, anche in senso peggiorativo per i lavoratori, a condizione che non leda diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio del lavoratore.

I ticket restaurant spettano anche per i giorni di ferie e festività?
Dipende da quanto previsto nell’accordo collettivo che li istituisce. Se l’accordo aziendale sostituisce integralmente una precedente indennità (che magari era dovuta anche in ferie) con i ticket restaurant, legandoli esplicitamente a “giornate di effettiva prestazione”, allora il diritto non si estende ai giorni non lavorati, a meno che l’accordo stesso non lo preveda espressamente.

Come si interpreta un accordo collettivo secondo la Cassazione?
Non ci si può limitare al solo senso letterale di una clausola (interpretazione “atomistica”). È necessario un approccio sistematico, che consideri tutte le clausole nel loro insieme, il contesto in cui l’accordo è stato stipulato (inclusi accordi precedenti) e il comportamento tenuto dalle parti anche dopo la firma, al fine di ricostruire la loro reale e comune volontà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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