SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6363 2025 – N. R.G. 00001985 2024 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D ‘A PPELLO DI NAPOLI
Quinta Sezione Civile
(già Prima Sezione Civile Bis)
riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:
dr.ssa NOME COGNOME
Presidente – Relatore –
dr. NOME COGNOME
Consigliere –
dr.ssa NOME COGNOME
Consigliere –
ha deliberato di pronunziare la presente
SENTENZA
nel processo d’appello avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 2776/2023, pubblicata il 27 ottobre 2023, iscritto al n. 1985/2024 del ruolo generale degli affari civili contenziosi e pendente
TRA
(codice fiscale:
in
P.
persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO
COGNOME (c.f.
) e NOME COGNOME (c.f.
,
C.F.
C.F.
APPELLANTE
, rappresentata e difesa
APPELLATA
E
pro tempore
(c.f. in persona del legale rappresentante dall’AVV_NOTAIO (c.f. ) RAGIONE_SOCIALE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Laboratorio
ricorso per decreto
ingiuntivo adiva il Tribunale di Torre Annunziata per ottenere dall’ il pagamento della somma di € 18.496,36 oltre rivalutazione e interessi moratori ex D. Lgs. 231/2002 dalla domanda come quantificati nella fattura n. 9 del 27 maggio 2021, dovuti per il ritardato pagamento, asseritamente avvenuto il 12 gennaio 2021, delle fatture n. 1092 e n. 1093 del 7 novembre 2008.
Più specificamente, il Laboratorio precisava che quelle due fatture del 2008, il cui ammontare corrispondeva alla somma di € 23.653,39, erano state azionate con un precedente ricorso monitorio, definito con l’emissione del decreto ingiuntivo n. 586/2011, avverso il quale l’ aveva proposto opposizione. Il giudizio che ne era conseguito si era concluso con la sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola, che aveva riconosciuto solo in parte la pretesa creditoria del , condannando l’ al pagamento della somma di € 18.925,11, ‘oltre interessi legali dalla scadenza delle fatture e sino al soddisfo’ . RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
A parere del Laboratorio la somma da esso reclamata in via monitoria nel giudizio de quo corrispondeva agli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002 che, sebbene non riconosciuti nella predetta sentenza, erano, a suo avviso, comunque maturati a partire dalla data di emissione delle fatture n. 1092 e n. 1093, ossia il 7 novembre 2008, sino al 12 gennaio 2021, data in cui asseriva essere stato saldato il credito riconosciuto con la sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola, sulla base di un verbale, contestualmente prodotto, contenente un accordo di compensazione del credito in parola con un controcredito dell’ nei confronti del , derivante da un diverso rapporto. RAGIONE_SOCIALE
Con decreto ingiuntivo n. 1895/2021, il Tribunale di Torre Annunziata, ordinava all’ di corrispondere al Laboratorio la somma di € 18.496,36. RAGIONE_SOCIALE
Ricevutane la notifica il 16 novembre 2021, l’ con atto di citazione notificato al Laboratorio il 27 dicembre 2021, proponeva opposizione a tale decreto ingiuntivo, deducendo che : ‘sull’importo di € 18.925,11 il istante nel 2011 richiesto, e la sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola riconosciuto, i soli interessi legali sulla sorta capitale recata dalle fatture nn. 1092 e 1093 del 2008’ (pag. 3); che le fatture erano state emesse nel novembre del 2008 e gli importi oggetto del presente giudizio erano stati richiesti RAGIONE_SOCIALE
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per la prima volta con l’emissione della fattura n. NUMERO_DOCUMENTO del 27 maggio 2021. Chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 30 marzo 2022, il resisteva all’opposizione, deducendo, per quanto è di interesse in questa sede, che erano state rispettate le disposizioni contrattuali, secondo cui ‘una volta ottenuto il pagamento, in ritardo, il per richiedere il pagamento degli interessi moratori, senza dover inviare alcuna diffida e costituzione in mora, deve emettere fattura da inoltrare alla RAGIONE_SOCIALE competente con la richiesta del calcol o degli interessi’ (pag. 7); sicché, il non avrebbe potuto chiedere, col ricorso per decreto ingiuntivo presentato innanzi al Tribunale di Nola, gli interessi moratori in parola, perché questi ultimi avrebbero potuto essere richiesti solo dopo l’avvenuto pagamento delle prestazioni erogate, non essendo possibile calcolarli prima, perché ‘il pagamento delle predette fatture anno 2008 erano state contestate dalla con l’opposizione al decreto ingiuntivo e le stesse state corrisposte soltanto a seguito di sentenza emessa nell’anno 2020’ (pag. 8); ‘la proposizione del decreto ingiuntivo n. 586/2011 sospeso i termini prescrizionali’ (pag. 8).
All’esito della prima udienza cartolare, il Tribunale, con ordinanza ex art. 648 c.p.c. del 23 maggio 2022, concedeva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo n. 1895/2021 e rinviava la causa all’udienza di precisazione delle conclusioni, in occas ione della quale venivano assegnati i termini ex art. 190 c.p.c..
Con comparsa conclusionale del 25 maggio 2023, il deduceva che ‘con la determina n. 55 del 08.06.2022 il distretto n. 49 provvedeva a liquidare la sorta capitale e le competenze professionali di cui al decreto ingiuntivo n. 1895/2021 (cfr. determina n. 55 del 08.06.2022)’ (pag. 4) e, nelle sue conclusioni, domandava al Tribunale di dichiarare, in via principale, la cessata materia del contendere, in virtù dell’avvenuto pagamento della sorta capitale in corso giudizio, oppure, in via subordinata, di confermare il decreto ingiuntivo opposto n. 1895/2021.
Con la comparsa conclusionale del 21 luglio 2023, l’ ribatteva che il Tribunale di Nola, con la sentenza n. 1071/2020, si era pronunciato ‘di guisa che qualunque altra questione attinente i medesimi titoli (fattura nn. 1092 e 1093 del 7/11/2008) risulta coperta dal giudicato e non può essere riesaminata da altro AVV_NOTAIO‘; inoltre, eccepiva, in caso di rigetto dell’opposizione, l’illegittimo frazionamento del credito e, in ogni caso la non applicabilità al RAGIONE_SOCIALE
R
caso di specie degli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002, concludendo per la revoca del decreto ingiuntivo n. 1895/2022.
Con la sentenza n. 2776/2023, pubblicata il 27 ottobre 2023, il Tribunale di Torre Annunziata accoglieva la richiesta del in ordine alla dichiarazione della cessazione della materia del contendere, affermando che, ‘ er quanto formalmente la non abbia aderito alla richiesta principale dell’opposta, la sostanza è sostanzialmente coincidente’ , e compensava le spese di lite motivando che le ‘ pposte argomentazioni fattuali e giuridiche che danno contezza che le posizioni delle parti, rect ius dell’opponente non è tale da far ritenere l’opposizione strumentale, di talché appare giusto compensare le spese di lite’ . RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’ che, con atto di citazione notificato alla controparte il 26 aprile 2024, ha articolato i seguenti motivi di gravame. RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo ha ritenuto illegittima la decisione del Tribunale che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere, stante il fatto che il pagamento era intervenuto in esecuzione dell ‘ ordinanza di provvisoria esecutività. Ha ribadito che la sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola – passata in giudicato – aveva attribuito al il diritto al pagamento, oltre che del capitale delle fatture n. 1092 e n. 1093 del 7 novembre 2008, dei soli interessi legali ‘e non anche degli interessi moratori ex artt. 4 e 5 d.lgs. 231/2002, atteso che, all’epoca in cui furono effettuate le prestazioni in convenzione oggetto della richiesta di retribuzione, all’attività in accreditamento con il RAGIONE_SOCIALE non si applicava la normativa di cui sopra’ (pag. 6). Per tale ragione, a giudizio dell’appellante , erroneamente il Tribunale aveva riconosciuto la provvisoria esecutività del decreto opposto e respinto l ‘ opposizione , stante l’eccezione di giudicato avanzata dall’ in comparsa conclusionale, che avrebbe dovuto impedire al Tribunale di accogliere la tesi del Laboratorio e dichiarare la cessazione della materia del contendere. RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo ha denunciato la violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. da parte del Tribunale che, con la sentenza gravata, aveva accolto la richiesta del in ordine alla dichiarazione della cessazione della materia del contender e, benché l’ non avesse aderito a tale richiesta. Al riguardo ha specificato che: a) con la sua comparsa conclusionale aveva negato la sussistenza degli interessi moratori pretesi dalla parte avversa; b) aveva corrisposto al la somma ingiunta solo perché era stata concessa la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo opposto. RAGIONE_SOCIALE
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Pertanto ha chiesto a questa Corte, di: ‘ Accogliere integralmente l’atto di appello proposto dalla , in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore e, riformata la sentenza di decisione del primo grado n. 2776/2023, pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Seconda Civile, AVV_NOTAIO, accogliere le conclusioni di cui all’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, con la consequenziale revoca del decreto ingiuntivo 1895/2021. 2. Per l’effetto, condannare la parte appellata al pagamento, in favore della -in persona del Direttore Generale quale legale rappresentante pro tempore – di spese ed onorari del doppio grado di giudizio’ .
Con comparsa di costituzione depositata il 27 agosto 2024, il ha resistito all’appello deducendo che, a) in ossequio a quanto previsto dall’art. 7 del contratto in base al quale erano state emesse le fatture azionate -secondo cui gli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002 sorgevano ‘dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento’ e che essi dovevano essere richiesti a seguito di apposita fattura -esso aveva provveduto ad emettere tale fattura, ‘avendo l’ corrisposto il pagamento delle fatture, relative all’annualità 2008, oggetto di contestazione da parte dell’ , soltanto all’esito della emissione dal Tribunale di Nola n. 10712020′ (pag. 11); b) la dichiarazione della cessazione della materia del contendere era legittima.
Pertanto ha chiesto a questa Corte di: ‘a) dichiarare inammissibile l’appello spiegato ex art. 348 c.p.c. in quanto difettante dei requisiti del novellato art. 342 c.p.c.; b) rigettare, l’impugnazione azionata perché destituita di fondamento giuridico e fattuale; c) per l’effetto, confermare integralmente le statuizioni contenute nella sentenza resa dal Tribunale di Torre Annunziata n. 2776/2023 –AVV_NOTAIO; d) condannare al pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di giudizio’ .
Alla prima udienza del 18 novembre 2025 la Corte, dopo aver invitato le parti a discutere, ha introitato la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto, va osservato che, al contrario di quanto sostenuto dall’appellata nelle sue conclusioni, l’appello deve ritenersi rispettoso delle prescrizioni dettate, a pena d’inammissibilità dell’impugnazione, dall’art. 342 c.p.c., nel testo nella specie applicabile ratione temporis , cioè quello anteriore alle modifiche apportatevi dal D. Lgs. 10 ottobre 2022,
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n. 149, consentendo di individuare con sufficiente chiarezza le critiche mosse dall’appellante alla sentenza impugnata, nonché le modifiche di tale sentenza conseguentemente chieste a questa Corte.
Sono fondati i due motivi di appello, da trattarsi congiuntamente poiché entrambi rivolti a censurare la dichiarata cessazione della materia del contendere e a far rilevare l’infondatezza della pretesa creditoria del .
Orbene, la sentenza di primo grado deve essere riformata in quanto, a parere della Corte, il Tribunale ha errato nel dichiarare la cessazione della materia del contendere. Dagli atti, infatti, non emergeva il comune intento delle parti di estinguere la controversia, né sotto il profilo formale né sotto quello sostanziale. Sotto il profilo formale, perché l’ non aveva aderito alla richiesta di declaratoria avanzata dal . Sotto il profilo sostanziale, in quanto il contegno processuale dell’ precludeva di desumere un’implicita volontà in tal senso, posto che nella comparsa conclusionale del primo grado essa aveva insistito sulla richiesta di revoca del decreto ingiuntivo; in secondo luogo, neppure l’emissione della determina dell’ n. 55 del 08 giugno 2022 – avente ad oggetto la liquidazione delle somme oggetto del decreto ingiuntivo n. 1895/2021 – poteva intendersi come un riconoscimento del credito reclamato, dato che dalle sue premesse risultava che l’atto veniva adottato in esecuzione dell’ordinanza, emessa dal Tribunale di primo grado il 23 maggio 2022 ai sensi dell’art. 648 c.p.c., mediante cui era stato reso esecutivo il decreto ingiuntivo n. 1895/2021, con la conseguenza che il pagamento disposto costituiva un mero adempimento imposto dalla provvisoria esecutorietà del titolo monitorio. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Ciò premesso, stante la natura devolutiva dell’appello, occorre valutare nel merito la fondatezza della pretesa creditoria avanzata dal nel presente giudizio.
Ebbene, la Corte ritiene che tale pretesa sia infondata, in quanto gli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002 oggetto della stessa, maturati sulle fatture n. 1092 e n. 1093 del 7 novembre 2008 e quantificati nella fattura n. 9 del 27 maggio 2021, non potevano essere richiesti nel giudizio definito con la sentenza appellata, essendo tale domanda preclusa dal giudicato esterno formatosi sulla sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola. Più specificamente, tale sentenza era stata emessa all’esito del procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo n. 586/2011 emesso dal medesimo Tribunale che aveva ordinato all’ di pagare al la somma capitale delle fatture azionate, oltre ai relativi interessi legali. Ebbene, come risulta dagli atti in RAGIONE_SOCIALE
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tale giudizio di opposizione il non aveva ampliato la propria pretesa creditoria cioè non aveva richiesto in quella sede il riconoscimento – in aggiunta agli interessi legali relativi alle fatture azionate – delle ulteriori somme accessorie necessarie a integrare gli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002. Ed infatti, il Tribunale di Nola -stante la mancata richiesta del in tal senso e considerato che il decreto ingiuntivo riconosceva esclusivamente gli ‘interessi legali’ c on la sentenza n. 1071/2020 ha correttamente condannato l’ al pagamento dei soli interessi legali. Ciò in quanto, nel confermare il decreto ingiuntivo, il giudice era vincolato a interpretare tale espressione nel senso degli interessi di cui all’art. 12 84, comma 1, c.c., in conformità al principio di diritto affermato, anche di recente, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 12449/2024), secondo cui: ‘ove il giudice disponga il pagamento degli ‘interessi legali’ senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ., se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali ‘. RAGIONE_SOCIALE
Quindi, per ottenere interessi maggiori di quelli riconosciuti, il avrebbe dovuto chiedere tempestivamente, quindi con la sua comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 586/2011, il riconoscimento della maggiorazione degli interessi già ingiunti sino al raggiungimento del tasso previsto dal D. Lgs. 231/2002. Che a tanto fosse tenuto emerge chiaramente da quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 26727/2024, la quale ha precisato che ‘ nella comparsa di costituzione l’opposto è legittimato a proporre non solo domande ‘reattive’ stricto sensu cioè riconvenzionali -, ma altresì domande che , sempre come qualificate dall’arresto del 2015 e confermate da quello susseguente del 2018, rientrano nell’area sostanziale sottesa alla domanda originaria, ovvero sono domande aggiuntive/alternative, sovente collocate in posizione di subordine, ammissibili perché rapportate al medesimo interesse’ .
Analogamente già in Cass. 9633/2022 si argomentava che ( così la massima ) ‘ il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione
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riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c.” .
Tanto affermato, deve ritenersi che il thema decidendum del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 586/2011 del Tribunale di Nola coincide relativamente al tema degli interessi sulla sorte capitale per le medesime prestazioni con quello del presente giudizio, con la conseguenza che, come anzidetto, la richiesta di applicazione di un tasso di interesse maggiore sul medesimo credito e sulla stessa base di calcolo avrebbe dovuto essere proposta tempestivamente nel primo giudizio di opposizione, entro il termine della comparsa di costituzione e risposta.
Una simile domanda sarebbe già stata tardiva se formulata successivamente nel medesimo giudizio e, a maggior ragione, risulta del tutto inammissibile se introdotta con un diverso e successivo procedimento. Ciò in quanto essa è preclusa dagli effetti estensivi del giudicato derivante dalla sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola, che ha definito quel giudizio di opposizione accertando definitivamente il credito azionato ed anche i relativi accessori.
In definitiva, la pretesa del di ottenere, nel presente giudizio, l’applicazione di un tasso di interesse più elevato rispetto a quello riconosciuto dalla sentenza n. 1071/2020 deve essere rigettata, poiché si pone in contrasto con il giudicato formatosi nel precedente processo e integra la violazione del divieto del principio del ne bis in idem. ( cfr. anche Cass. n. 15343/2009, che richiama Cass. civ., 16 marzo 1996, n. 2205 in cui i giudici di legittimità hanno avuto modo di affrontare specificamente il nostro tema osservando che ‘ l’autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile, e cioè non solo le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio (giudicato esplicito) ma anche tutte le altre… le quali, sebbene non dedotte specificamente si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte (giudicato implicito)….. al titolare di un diritto di credito del quale si sia già giudicato, è precluso agire con una seconda domanda relativa a tale diritto quando essa miri ad ottenerne una diversa quantificazione in base a circostanze e criteri diversi da quelli posti a base dell’anteriore statuizione ‘).
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Nel caso in esame, poiché gli interessi legali ex art. 1284, co. 1, c.c. e gli interessi commerciali ex D. Lgs. 231/2002 costituiscono entrambi accessori del medesimo capitale, il , avendo richiesto e ottenuto gli interessi legali nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, non può, per le ragioni suddette, domandare in questo giudizio la liquidazione di ulteriori interessi sulla stessa base capitale in applicazione di un diverso criterio.
Prive di pregio sono le deduzioni dell’appellata secondo cui essa avrebbe agito in conformità all’art. 7 del contratto, ritenendo che gli interessi moratori potessero essere richiesti solo dopo l’emissione di apposita fattura e che tale fattura potesse essere emessa soltanto d opo il saldo, da parte dell’ delle somme relative all’annualità 2008 all’esito della sentenza n. 1071/2020 del Tribunale di Nola. Invero, gli interessi di cui al D. Lgs. 231/2002 avrebbero potuto essere reclamati sin da subito, contestualmente alla richiesta di pagamento delle fatture azionate, poiché la clausola contrattuale di cui all’art. 7 che prevede l’emissione di una fattura per gli interessi moratori -configura una mera sequenza procedurale funzionale a fini fiscali e non un presupposto impeditivo della loro azionabilità giudiziale. Del resto, lo stesso contratto stabilisce che tali interessi maturano ‘dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento’ . RAGIONE_SOCIALE
Ogni altra questione è assorbita.
Per tutte queste ragioni, in riforma della sentenza appellata, deve accogliersi l’opposizione dell’ e revocarsi il decreto ingiuntivo n. 1895/2021 del Tribunale di Torre Annunziata. RAGIONE_SOCIALE
III. In considerazione della riforma della sentenza di primo grado, l’appellata va condannata a rifondere all’appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio che, in mancanza della relativa nota specifica, vanno liquidate in base ai parametri indicati dal D.M. numero 55/2014, (come modificato dal D.M. 147/2022) e rapportate al decisum , cioè facendo applicazione dello scaglione per le controversie di valore compreso tra € 5.200,01 e 26.000,00, nei seguenti importi: p er il processo di primo grado, € 3.200,00 per compensi oltre € 480,00 per il rimborso delle spese generali ed € 237,00 per spese vive documentate ( contributo unificato). Totale parziale € 3.917,00. Per processo di appello, € 3400,00 per compensi ed € 510,00 per spese generali ( non risultano esborsi documentati). Totale parziale € 3910,00 .
la Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dall’
avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 2776/2023, pubblicata il 27 ottobre 2023:
in riforma della sentenza appellata, accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo n. 1895/2021 emesso dal Tribunale di Torre Annunziata;
condanna il al pagamento in favore dell’ delle spese di entrambi i gradi di giudizi che liquida, per il giudizio di primo grado in € 3.917,00 e, per l’appello, in € 3910,00 oltre oneri diversi, se dovuti.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 2.12.2025 .
Il Presidente estensore NOME COGNOME