Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
R.G.N. 10846/22
C.C. 27/3/2024
Appalto -Compenso dell’appaltatore -Interessi legali
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Bari, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE);
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 454/2022, pubblicata il 22 marzo 2022, asseritamente notificata a mezzo PEC il 23 marzo 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 2158/2010 del 14 ottobre 2010, notificato il 22 ottobre 2010, il Tribunale di Bari ingiungeva il pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE e a carico di COGNOME NOME, della somma di euro 10.832,30, oltre interessi legali, a titolo di saldo del corrispettivo preteso per l’esecuzione dell’appalto inerente alla posa in opera di cordoli, pavimenti autobloccanti e di una scalinata, con la fornitura del materiale di posa, presso la villa di proprietà dell’ingiunto.
Con atto di citazione notificato il 30 novembre 2010, COGNOME NOME proponeva opposizione avverso l’emanato provvedimento monitorio e, per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Bari, la RAGIONE_SOCIALE, per sentire accertare che l’ingiungente non aveva mai effettuato le opere in ordine alle quali aveva richiesto il pagamento, in quanto il committente, avendo ritenuto eccessivo il prezzo preventivato, non ne aveva disposto l’esecuzione in appalto. Chiedeva, pertanto, che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e che fosse dichiarato che nulla era dovuto per il titolo indicato.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la prospettazione avversaria e concludeva per il rigetto della spiegata opposizione, con la conferma del provvedimento monitorio opposto.
Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 5420/2016, depositata il 24 ottobre 2016, rigettava l’opposizione proposta e confermava il decreto ingiuntivo opposto.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 novembre 2016, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado COGNOME NOME, il quale lamentava: 1) l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie sia in ordine all’ an sia in ordine al quantum debeatur ; 2) l’eccessiva quantificazione delle spese giudiziali liquidate.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per il rigetto del gravame.
Nel corso del giudizio d’appello era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bari, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, revocava il decreto ingiuntivo opposto e dichiarava l’appellante tenuto al pagamento, in favore della società appellata, della minor somma di euro 6.100,00, oltre IVA come per legge, e -dato atto dell’intervenuto pagamento, nel corso del giudizio di gravame, a cura dell’appellante, in esecuzione della sentenza di primo grado impugnata, della somma di euro 23.018,27 -condannava la società appellata alla restituzione, in favore dell’appellante, della differenza tra l’importo versato e l’importo liquidato per il titolo evocato in causa.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, pur avendo i testi escussi confermato l’esecuzione dell’appalto, la somma dovuta doveva essere ridotta ad euro 6.100,00, oltre IVA, alla stregua delle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio; b ) che,
tuttavia, l’appellante aveva già corrisposto, nel corso del giudizio d’appello, la somma di euro 23.028,27 ( recte euro 23.018,27, come da dispositivo), in esecuzione della sentenza impugnata, sicché doveva essere accolta la richiesta avanzata dall’appellante, nei confronti della società appellata, di restituzione della differenza tra tale somma e quella effettivamente dovuta.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
È rimasto intimato COGNOME NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In primis , si rileva che, nonostante la ricorrente non abbia depositato la copia notificata della sentenza impugnata (notifica asseritamente avvenuta a mezzo PEC il 23 marzo 2022), il ricorso è ugualmente procedibile (in base alla c.d. prova di resistenza), stante che, a fronte della pubblicazione della pronuncia il 22 marzo 2022, il ricorso di legittimità è stato notificato a mezzo PEC il 2 maggio 2022, ossia entro il termine breve ex art. 325, secondo comma, c.p.c. di 60 giorni dal deposito (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 18645 del 22/09/2015; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013).
-Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione, omessa e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 1282 c.c., per avere la Corte di merito omesso di pronunciare
sulla specifica domanda, tempestivamente spiegata con il ricorso monitorio, di riconoscimento degli interessi legali dovuti sul credito vantato.
Obietta l’istante che, in sede monitoria, aveva espressamente richiesto l’ingiunzione del pagamento della somma di euro 10.832,30 per sorte capitale, oltre interessi legali, e che conformemente era stato adottato il provvedimento monitorio, che appunto disponeva anche il pagamento di tali interessi dalla domanda al saldo, mentre, per converso, la sentenza impugnata, dopo aver revocato il decreto ingiuntivo, aveva disposto il pagamento della minor somma capitale di euro 6.100,00, oltre IVA, senza alcuna statuizione sugli interessi legali, seppure richiesti nel ricorso monitorio e accordati nel decreto ingiuntivo, con la conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2.1. -Il motivo è fondato.
