Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2940 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2940 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16289/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE CATANZARO, in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1619/2020 depositata il 03/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La presente controversia, per quanto ancora d’interesse, trae origine dal decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catanzaro nei confronti della Azienda Sanitaria di Catanzaro per il pagamento dell’importo di € 20.056,23, a favore della società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il ritardato pagamento di alcune fatture relative a prestazioni sanitarie rese dalla Residenza Sanitaria Assistenziale Villa Elisabetta, in esecuzione del contratto stipulato tra le parti il 30 luglio 2004.
L’Azienda Sanitaria di Catanzaro proponeva opposizione denunciando sia la parziale prescrizione del diritto di credito azionato, sia l’insussistenza del diritto azionato posto che la società ricorrente, in sede monitoria, aveva erroneamente richiesto ed ottenuto gli interessi ex D.Lgs. 231/2002 a decorrere dal 30° giorno successivo all’emissione della fattura, in quanto gli accordi esistenti tra le parti prevedevano un sistema di pagamento con acconti mensili del 70% da erogarsi solo all’esito della procedura di validazione delle prestazione e solo per gli importi riconosciuti previa emissione di corrispondente fattura; la società aveva invece emesso le fatture senza attendere gli esiti della validazione e senza, peraltro, mettere in mora l’Azienda per lo svolgimento di tale validazione, sicchè le somme portate dalle fatture non erano né liquide né esigibili e, quindi, non avrebbero potuto produrre interessi.
Con la sentenza n. 1239/2018, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’opposizione e confermava il D.I. opposto ritenendo che: a) non fosse applicabile al caso di specie la prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c.; b) ai fini dell’applicazione degli interessi di cui al
decreto legislativo n. 231 del 2002 non fosse necessaria la costituzione in mora trattandosi di interessi che decorrono ex lege alla scadenza del trentesimo giorno dalla emissione della fattura.
Con la sentenza n.1619 del 3 dicembre 2020, la Corte d’Appello di Catanzaro in accoglimento dell’appello proposto dall’Azienda Sanitaria di Catanzaro ha riformato la sentenza impugnata e rigettato la domanda di pagamento proposta da RAGIONE_SOCIALE
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.
L’Azienda Sanitaria di Catanzaro resiste con controricorso. Ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per il vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. poiché la Corte territoriale, accogliendo l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto inapplicabile il termine legale di pagamento, previsto dall’art. 4 D. Lgs. 231/02, in quanto il contratto stipulato tra le parti stabiliva, all’art. 7, un termine di pagamento specifico, di cui l’appellata non ha fornito prova dello spirare di quel termine. La Corte territoriale ha errato perché non ha considerato che, invece, l’RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto, con il secondo motivo di impugnazione, che il contratto non prevedesse per l’Amministrazione alcun termine per il pagamento.
5.1. Con il secondo motivo denuncia la violazione del criterio di interpretazione del contratto ex art. 1362 c.c. e dell’art. 4 D.Lgs. 231/2002 relativo al termine legale di pagamento in mancanza di diversa pattuizione delle parti (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.). La Corte d’Appello ha rigettato la domanda di pagamento degli interessi moratori, ex D.Lgs. 231/02, avanzata dalla G.RAGIONE_SOCIALE, con decorrenza dal trentesimo giorno dal ricevimento delle fatture da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, sull’assunto che nella fattispecie non era
applicabile il termine legale di pagamento di cui all’art. 4 lett. a) del D.Lgs. 231 del 2002, nel testo pro tempore vigente, poichè, dall’interpretazione dell’art. 7 del contratto stipulato tra le parti, emergeva che un termine di pagamento sarebbe stato concordato dalle stesse, intendendolo come risultato di un iter procedimentale complesso (controllo di congruità, certificazione del dirigente preposto ai controlli, emissione di fattura).
