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Interposizione illecita: quando il contratto è nullo

Un lavoratore, formalmente assunto come apprendista da un’impresa individuale, ha lavorato di fatto per una grande società di servizi. I tribunali hanno riconosciuto questa situazione come un caso di interposizione illecita di manodopera, dichiarando nullo il contratto di apprendistato e stabilendo un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con la società utilizzatrice. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, dichiarando inammissibile il ricorso della società e consolidando la tutela del lavoratore.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interposizione Illecita di Manodopera: La Cassazione Conferma la Nullità del Contratto di Appalto

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: l’interposizione illecita di manodopera mascherata da un contratto di appalto. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una grande società di servizi, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva già accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il lavoratore e la società utilizzatrice, e non con quella che lo aveva formalmente assunto.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla vicenda di un lavoratore, assunto con un contratto di apprendistato da un’impresa individuale, ma che di fatto prestava la sua attività lavorativa a favore di una nota società di servizi. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano riscontrato la nullità del contratto di apprendistato e l’esistenza di una interposizione illecita di manodopera. Di conseguenza, era stato dichiarato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con la società committente. La Corte d’Appello aveva inoltre riconosciuto al lavoratore il diritto a un inquadramento superiore e alle relative differenze retributive.

La società committente, soccombente in entrambi i gradi di giudizio, ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su quattro motivi principali.

L’Analisi della Corte: I Motivi di Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha respinto il ricorso giudicandolo inammissibile in ogni sua parte. L’analisi dei motivi di rigetto offre importanti spunti sulla funzione della Corte di Cassazione e sui limiti del ricorso.

1. Primo e Secondo Motivo: Errata valutazione delle prove e onere probatorio. La società lamentava una violazione delle norme sull’apprendistato e sull’onere della prova, sostenendo che i giudici di merito avessero valutato scorrettamente le prove. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Una censura sulla violazione dell’onere probatorio è ammissibile solo se il giudice ha erroneamente invertito tale onere, non quando si contesta semplicemente il risultato della sua valutazione.

2. Terzo Motivo: La clausola di manleva in caso di interposizione illecita. La ricorrente criticava il rigetto della sua richiesta di essere tenuta indenne (manlevata) dall’impresa appaltatrice. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha sottolineato che, oltre a difetti formali nel ricorso, la clausola di manleva in un contesto di interposizione illecita è nulla. Essendo nullo il contratto di appalto principale perché viola norme imperative di legge, anche la clausola accessoria di manleva, che da esso dipende, è travolta dalla stessa nullità.

3. Quarto Motivo: L’inquadramento del lavoratore. Infine, la società contestava il riconoscimento dell’inquadramento superiore al lavoratore. La Cassazione ha nuovamente qualificato la doglianza come un tentativo inammissibile di contestare l’accertamento di fatto operato dalla Corte territoriale riguardo alle mansioni effettivamente svolte dal dipendente, un’attività che spetta esclusivamente al giudice del merito.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati del nostro ordinamento processuale. In primo luogo, viene riaffermata la distinzione netta tra il giudizio di merito, volto all’accertamento dei fatti, e il giudizio di legittimità, di competenza della Cassazione, che ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. I ricorrenti non possono usare il ricorso in Cassazione per sollecitare una nuova e diversa lettura delle risultanze processuali.

Nel merito della questione lavoristica, l’ordinanza conferma implicitamente che, quando un contratto di appalto dissimula una mera fornitura di manodopera al di fuori dei limiti di legge, si configura una interposizione illecita. La conseguenza giuridica è l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il soggetto che ha effettivamente utilizzato e diretto la prestazione lavorativa, a piena tutela del lavoratore.

Le Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante monito per le aziende che si avvalgono di contratti di appalto. Ribadisce che la forma contrattuale non può prevalere sulla sostanza del rapporto. Se un’azienda committente esercita il potere direttivo e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore, il rischio che il rapporto venga riqualificato come lavoro subordinato diretto è estremamente concreto. La decisione conferma la solidità della tutela offerta al lavoratore contro le forme di sfruttamento mascherate da schemi contrattuali fittizi, sottolineando che le clausole di salvaguardia, come la manleva, sono inefficaci quando l’intero impianto contrattuale è illecito.

Quando un contratto di appalto nasconde una interposizione illecita di manodopera?
Si ha interposizione illecita quando un lavoratore, pur essendo formalmente assunto da un’impresa (appaltatrice), è di fatto inserito nell’organizzazione, diretto e controllato da un’altra azienda (committente), che è la vera beneficiaria della sua prestazione. La decisione conferma che in questi casi il rapporto di lavoro si instaura direttamente con l’utilizzatore effettivo.

È possibile per un’azienda appellarsi in Cassazione per contestare come i giudici di merito hanno valutato le prove?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è di giudice di legittimità, non di merito. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti, salvo casi eccezionali di vizi motivazionali gravissimi, che non sono stati riscontrati in questa vicenda.

Una clausola di manleva che protegge l’azienda utilizzatrice in caso di interposizione illecita è valida?
No. La Corte ha chiarito che, poiché l’interposizione illecita viola norme imperative di legge e rende nullo il contratto di appalto principale, anche la clausola accessoria di manleva è colpita dalla stessa nullità e, di conseguenza, non produce alcun effetto protettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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