Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14628 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14628 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29812-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
CC
avverso la sentenza n. 401/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 24/04/2018 R.G.N. 1162/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Firenze, nella contumacia della RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale della medesima sede, la quale aveva accolto le domande proposte da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e, accertata l’interposizione illecita di manodopera da parte della RAGIONE_SOCIALE, aveva dichia rato l’esistenza tra RAGIONE_SOCIALE e ognuno dei due suddetti lavoratori di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a partire, quanto al COGNOME, dal 25.9.2013 (cessato il 16.11.2015) e, quanto al COGNOME, dall’1.3.2010 (e ancora in essere), con inquadramento nel livello D addetto senior CCNL RAGIONE_SOCIALE, ed aveva altresì condannato RAGIONE_SOCIALE a corrispondere ai due attori le relative differenze retributive maturate, con interessi e rivalutazione.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale anzitutto riteneva infondato il primo motivo d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con il quale essa sosteneva che l’appaltatore aveva una propria organizzazione e non si limitava alla gestione contabile ed amministrativa dei lavoratori, ma provvedeva anche alla formazione del personale, al quale veniva impartita l’istruzione di base necessaria per l’esecuzione del servizio, che poi veniva espletato in automatico; disattendeva pure il secondo motivo
d’appello, a mezzo del quale RAGIONE_SOCIALE sosteneva che il primo giudice aveva erroneamente valutato le risultanze istruttorie facendone discendere l’illiceità dell’appalto, avendo anche sminuito le dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME indotti da RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale decisione, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
I due lavoratori intimati hanno resistito con unico controricorso, mentre l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE è rimasta mera intimata.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un primo motivo, la ricorrente denuncia la ‘Violazione degli artt. 2094 e 1655 c.c., nonché art. 29, comma 1, del d.lgs. 276/2003 (art. 360 n. 3 c.p.c.)’. Deduce che la Corte d’appello ha violato le disposizioni indicate in rubrica laddove ha ritenuto di ravvisare la presenza degli indici della subordinazione nella prestazione lavorativa dei ricorrenti, quando questa in realtà aveva avuto ad oggetto esclusivamente le attività espressamente dedotte nel capitolato e nell’accordo quadro dell’appalto. Secondo la ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe potuto ritenere in alcun modo lo svolgimento di un ruolo ‘direttivo’, nei confronti dei controricorrenti, sul presupposto dei modelli MPT (modello di pianificazione dei trasporti), atteso che questi non avevano mai avuto, come ‘contenuto’, indicazioni operative dirette ai sig.ri COGNOME e COGNOME, intervenendo unicamente a definire l’oggetto dell’opera
ai fini dell’esecuzione dell’appalto. Deduce che anche ‘il doc. 8 conferma espressamente che era l’appaltatore ad assumere e comandare i lavoratori su una determinata LCD’, il che significava ‘che l’elemento valorizzato dalla Corte di Appello, come indice della subordinazione, è del tutto errato e non riconducibile all’alveo dell’art. 2094 c.c.’. Assume che ‘primo, evidente errore della Corte Territoriale è stato quello di recepire supinamente ed in modo apodittico il ragionamento del Tribunale il quale aveva sorprendentemente escluso, come indice sintomatico di ‘genuinità’ dell’appalto, il fatto, pacifico, che l’appaltatrice fosse proprietaria dei mezzi di trasporto utilizzati, curandone la gestione e la manutenzione, essendo inoltre tenuta al ‘ pagamento delle penali ‘. Inoltre, risultava ‘come evidenziato dalle dichiarazioni rese dai testi escussi, incontestato che i lavoratori svolgessero le loro attività in assoluta autonomia limitandosi il personale di RAGIONE_SOCIALE a fornire informazioni o chiarimenti che hanno dato luogo ad una minima relazione interpersonale tesa a migliorare il risultato del servizio appaltato’.
Con un secondo motivo deduce la ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)’. Assume che la Corte territoriale, nello scrutinio dei motivi di gravame, non ha svolto una propria delibazione, essendosi limi tata a ‘concordare’ con le statuizioni del primo giudice.
