Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30759 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30759 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 32142 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE , P.IVA. P_IVA, con sede in Partinico (Pa) INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE), nato a Palermo il 10/01/1968, Laboratorio di ricerche RAGIONE_SOCIALE del dott. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (già Laboratorio di ricerche Locorotondo del dott. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE), P.IVA: P_IVA, con sede in Palermo, INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE), nato a Palermo il 17/12/1943, RAGIONE_SOCIALE (giusta atto di fusione per incorporazione di quest’ultima con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ricevuto dal Notaio G. Brucia di Palermo in data 28.12.2011 con atto rep. 2312 raccolta n. 1864), P.IVA/CF: P_IVA, con sede in Palermo, INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE), nato a Palermo il 23/03/1957, Laboratorio polidiagnostico analisi chimico-cliniche e batteriologiche di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE , P.IV A: 02610930824, con sede in Termini Imerese (PA),
INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott.ssa NOME COGNOME (cf: CLDPVV48H60L112X), nata a Termini Imerese il 20/06/1948, RAGIONE_SOCIALE , P.IVA: P_IVA, con sede in Palermo (P A), INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE), nata a Palermo il 25/01/1948, RAGIONE_SOCIALE , P.IVA:P_IVA, con sede in Palermo, INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE, nata a Palermo il 01/03/1948, Analisi biologiche e radioimmunologiche del dott. RAGIONE_SOCIALE , P.IVA: P_IVA, con sede in Castellammare del Golfo (fP), INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME (cf: CODICE_FISCALE), nato a Palermo il 31/10/1979, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE – fax: NUMERO_TELEFONO PEC: EMAIL legalmailEMAILit), giusta procura in calce al ricorso.
Ricorrenti
contro
Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo (p.i. P_IVA) in p.na del Direttore Generale e rappresentante legale p.t., Dott.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME – c.f. CODICE_FISCALE fax NUMERO_TELEFONO Dirigente Avvocato dell’Asp di Palermo, giusta procura, su foglio separato, in calce al controricorso.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n° 706 depositata il 29 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con sentenza non definitiva n° 249 del 5 febbraio 2018 la Corte d’appello di Palermo riconosceva il diritto delle imprese menzionate in epigrafe (e di altre che non fanno parte del presente giudizio), tutte accreditate, a percepire dall’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Palermo i compensi per le prestazioni sanitarie rese nel 2003 ‘ extrabudget ‘, sul rilievo che, grazie alla produzione in giudizio di una transazione del 18 luglio 2011, risultava raggiunta la prova documentale di ‘ economie di spesa nell’aggregato di riferimento ‘.
Rimessa, quindi, la causa sul ruolo e disposta c.t.u., la Corte palermitana con la sentenza indicata in intestazione condannava l’Asp al pagamento di distinti importi in favore di ciascuna impresa, attribuendo gli interessi legali dalla data di messa in mora, identificata con la notifica della citazione del primo grado, e negando, per contro, gli interessi del d.lgs. n° 231/2002.
Spese secondo soccombenza.
2 .- Per quello che ancora qui rileva, osservava la Corte che, contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti strutture private, la debenza degli interessi moratori ex d.lgs. n° 231/2002 non era stata tardivamente contestata dall’Azienda pubblica, trattandosi di mera difesa.
Tale questione non poteva, dunque, considerarsi pacifica ( ex art. 115 cod. proc. civ.), giacché l’Asp aveva negato, sin dal giudizio di primo grado, la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda principale, rispetto alla quale la domanda di corresponsione degli interessi si poneva in rapporto di accessorietà.
Tuttavia, il diritto a tali interessi sarebbe potuto sorgere solo in presenza di un contratto scritto tra singole strutture e Asp concluso dopo l’8 agosto 2002 (data di entrata in vigore del d.lgs. n° 231), che nella fattispecie era però mancante, poiché l’Azienda pubblica aveva eccepito che nel 2003 l’assegnazione dei tetti di spesa era
avvenuto unilateralmente, dunque senza un accordo scritto, del quale non poteva tener luogo nemmeno il Decreto emesso dal direttore sanitario della Regione siciliana, con cui erano stati stabiliti l’ammontare dei corrispettivi e le modalità di remunerazione.
La prova del contratto non si poteva desumere nemmeno dalla premessa contenuta nella delibera Asp n° 1847/2004, poiché la menzione ai ‘ contratti di fornitura di prestazioni sanitarie per gli anni 2002/2003/2004 ‘ era generica e non suppliva alla forma scritta ad substantiam richiesta per il contratto.
Infine, non era idoneo a soddisfare il requisito in questione nemmeno il contratto del 10 novembre 2004, allegato alla delibera Asl del 16 dicembre 2004, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano ridefinito, in via transattiva, il budget loro assegnato per l’anno 2003, dato che tale accordo, avendo natura meramente transattiva ed essendo stato stipulato solo in epoca successiva alla erogazione delle prestazioni, non valeva ad integrare la fonte negoziale necessaria per consentire l’applicazione degli interessi nella misura richiesta.
3 .-L’Asp Palermo ha depositato controricorso notificato ed ha concluso per la reiezione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Solo le ricorrenti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 115, 167, primo e secondo comma, e 345 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 3 e 4, dello stesso codice.
L’Asp, infatti, in primo grado non aveva eccepito nulla sulla pretesa di interessi ex d.lgs. n° 231/2002, mentre in appello ne aveva
tardivamente contestato la debenza, sul rilievo della peculiarità del rapporto giuridico tra Asp e strutture (comparsa di risposta), nonché della inesistenza di un accordo negoziale (comparsa conclusionale), con la conseguenza che la pretesa doveva considerarsi incontestata.
Da qui la violazione degli artt. 115, 167 e 345 sopra indicati.
Inoltre, la pretesa di interessi unionali era fondata su specifici presupposti ed era, dunque, autonoma e non, come ritenuto dalla Corte, meramente accessoria a quella principale.
5 .- Il mezzo è inammissibile.
È stato infatti già deciso che ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata ” pacifica ” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass., sez. III, 4 aprile 2022, n° 10761 e, in caso antitetico, dove il ricorrente censurava la non contestazione ritenuta dal giudice, Cass., sez. I, 16 luglio 2024, n° 19588).
In altre parole, le ricorrenti erano onerate di trascrivere gli atti processuali dei quali la Corte non avrebbe tenuto conto ed in base ai quali, invece, il secondo giudice sarebbe dovuto giungere alla conclusione che la debenza degli interessi comunitari era incontestata.
A tale adempimento le ricorrenti non hanno provveduto e la carenza rende inammissibile il mezzo per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n° 6, cod. proc. civ..
6 .- Col secondo mezzo le ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2909 cod. civ., 1-6 ed 11 del d.lgs. n° 231/2002, 8bis , 8ter , 8quinquies del d.lgs. 502/1992, 28 della legge reg. Sicilia n° 2/2002, 25 della legge reg. Sicilia n° 4/2003, 1362 cod. civ., 12
preleggi, 115 cod. proc. civ., 111 Cost. e 132, primo comma, n° 4, cod. proc. civ..
La Corte d’appello con la sentenza non definitiva n° 249/2018, non impugnata da alcuna parte processuale e, dunque, passata in giudicato, aveva accolto la domanda di pagamento dell’ extrabudget .
Tale accoglimento implicava il riconoscimento della sussistenza di tutti i presupposti del diritto alla prestazione principale, tra i quali il contratto scritto ex art. 8quinquies d.lgs. n° 502/1992: contratto che non poteva, pertanto, essere negato con la sentenza definitiva, a meno di violare l’art. 2909 cod. civ.
Peraltro, i contratti erano stati stipulati, conformemente alla legge statale ed a quella regionale, mediante corrispondenza, mentre l’eccezione dell’Asp secondo la quale la regolazione del rapporto sarebbe avvenuta nel 2003 in modo unilaterale, mediante la deliberazione dell’Azienda sanitaria n° 918 del 16 marzo 2004 (modificata dalla deliberazione n° 1847 del 20 maggio 2004) -sarebbe stata accolta dalla Corte d’appello con una motivazione carente, nella quale si confondeva la deliberazione aziendale n° 918/04, con un non ben precisato ” decreto del Direttore Sanitario della Regione Siciliana ‘.
In realtà, con tale delibera l’Asp aveva stabilito le risorse complessive da destinare alle macrocategorie, rimettendo poi ai contratti di fornitura, conclusi mediante corrispondenza, di determinare il singolo budget : contratti citati nello stesso preambolo delle due delibere e risultanti dagli stessi documenti versati in atti sin dal primo grado, come quelli conclusi da Centro villa Santa Teresa (cui faceva riferimento la Struttura capofila degli appellanti, il Centro di RAGIONE_SOCIALE Nucleare San Gaetano RAGIONE_SOCIALE), dal RAGIONE_SOCIALE (oggi s.r.l.) e da RAGIONE_SOCIALE (oggi incorporata da RAGIONE_SOCIALE).
Quanto, infine, alla transazione stipulata da RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE essa era documentata dalla deliberazione Asl n° 4389/2004, nella quale si dava atto della transazione intervenuta tra l’Asp e le due imprese, con la conseguenza che non era comprensibile la decisione della Corte di ritenere ‘ inidoneo ‘ tale accordo transattivo ai fini del riconoscimento degli interessi comunitari, che, per contro, era del tutto conforme alla previsione dell’art. 2 del d.lgs. n° 231/2002, nonché privo di efficacia novativa del già esistente rapporto.
Da ultimo, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che l’accordo negoziale tra Asp e struttura privata può essere integrato, secondo l’indirizzo di questa Suprema Corte (Cass. 17665/2019), da un provvedimento amministrativo.
E dato che tutti i suindicati profili erano presenti nelle deliberazioni dell’Azienda Sanitaria di determinazione del budget e di regolazione del rapporto di erogazione con le Strutture ricorrenti per l’anno 2003, erano dovuti anche gli interessi comunitari.
7 .- Il profilo col quale viene eccepito il giudicato interno derivante dalla sentenza non definitiva n° 249/2018 è fondato.
Non può infatti condividersi la sentenza gravata, la quale, nonostante la mancata impugnazione della sentenza non definitiva, nella parte in cui aveva riconosciuto il diritto delle ricorrenti al pagamento del corrispettivo extrabudget delle prestazioni dalla Asp Palermo, ha ritenuto insussistente il diritto agli interessi ex d.lgs. n° 231/2002 per il ritardo nel pagamento delle medesime somme, così rimettendo in discussione l’esistenza di un titolo in forma scritta tra le strutture private e l’Azienda sanitaria, che -sia pure implicitamente -la Corte d’appello ha ritenuto sussistente e che rappresentava il fatto costitutivo del diritto al pagamento sia del capitale che degli interessi ed in ordine al quale doveva ritenersi ormai formato il giudicato interno (in caso del tutto analogo al
presente si veda Cass., sez. I, 30 agosto 2024, n° 23384 e Cass., sez. I, 18 ottobre 2024, n° 27135).
È pur vero che, come più volte affermato da questa Corte, il credito degli interessi, una volta sorto, costituisce un’obbligazione pecuniaria autonoma rispetto a quella avente ad oggetto il capitale, che può essere fatta valere separatamente da quest’ultima, mediante una domanda che, in quanto fondata sul ritardo nell’adempimento dell’obbligazione principale, anziché sulla fonte di quest’ultima, ed avente ad oggetto una somma soggetta ad incremento progressivo, anziché determinata in misura fissa in base al criterio concretamente applicabile, è caratterizzata da una causa petendi e un petitum diversi da quelli della domanda di pagamento del debito principale (cfr. Cass., Sez. Un., 26 marzo 2015, n° 6060; Cass., Sez. I, 22 marzo 2012, n° 4554; Cass., sez. I, 19 febbraio 2003, n° 2476).
Ciò non esclude tuttavia il carattere accessorio di tale obbligazione, il quale emerge essenzialmente con riguardo al momento genetico del rapporto, nel senso che la decorrenza degli interessi presuppone la nascita dell’obbligazione principale e la loro maturazione cessa con l’estinzione della stessa (cfr. Cass., Sez. V, 24 gennaio 2023, n° 2095; Cass., Sez. II, 27 novembre 2009, n° 25047; Cass., Sez. lav., 20 settembre 1991, n° 9800), con la conseguenza che, in sede di accertamento del diritto al pagamento degli interessi, il giudicato formatosi in ordine all’esistenza ed alla validità del rapporto principale, per effetto dell’accoglimento della domanda di pagamento del capitale, preclude ogni ulteriore contestazione in ordine a tali aspetti della controversia (cfr. Cass., Sez. lav., 27 marzo 2023, n° 8594).
Peraltro, non sembra coerente con la premessa dalla quale la stessa Corte è partita nella sentenza definitiva (insussistenza di un accordo scritto) il riconoscimento degli ‘ interessi al saggio legale ex art. 1224 cod. civ. ‘ (sentenza pagina 7), dato che la mancanza di
tale accordo avrebbe, invero, precluso anche l’attribuzione di tali ultimi accessori.
9 .- Col terzo motivo le ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’errore processuale per mancata valutazione di una prova documentale ( ex art. 360, primo comma, n° 4), nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, primo comma, n° 5).
La sentenza avrebbe riconosciuto gli interessi legali a partire dalla notificazione della citazione (10 novembre 2005), sul rilievo che le strutture private non avrebbero documentato la ricezione da parte dell’azienda appellata della diffida ad adempiere, mentre tale diffida (del 30 maggio 2005), con allegata la ricevuta di consegna, sarebbe stata prodotta col doc. n° 9 sin dal primo giudizio: donde la debenza degli interessi legali dal 7 giugno 2005, data di ricezione della diffida predetta.
10 .- Il mezzo è inammissibile, sollecitando la rivalutazione del materiale istruttorio operata dalla Corte territoriale al fine di ottenere una diversa decisione nel merito.
La Corte, infatti, ha preso in considerazione il doc. n° 9 citato dalle ricorrenti e, esaminandolo, ha concluso asserendo che le imprese appellanti non avevano documentato l’effettiva ricezione da parte dell’Azienda appellata della diffida ad adempiere del 10 novembre 2005.
Con ciò, la Corte ha esaminato la menzionata prova documentale secondo il suo prudente apprezzamento, ex art. 116 cod. proc. civ., senza attribuirle un altro e diverso valore probatorio (ad es. legale) e senza violare le norme che presiedono alla valutazione di detta prova.
Pertanto, tale motivazione, da un lato, esclude che il vizio denunciato sia sussumibile nel disposto dell’art. 360, primo comma, n° 4, dato che il percorso logico esposto dal giudice non è apparente o contraddittorio ed è, dunque, sicuramente rispettoso
del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111 Cost.; dall’altro, la specifica citazione del documento n° 9 esclude che si sia trattato di un omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti (che, peraltro, non potrebbe nemmeno consistere nell’omesso esame di elementi istruttori).
Il vizio previsto dal n° 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. concerne, infatti, l’omesso esame di un ‘ fatto storico ‘, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito ( ex multis : Cass., Sez. lav., 15 maggio 2019, n° 13023).
Invero, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (Cass., sez. I, 4 marzo 2021, n° 5987, con menzione di altri precedenti delle Sez. Un.), mentre è inammissibile la doglianza con cui si lamenti l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n° 34476).
11 .- In conclusione, essendo ormai incontestabile il dies a quo dal quale decorrono gli interessi, questa Corte può decidere nel merito la controversia, condannando la Asp Palermo a pagare gli interessi a far data dal 10 novembre 2005 (come statuito in sentenza) non al saggio previsto dall’art. 1284 cod. civ., ma al saggio previsto dal d.lgs. n° 231/2002 sulle somme riconosciute alle sole odierne ricorrenti.
Alla soccombenza dell’Asp Palermo segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore indeterminabile della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
p.q.m.
la Corte cassa la sentenza limitatamente alla misura del saggio degli interessi, fermo il resto, comprese le spese del giudizio di appello, e, decidendo nel merito, condanna la Asp Palermo a pagare alle ricorrenti gli interessi al saggio previsto dal d.lgs. n° 231/2002 sulle somme indicate nella sentenza cassata a far data dal 10 novembre 2005, oltre alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed in euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2024, nella camera di consiglio