Sostiene la società RAGIONE_SOCIALE che, in base al canone ermeneutico dell’interpretazione letterale del contratto, l’articolo 7 dell’accordo stipulato tra le parti non prevede alcun ‘termine’ di pagamento certus an et quando (come risulta ammesso anche dalla stessa RAGIONE_SOCIALE). Di conseguenza l’Azienda Sanitaria era tenuta a predisporre e completare le procedure di ‘validazione e accertamento’ delle prestazioni e di eseguire il pagamento entro il termine desumibile dall’art. 4 comma 2 lett. a) del D.Lgs. 231/02, senza necessità di alcun atto di costituzione in mora da parte della ricorrente.
Occorre esaminare congiuntamente il primo e secondo motivo.
I motivi sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati. Occorre premettere che in assenza di un accordo contrattuale l’attività sanitaria non può essere esercitata per conto ed a carico del SSN ( ex multis , C.d.S., Sez. V, sent. n. 162/2008; C.d.S., Sez. III, 17 ottobre 2011, n. 5550; cfr. anche Cass. civ., Sez. I, 31 marzo 2021, n. 9003, nonché Cass. civ., Sez. I, 11 settembre 2020, n. 18900, la quale richiama copiosa giurisprudenza amministrativa tra cui C.d.S., Sez. III, 8 gennaio 2019, n. 184)” (C.d.S., Sez. III, 25 agosto 2022, n. 7460).
Va al riguardo osservato che in tema di rapporti tra le strutture sanitarie private operanti in regime di accreditamento e il Servizio sanitario nazionale questa Corte ha già avuto modo di ritenere i medesimi riconducibili alla nozione di transazione commerciale dettata all ‘ art. 1 e definita all’art. 2 d.lgs. n. 231 del 2002 con la
conseguenza che in caso di ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione sono dovuti gli interessi di cui all’art. 5 del predetto decreto, interpretazione cui va data continuità.
6.1. Va pertanto ribadito che le prestazioni sanitarie erogate, in favore dei fruitori del servizio, da strutture private accreditate con lo Stato rientrano nell’ambito della nozione di “transazione commerciale” di cui al d.lgs. n. 231 del 2002, sicché le strutture private accreditate hanno diritto, in caso di ritardo nei pagamenti, a vedersi corrispondere gli interessi di mora nella misura prevista dal d.lgs. n. 231 del 2002 (Cass. n. 14349 del 2016; Cass. n. 20391 del 2016; Cass. n. 17665 del 2019; Cass. n. 7019 del 2020).
6.2. Si è al riguardo precisata la necessità del rispetto del requisito di forma scritta a pena di nullità del contratto e la scansione cronologica: il contratto con il quale l’ente pubblico abbia assunto l’obbligo nei confronti della struttura privata accreditata, di retribuire, alle condizioni e nei limiti ivi indicati, determinate prestazioni di cura da essa erogate in favore dei fruitori del Servizio sanitario nazionale, in conformità alla norma transitoria contenuta nell’art. 11 del decreto, deve essere stato concluso in data successiva all’8 agosto 2002, data di entrata in vigore del decreto.
6.3. Anche dopo la pronuncia a Sezioni unite n. 26496 del 2020, infatti, Cass. n. 4698 del 2022, Cass. n. 12868 del 2022 e Cass. n. 10154 del 2023 hanno sottolineato come le Sezioni Unite abbiano ribadito la ricostruzione e le soluzioni già in precedenza adottate, anche nella specie da confermare.
Si è al riguardo posta in rilievo la necessità del rispetto del requisito di forma scritta a pena di nullità del contratto e la scansione cronologica: il contratto con il quale l’ente pubblico abbia assunto l’obbligo, nei confronti della struttura privata accreditata, di retribuire, alle condizioni e nei limiti ivi indicati, determinate prestazioni di cura da essa erogate in favore dei fruitori del Servizio sanitario nazionale, in conformità alla norma transitoria contenuta
nell’art. 11 del decreto, deve essere stato concluso in data successiva all’8 agosto 2002, data di entrata in vigore del decreto.
Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002.
Rientrano nella nozione di transazione commerciale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE erogate agli assistiti in base ad un contratto – accessivo all’accreditamento – concluso in forma scritta con la P.A. dopo l’8 agosto 2002, avente la natura di contratto a favore di terzi ad esecuzione continuata e contenente la previsione dell’obbligo di pagamento di un corrispettivo, la cui ritardata esecuzione comporta il riconoscimento degli interessi moratori ex art. 5 del d.lgs. citato.
6.4. L’espressione di posizioni non del tutto sintoniche rispetto a questi principi era stata espressa, prima della sentenza a Sezioni Unite n. 26496 del 2020, solo riguardo allo specifico – e distinto settore delle farmacie.
La linea che emerge dalle più recenti pronunce della Corte di Giustizia ( con la sentenza 1° dicembre 2022, in causa C-419/21; con la sentenza 18 novembre 2020, in causa C-299/19, la sentenza n. 28 gennaio 2020, resa in causa C-122/18) è dunque quella della sollecitazione delle amministrazioni pubbliche al rispetto della regolarità dei pagamenti, con particolare attenzione alla materia sanitaria, per l’importanza del budget collegato e per il numero di imprese coinvolte.
Un recupero di efficienza nella riduzione dei tempi di pagamento comporta l’ abbattimento dei costi connessi agli interessi per i ritardi.
6.5. Quanto ai profili soggettivi, non può dubitarsi che la ASL o l’Assessorato regionale alla salute e una struttura privata
accreditata dotata in genere dello statuto di società commerciale e che mantiene la sua piena autonomia rispetto al Servizio sanitario nazionale con il quale lavora possano rientrare nei dettati definitori dell’art. 2 del decreto n. 231 del 2002, che fanno riferimento ai contratti conclusi tra imprese o tra una impresa e una pubblica amministrazione.
Stante le diversità di fondo esistenti tra la dispensazione di farmaci operata dalle farmacie e le prestazioni assistenziali svolte dai centri accreditati, per queste ultime non si evidenzia quella prevalenza della funzione pubblicistica sulla struttura di società commerciale che eroga una prestazione dietro corrispettivo, costruita dalle Sezioni unite n. 26496 del 2020 fino a far scolorare il carattere imprenditoriale dell’attività svolte dalle farmacie, in cui prevale il profilo funzionale, assorbente, che le fa rappresentare come un segmento del Servizio sanitario nazionale (del resto circoscritta alla erogazione di farmaci di fascia A) (cfr. Cass. S.U. n. 35092/2023).
6.6. La soluzione opposta, oltre che non essere giustificata alla luce della ricostruzione sia normativa che giurisprudenziale operata, realizzerebbe l’effetto sostanziale di neutralizzare in un settore cruciale la “lotta” alla morosità nei pagamenti imposta dalla normativa di ispirazione europea, esonerandone la pubblica amministrazione in maniera contrastante sia, direttamente, con il paradigma definitorio ampio riversato nell’art. 2 del d.lgs. n. 231 (v. in questo senso anche Cass. n. 28151 del 2019, a proposito di un rapporto tra professionista e pubblica amministrazione) sia con l’interpretazione che delle norme recepite nell’ordinamento interno è stata già data a livello comunitario.
“Le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di
transazione commerciale di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell’erogazione di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica.
Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002″.
Rientrano nella nozione di transazione commerciale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2002, le prestazioni sanitarie delle strutture private accreditate col RAGIONE_SOCIALE erogate agli assistiti in base ad un contratto – accessivo all’accreditamento – concluso in forma scritta con la P.A. dopo l’8 agosto 2002, avente la natura di contratto a favore di terzi ad esecuzione continuata e contenente la previsione dell’obbligo di pagamento di un corrispettivo, la cui ritardata esecuzione comporta il riconoscimento degli interessi moratori ex art. 5 del d.lgs. citato.
La Corte d’appello non ha applicato nessuno dei principi enunciati.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 1° e 2° motivo, assorbiti il 3°, 4° e 5° consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza