Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9741 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9741 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18914 R.G. anno 2022 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che ola rappresenta e difende;
contro
ricorrente
nonché contro
BANCA RAGIONE_SOCIALE ;
intimata avverso la SENTENZA n. 77/2022 emessa da CORTE D’APPELLO
BOLOGNA.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 30 ottobre 2018, ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME contro la RAGIONE_SOCIALE, volte ad accertare l’usurarietà del tasso di mora pattuito nel contratto di mutuo fondiario stipulato tra le parti e alla condanna della banca alla restituzione della somma di € 56.298,15 , versata a titolo di interessi.
– La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 12 gennaio 2022, ha respinto l’appello: ha ritenuto, sulla base dei principi affermati da Cass Sez. U. 18 settembre 2020, n. 19597, che gli interessi moratori siano soggetti alle norme antiusura, che il tasso convenuto vada confrontato con quello risultante dai pertinenti decreti ministeriali e che, in ipotesi di superamento della soglia, siano dovuti gli interessi corrispettivi come legittimamente pattuiti , in applicazione dell’art. 1224, comma 1, c.c..
– Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME. Al ricorso resiste RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata, da parte del Presidente della sezione, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore della parte ricorrente ha domandato la decisione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
« unico motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1815 c.c., 115, 116 c.p.c., 644 c.p. e 2 l. n. 108/1996, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto la sentenza
impugnata è incorsa in errore nella valutazione della c.t.u. contabile, ed ha errato nel calcolo dell’usura, come nel ritenersi vincolata alle istruzioni Bit: il tasso soglia è stato superato in concreto, in quanto occorreva cumulare gli interessi corrispettivi con gli interessi moratori;
«ritenuto che:
«il motivo è inammissibile:
« a) sia ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., perché la Corte territoriale si è adeguata in pieno ai principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite, in particolare laddove hanno affermato che « a mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del tasso effettivo globale medio (TEGM) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio di mora praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario», applicandosi in tal caso la formula per stabilire il limite oltre il quale gli interessi moratori sono usurari (TEGM più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi )», e che « ualora gli interessi moratori siano usurari, non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma restano dovuti gli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti » (Cass. Sez. U. 18 settembre 2020, n. 19597);
«b) sia perché intende ripetere un giudizio sul fatto e sollecita la Corte di legittimità alla rivalutazione dell’accertamento del fatto compiuto dal giudice del merito, e la chiama così indebitamente al riesame delle risultanze istruttorie, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge mirando, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ( e plurimis , Cass Sez. U. 27 dicembre 2019, n. 34476)».
– Il ricorso va dichiarato inammissibile , in quanto l’istanza ex art. 380bis , comma 2, c.p.c. non è stata proposta da « difensore munito di nuova procura speciale ».
─ Le spese processuali seguono la soccombenza.
─ Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.. Le dette disposizioni, cui fa rinvio l’art. 380bis c.p.c., sono difatti immediatamente applicabili giusta il comma 1 dell’art. 35 del d,lgs. n. 149/2022 ai giudizi ─ come quello in esame ─ introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione).
Vale, poi, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, la parte ricorrente va condannata, nei confronti della parte controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 4.000,00 , oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Tali statuizioni vanno adottate nei confronti della parte e non del suo difensore. Infatti costui, pur senza nuova procura, ha posto in essere un atto riconducibile comunque all’ambito del giudizio per cui era stato nominato dalla parte ricorrente (così, con riguardo alla pronuncia di cui al quarto comma del cit. art. 96, Cass. 15 novembre 2023, n. 31839).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di € 4.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione