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Interessi moratori anche per i procacciatori d’affari

Una società produttrice di mosaici si opponeva al pagamento di una provvigione a un’intermediaria. La Corte di Cassazione, pur confermando il diritto alla provvigione, ha accolto il ricorso dell’intermediaria, stabilendo che anche l’attività di procacciamento d’affari rientra tra le “prestazioni di servizi” e dà quindi diritto agli interessi moratori previsti dal D.Lgs. 231/2002. La Corte ha anche chiarito che il giudice d’appello non può modificare le spese di primo grado se la sentenza viene confermata e non c’è un appello specifico sul punto.

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Interessi moratori: la Cassazione li estende ai procacciatori d’affari

L’attività di intermediazione commerciale, anche se svolta occasionalmente, costituisce una prestazione di servizi e, in caso di ritardato pagamento della provvigione, dà diritto agli interessi moratori speciali previsti per le transazioni commerciali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, che chiarisce importanti aspetti sia sul diritto sostanziale che sulle regole processuali in appello.

Il caso: una provvigione contesa e il doppio ricorso in Cassazione

La vicenda nasce da una controversia tra un’azienda produttrice di mosaici di pregio e una società che aveva agito come intermediaria, facilitando un importante accordo commerciale con un cliente estero. A fronte del mancato pagamento della provvigione pattuita (pari al 10% dell’affare), la società intermediaria aveva ottenuto un riconoscimento del proprio credito in primo grado.

La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, rigettando sia l’appello principale del produttore (che negava l’esistenza dell’accordo sulla provvigione) sia quello incidentale dell’intermediaria, che lamentava il mancato riconoscimento degli interessi moratori ai sensi del D.Lgs. 231/2002.
Entrambe le parti hanno quindi presentato ricorso in Cassazione. Il produttore ha contestato con numerosi motivi la valutazione delle prove che avevano portato a riconoscere il diritto alla provvigione, mentre l’intermediaria ha insistito su due punti: il diritto agli interessi speciali e la presunta illegittimità della decisione sulle spese processuali d’appello.

L’analisi della Corte sul ricorso del produttore

La Corte di Cassazione ha rigettato in toto il ricorso del produttore. I giudici hanno ritenuto inammissibili o infondate tutte le censure mosse contro la sentenza d’appello. In particolare, è stato sottolineato che le critiche relative alla valutazione di una e-mail e di altre prove documentali e testimoniali miravano, in realtà, a un riesame del merito della vicenda (la cosiddetta quaestio facti), attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha quindi confermato in via definitiva il diritto della società intermediaria a percepire la provvigione.

L’analisi del ricorso dell’intermediaria: la questione degli interessi moratori e delle spese

Di segno opposto è stata la decisione sul ricorso della società intermediaria, che è stato accolto su entrambi i fronti.

L’estensione della tutela per le transazioni commerciali

Il punto centrale della pronuncia riguarda il riconoscimento degli interessi moratori. I giudici di merito avevano negato tale diritto, sostenendo che l’attività di un agente o di un procacciatore d’affari non rientrasse nella nozione di “consegna di merci o prestazione di servizi”.
La Cassazione ha ribaltato questa interpretazione, affermando che il concetto di “prestazione di servizi” ai sensi del D.Lgs. 231/2002 deve essere inteso in senso ampio. Esso include pienamente anche i servizi resi da agenti, mediatori e procacciatori, la cui attività è finalizzata a promuovere la conclusione di affari nell’interesse di una delle parti. La Corte ha inoltre specificato che non è rilevante se l’attività sia svolta in modo professionale e abituale o, come nel caso di specie, in maniera occasionale. Ciò che conta è la natura dell’attività, che è a tutti gli effetti un servizio reso nell’ambito di una transazione commerciale tra imprese.

Il principio sulle spese processuali in appello

La Corte ha accolto anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla statuizione sulle spese legali. La Corte d’Appello, pur confermando integralmente la sentenza di primo grado, aveva nuovamente deciso sulle spese, compensandole parzialmente. La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: il giudice d’appello può modificare la decisione sulle spese del grado precedente solo se riforma, anche solo in parte, la sentenza nel merito. In caso di conferma totale, la statuizione sulle spese diventa definitiva, a meno che non sia oggetto di uno specifico motivo di impugnazione, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione estensiva e teleologica della normativa europea recepita con il D.Lgs. 231/2002, volta a contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Escludere i servizi di intermediazione da tale ambito di applicazione avrebbe creato una lacuna ingiustificata, indebolendo la tutela per una categoria di operatori economici. L’attività di procacciamento, che si concretizza nella ricerca di clienti e nella facilitazione di contratti, è un servizio a tutti gli gli effetti, che genera valore per l’impresa preponente e merita la medesima protezione accordata ad altre prestazioni. Sul piano processuale, la motivazione ribadisce il principio della devoluzione in appello, secondo cui il giudice del gravame può decidere solo sui punti della sentenza che sono stati specificamente contestati dalle parti. La condanna alle spese è un capo accessorio della sentenza che segue le sorti del merito: se il merito non viene modificato, e non vi è un appello specifico sulle spese, anche la relativa decisione non può essere alterata.

Le conclusioni

Questa ordinanza ha due importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, stabilisce con chiarezza che chiunque svolga attività di intermediazione commerciale, anche se non in via esclusiva o professionale, ha diritto, in caso di ritardo nel pagamento della provvigione, ai più elevati interessi moratori previsti dalla disciplina speciale. In secondo luogo, riafferma un rigido principio processuale sulla gestione delle spese legali in appello, limitando il potere del giudice di secondo grado in caso di conferma della decisione impugnata. Si tratta di una pronuncia che rafforza la tutela del credito per i procacciatori d’affari e contribuisce a una maggiore certezza del diritto nelle dinamiche processuali.

A un procacciatore d’affari spettano gli interessi moratori previsti per le transazioni commerciali?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’attività di procacciamento d’affari, anche se svolta occasionalmente, rientra nella nozione di “prestazione di servizi” ai sensi del D.Lgs. 231/2002, dando quindi diritto agli speciali interessi di mora in caso di ritardato pagamento della provvigione.

Per ottenere gli interessi moratori speciali, l’attività di intermediazione deve essere svolta professionalmente?
No. Secondo la Corte, non è rilevante che l’attività sia svolta in maniera abituale e professionale. Il diritto agli interessi moratori sorge in virtù della natura dell’attività come prestazione di servizi nell’ambito di un rapporto commerciale, indipendentemente dalla sua occasionalità.

Il giudice d’appello può modificare la decisione sulle spese di primo grado se conferma la sentenza?
No. Se la sentenza di primo grado viene integralmente confermata, il giudice d’appello può modificare la statuizione sulle spese solo se questo specifico punto della decisione è stato oggetto di un apposito motivo di impugnazione. In caso contrario, non ha il potere di rivedere quella decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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