3. Il primo motivo è infondato.
Come già risulta dal riassunto di tale censura, sopra esposto, essa, sotto l’apparente deduzione della violazione di norme di diritto sostanziali, quali gli artt. 2094 e 1655 c.c., e l’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, in realtà critica l’apprezzame nto probatorio operato dai giudici di secondo
grado. In particolare, ci si duole della conclusione tratta da questi ultimi che: ‘… dall’istruttoria è emerso che le disposizioni in merito anche per gli aspetti più minuti e dettagliati pervenivano ai ricorrenti tramite di modelli TARGA_VEICOLO predisposti da Post e e che l’appaltatore non aveva invece alcun ruolo nel decidere tempi e modalità della prestazione lavorativa, limitandosi ad inviare il personale a svolgere il lavoro come stabilito da RAGIONE_SOCIALE, mentre i dipendenti di RAGIONE_SOCIALE che operavano a contatto con i ricorrenti non avevano alcun referente della società’. Ed in tal senso la ricorrente trascrive in ricorso ampi ‘stralci dei contratti e dell’accordo quadro, nonché dei modelli MPT’, e del proprio doc. 8 (cfr. pagg. 15 -24). Sostiene anche la ricorrente, nello sviluppo del primo motivo, un’anomalia motivazionale (consistente nel non aver svolto una delibazione propria: cfr. pag. 25 del ricorso), peraltro, poi, autonomamente fatta valere nel secondo motivo. Fa inoltre riferimento alle deposizioni rese dai testi escussi (anche in questo caso, riportando per intero in ricorso i relativi atti processuali di primo grado).
Risulta, quindi, di tutta evidenza che si è in presenza di una censura incentrata su una valutazione di elementi probatori, che, in quanto riservata ai giudici di merito, non è rivedibile in questa sede di legittimità.
5. Parimenti è infondato il secondo motivo.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una
generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame. Dunque, se è vero che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem alla sentenza di primo grado, occorre pur sempre che il giudice del gravame dia conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre deve essere cassata la decisione di mera adesione alla decisione di primo grado senza che emerga dalla sentenza di appello che a tale risultato il giudice sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (così, tra le altre, Cass., sez. lav., 24.6.2020, n. 12486).
Nel caso in esame non è assolutamente riscontrabile una mera adesione della Corte territoriale alle ragioni in base alle quali il primo giudice aveva accolto le domande dei lavoratori istanti.
Nell’impugnata sentenza, difatti, anzitutto si dà conto sia delle ragioni che avevano portato il Tribunale all’accoglimento delle domande sia dei due motivi d’impugnazione dell’allora appellante (cfr. pag. 2 della stessa). Indi, la Corte distrettuale ha da to argomentata risposta a quei motivi d’appello (cfr. pagg. 3-4 della sua sentenza), e, dopo, aver disatteso in particolare il secondo motivo che atteneva al terreno probatorio, segnatamente con riferimento alle testimonianze di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME , ha ritenuto ‘dimostrata l’esistenza di un illegittimo fenomeno interpositorio visto che l’appalto ha di fatto avuto ad oggetto la messa a disposizione di prestazioni lavorative, con attribuzione all’appaltatore dei soli compiti di gestione amministrativa dei rapporti in assenza di una reale
organizzazione delle prestazioni finalizzate ad un risultato produttivo autonomo. La società La RAGIONE_SOCIALE ha effettivamente fornito un furgone per lo svolgimento del servizio (tutti gli altri strumenti di lavoro invece erano di RAGIONE_SOCIALE), che recava peraltro la scritta RAGIONE_SOCIALE e a fine turno rimaneva presso il parcheggio di RAGIONE_SOCIALE. Né è risultata la presenza di un referente della società appaltatrice presso gli uffici postali’.
E solo all’esito di tutte tali valutazioni la Corte di merito ha concluso che: ‘Il primo giudice ha pertanto correttamente valutato gli esisti dell’istruttoria ritenendo che la società appaltatrice si fosse limitata a fornire a RAGIONE_SOCIALE il lavoratore ed il furgone rimanendo, per il resto, totalmente estranea all’organizzazione e gestione del servizio, alla direzione e all’organizzazione della prestazione lavorativa dei lavoratori così da generale un risultato produttivo autonomo’.
La ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore dei controricorrenti, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
Nulla deve essere disposto quanto alle spese tra la ricorrente e l’altra società rimasta mera intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del
15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore dei controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 7.2.2024.