Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9806 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17320-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE ;
– intimata – avverso la sentenza n. 790/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/11/2019 R.G.N. 830/2018;
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N. 17320/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva accertato la nullità del contratto di apprendistato stipulato da NOME COGNOME e la ditta RAGIONE_SOCIALE nonché l’esistenza di una interposizione illecita di manodopera, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatrice RAGIONE_SOCIALE; in accoglimento parziale dell’appello del lavoratore la Corte ha dichiarato il diritto di questo ad essere inquadrato nel livello D senior del CCNL per il personale non dirigente di RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 1° agosto 2014, con condanna della società al pagamento delle relative differenze retributive, oltre accessori e spese;
la Corte, in estrema sintesi, ha innanzitutto ritenuto l’interesse del lavoratore ad impugnare il contratto di apprendistato, ‘così da ottenere il riconoscimento della natura del rapporto, con tutte le conseguenze in punto di trattamento retri butivo e normativo’ e ‘conseguente interesse a vedersi poi accertare l’effettivo datore di lavoro’; la Corte, poi, ha condiviso con il primo giudice la valutazione degli esiti dell’istruttoria circa la natura illecita dell’appalto; inoltre, ha pure ritenuto che il Tribunale avesse correttamente respinto le domande di manleva formulate da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME, quale titolare dell’impresa individuale, per difetto di allegazione in ordine all’operatività dell’art. 19 dell’Accordo Quadro, ‘mancanza che permane nell’atto di appello’;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente società con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimato NOME COGNOME; non ha svolto attività difensiva il COGNOME;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. l) ed m), d. lgs. n. 167 del 2011, oltre alla nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360, n. 4, c.p.c., ‘in relazione all’art. 2697 c.c.’, p er non avere la Corte ‘correttamente interpretato ed applicato le norme in materia di apprendistato e per non aver correttamente applicato i principi in tema di onere probatorio’;
la censura è inammissibile;
si richiama impropriamente l’art. 2697 c.c., che è deducibile ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito, opponendo una diversa valutazione;
inoltre, il motivo non specifica né la violazione che determinerebbe la nullità della sentenza o del procedimento né sostiene con adeguate argomentazioni in diritto l’assunto secondo cui l’interesse del lavoratore alla costituzione di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato confliggerebbe col divieto di recesso dal contratto di apprendistato;
del pari inammissibile il secondo motivo, che denuncia ancora la nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 116 c.p.c., ‘per non aver correttamente valutato l’efficacia delle prove addotte nel corso del giu dizio’;
è noto che la violazione dell’art. 116 c.p.c. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca -come nella specie che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014;
3. con il terzo mezzo si deduce la violazione degli artt. 1362 e 113 c.p.c., in relazione agli artt. 38 e 39 d. lgs. n. 81 del 2015 e la nullità della sentenza, ‘in relazione agli art. 101 e 115 c.p.c.’, criticando la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato l’azione di manleva delle RAGIONE_SOCIALE nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è inammissibile;
oltre a non riportare il contenuto del testo negoziale rispetto al quale si invoca la clausola di manleva, non censura
adeguatamente la sentenza impugnata nella parte in cui respinge il motivo di appello sia perché non era stata presentata istanza di fissazione di nuova udienza, ex art. 418 c.p.c., sia perché la società non aveva ‘argomentato la pertinenza rispetto al rapp orto oggetto di causa’ delle richieste di applicazione degli artt. 38 e 39 d. lgs. n. 81 del 2015, e cioè di ‘norme entrate in vigore dopo l’introduzione della causa’;
peraltro, questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass. n. 17627 del 2023) che la clausola di manleva del committente, afferente ad una interposizione fittizia di manodopera, che configura ancora una violazione relativa ad obblighi derivanti da norme imperative di legge, non produce alcun effetto perché colpita a sua volta da nullità prodotta dalla invalidità del rapporto principale;
4. il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e 2697 c.c., oltre la nullità del procedimento, in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 116 c.p.c., criticando la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto al lavor atore l’inquadramento nel livello D senior del CCNL applicabile a decorrere dal 1° agosto 2014;
il motivo è inammissibile;
esso, oltre a richiamare la violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. ancora impropriamente per le ragioni innanzi richiamate, denuncia solo formalmente errori di diritto ma, nella sostanza, contesta l’accertamento operato dalla Corte territoriale in o rdine all’espletamento di certe mansioni dal lavoratore per il tempo richiesto dalla disciplina contrattuale collettiva;
accertamento del fatto che spetta al giudice del merito al quale è istituzionalmente demandato;
5. pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso, con condanna alle spese secondo il
regime della soccombenza e attribuzione all’AVV_NOTAIO che si è dichiarata anticipataria;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per spese, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 febbraio