Infatti, integra un vizio di omessa pronuncia, che può essere fatto valere ai sensi dell’art. 112 c.p.c., la condanna al pagamento della sola sorte capitale, nonostante la richiesta di pagamento sia stata estesa anche agli interessi legali (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10890 del 08/05/2013; Sez. 3, Sentenza n. 1701 del 26/01/2006; Sez. L, Sentenza n. 3563 del 15/04/1994).
Ora, il ricorso monitorio era stato diretto ad ottenere il pagamento del compenso per l’appalto eseguito (euro 10.832,00), comprensivo degli interessi legali per il ritardato pagamento, e il decreto ingiuntivo ne aveva preso atto, intimando il pagamento, verso il committente, della sorte capitale, oltre interessi legali dalla domanda sino al soddisfo.
A fronte della spiegata opposizione, il decreto ingiuntivo è stato integralmente confermato, anche con riferimento all’accessorio degli interessi.
Quindi, all’esito dell’opposizione proposta dall’appaltante, la sentenza impugnata ha ridotto l’importo della sorte capitale dovuta a titolo di compenso per i lavori eseguiti in appalto (all’importo di euro 6.100,00, oltre IVA), ma nulla ha disposto sugli interessi espressamente richiesti con il ricorso monitorio e previsti nel decreto ingiuntivo confermato in primo grado (richiesta di conferma reiterata in appello dalla parte appellata, che ha concluso per il rigetto del gravame).
Sussiste, per l’effetto, un vizio di infra -petizione, poiché la sentenza impugnata, nell’accogliere per quanto di ragione l’appello proposto, ha revocato il provvedimento monitorio opposto -che, invece, era stato confermato dalla sentenza del Tribunale -e ha ridotto l’importo dovuto per la causale dedotta in ordine alla sorte capitale, contemplando però il solo accessorio dell’IVA, ma non disponendo alcunché sugli interessi di mora maturati, benché richiesti (e accordati con il relativo provvedimento monitorio) con il ricorso per decreto ingiuntivo.
Rispetto a questa carenza decisoria, maturata solo con la sentenza d’appello, l’odierno ricorrente ha prontamente sollevato ricorso in cassazione lamentando la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
3. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza quanto alla disposta restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, di cui al capo secondo
del dispositivo della pronuncia d’appello, benché la relativa richiesta fosse inammissibile, in quanto avanzata tardivamente nella sola comparsa conclusionale.
Osserva l’istante che il pagamento in esecuzione della sentenza di primo grado era avvenuto nel mese di febbraio 2017, a giudizio di appello in corso, mentre soltanto con l’ultima delle comparse conclusionali del 18 gennaio 2022, nel giudizio di secondo grado, l’appellante aveva dato notizia dell’avvenuto pagamento della somma di euro 23.018,27 per sorte capitale, interessi e spese legali, di cui chiedeva la ripetizione all’esito dell’accoglimento del gravame.
Secondo l’istante, l’ultimo momento utile per richiedere la ripetizione, a fronte di un pagamento attuativo della sentenza di primo grado nel corso del giudizio d’appello, avrebbe dovuto essere individuato nell’udienza di precisazione delle conclusioni.
3.1. -Il motivo è infondato.
E tanto perché nel giudizio di appello l’istanza di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, che peraltro può anche essere disposta d’ufficio dal giudice, non integra una domanda nuova ex art. 345 c.p.c., in quanto conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata.
Ne discende che, ove il pagamento sia intervenuto durante il giudizio di impugnazione, detta istanza può essere formulata in qualunque momento, anche nell’udienza di discussione della causa, in sede di precisazione delle conclusioni oppure nella comparsa conclusionale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4163 del 15/02/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 23804 del 04/08/2023; Sez. 1,
Ordinanza n. 13858 del 19/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 36360 del 13/12/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 7189 del 04/03/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 23972 del 29/10/2020; Sez. 1, sentenza n. 11491 del 16/05/2006).
4. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 336, 653, secondo e terzo comma, e 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale condannato la parte appellata -come rilevabile dal secondo capo della sentenza impugnata -alla restituzione di tutte le somme corrisposte dall’appellante in forza dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, con il conseguente vizio di ultrapetizione, posto che l’appellante aveva chiesto la mera riduzione della somma ingiunta, con la condanna dell’appellato alla restituzione delle somme pagate in eccedenza, ivi comprese tutte le spese di esecuzione.
Senonché, ad avviso della ricorrente, in conseguenza dell’accoglimento parziale dell’opposizione, il titolo esecutivo sarebbe stato costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto ingiuntivo avrebbero conservato i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta, cosicché indebitamente sarebbe stata disposta la restituzione di tutte le somme ottenute in forza della sentenza di primo grado, anziché nei limiti della differenza tra la somma portata dall’ingiunzione revocata e il credito riconosciuto in secondo grado.
Deduce ancora l’istante che avrebbero dovuto essere restituiti solo gli interessi sulla maggior somma corrisposta e avrebbe dovuto essere riconosciuto, invece, il diritto della società
appellata al rimborso delle spese relative all’ipoteca iscritta e all’azione esecutiva avviata, sempre che essere fossero state pagate in relazione allo stesso scaglione tariffario al quale apparteneva sia la somma ingiunta che quella ridotta.
Aggiunge l’istante che la Corte territoriale avrebbe pure errato nel liquidare, in favore della creditrice, le spese del procedimento monitorio in relazione all’effettivo credito riconosciuto.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Infatti, la censura muove da un presupposto processuale erroneo, ossia dal rilievo secondo cui la sentenza d’appello avrebbe disposto la restituzione dell’intera somma corrisposta in esecuzione della sentenza di primo grado.
Per contro, la Corte di merito ha condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della sola differenza tra la somma corrisposta in esecuzione della sentenza di primo grado e quella liquidata nel giudizio d’appello, pari ad euro 6.100,00, oltre IVA.
Ne discende che le ulteriori obiezioni sollevate nella censura non sono esaminabili, muovendo appunto dal predetto presupposto erroneo.
E ciò anche perché il richiamo alle spese per l’iscrizione dell’ipoteca, per l’intimazione del precetto e per l’avvio della procedura esecutiva incardinata, ‘in relazione al minor credito rientrante nel medesimo scaglione tariffario di quello azionato’, è del tutto generico e non supportato da alcun analitico riferimento agli esborsi a tal fine in tesi sostenuti.
5. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il primo motivo deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre il secondo è infondato e il terzo è inammissibile.
La sentenza impugnata va dunque cassata limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, secondo comma, seconda parte, c.p.c., COGNOME NOME deve essere dichiarato tenuto al pagamento, per il titolo di cui è causa, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 6.100,00, oltre IVA, importo complessivo su cui sono dovuti gli interessi legali civilistici di mora (come richiesto con il ricorso per decreto ingiuntivo) al saggio ex art. 1284 c.c. dalla domanda monitoria al soddisfo.
Per l’effetto, resta ferma la statuizione sulla restituzione dell’eccedenza.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza, con liquidazione per i gradi di merito e per il giudizio di legittimità come da dispositivo e con compensazione nei limiti di un terzo in ragione della soccombenza reciproca non paritaria tra le parti, anche con riferimento al compenso di consulenza tecnica d’ufficio, con distrazione a vantaggio del difensore della RAGIONE_SOCIALE, che ne aveva fatto istanza quale antistatario ai sensi dell’art. 93 c.p.c. limitatamente ai precedenti gradi di giudizio.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo motivo e dichiara inammissibile il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara COGNOME NOME tenuto al pagamento, per il titolo di cui è causa, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 6.100,00, oltre IVA e interessi legali dalla domanda monitoria sino al soddisfo.
Compensa per un terzo le spese del giudizio di primo grado, del giudizio d’appello anche con riferimento al compenso di consulenza tecnica d’ufficio e del giudizio di legittimità e condanna COGNOME NOME alla rifusione, in favore della RAGIONE_SOCIALE, dei residui due terzi di tali spese, che liquida per l’intero in complessivi euro 4.834,50, oltre accessori come per legge, per il giudizio di prime cure, con distrazione a vantaggio del difensore della ricorrente, in complessivi euro 5.532,00, oltre accessori come per legge, per il giudizio d’appello, con distrazione a vantaggio del difensore della ricorrente, nonché in complessivi euro 810,00, oltre accessori come per legge, per il presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda