Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28036 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28036 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29717/2022 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , e e domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e
Oggetto: Demanio -facoltà di godimento dei beni demaniali (concessioni) -Rinuncia concessione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 18/09/2025 CC
difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 463/2022 depositata il 03/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 463/2022, pubblicata in data 3 maggio 2022, la Corte d’appello di Genova, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha solo parzialmente accolto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 812/2021 pubblicata in data 21 marzo 2019.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito innanzi il Tribunale di Genova, per sentir accertare l’inadempimento del protocollo d’intesa sottoscritto il 27 maggio 1999, finalizzato all’attuazione dell’intervento di trasformazione del c.d. ‘Promontorio di San Benigno’ individuata nella decisione impugnata come ‘la zona ricompresa tra INDIRIZZO, l’Elicoidale, il varco di San Benigno e la INDIRIZZO‘ – con la condanna della convenuta RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni.
Aveva in particolare riferito l’attrice che il protocollo prevedeva la propria rinuncia alla concessione demaniale marittima di cui era titolare – con conseguente ricollocazione in una nuova sede del supermercato precedentemente sito su una parte della suddetta area demaniale (per l’esattezza in INDIRIZZO) nonché il versamento alla stesa attrice di un indennizzo di £ 1.200.000.000 per gli interventi realizzati nel
vecchio e nel nuovo esercizio commerciale e non ancora ammortizzati, con impegno della stessa RAGIONE_SOCIALE a far sì che il cessionario delle aree rilasciate assumesse l’obbligo di corrispondere detto indennizzo.
Aveva lamentato l’attrice che, nonostante l’adempimento degli obblighi da essa assunti, sia RAGIONE_SOCIALE sia il nuovo assegnatario delle aree avevano rifiutato di pagare l’importo convenuto, chiedendo quindi che la prima venisse condannata al pagamento dell’importo di € 619.748,28 oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -eccependo sia che il versamento dell’indennizzo era subordinato alla cessione delle aree, in concreto mai avvenuta e comunque non obbligatoria sia che la stessa attrice non aveva rispettato il termine essenziale fissato per il trasferimento dell’esercizio commerciale -il Tribunale di Genova aveva accolto la domanda, condannando l’Autorità convenuta al pagamento della somma di € 609.419,14, oltre interessi al tasso previsto dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, con decorrenza dal 6 giugno 2004.
In particolare, il Tribunale, attraverso l’interpretazione del Protocollo concluso dalle parti era giunto alla conclusione per cui l’indennizzo sarebbe spettato all’attrice non solo nel caso in cui fosse stato fatto oggetto di cessione lo specifico sedime su cui sorgeva l’esercizio commerciale bensì anche nel caso in cui la cessione avesse interessato genericamente aree che rientravano nel ben più vasto ambito individuato dal Protocollo, come nel concreto era avvenuto, essendo stata ceduta altra porzione de ll’area complessivamente individuata dal Protocollo.
Il Tribunale aveva pertanto concluso che RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL MAR RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si era resa inadempiente all’obbligo di introdurre clausole che impegnassero il terzo acquirente a corrispondere l’indennizzo all’attrice e che quindi era tenuta a risarcire in favore di RAGIONE_SOCIALE il danno conseguente a tale inadempimento, danno determinato proprio nella somma che il terzo acquirente avrebbe dovuto pagare all’attrice a titolo di indennizzo.
Nel decidere sul gravame di RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL MAR RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Genova ha, in primo luogo, affermato che, nell’interpretazione del protocollo d’intesa, il Tribunale aveva fatto corretta applicazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e che quindi correttamente aveva concluso che il versamento dell’indennizzo dovesse aver luogo anche in caso di cessione di una porzione limitatissima delle aree incluse nel comprensorio.
La Corte d’appello ha altresì escluso che la controversia rientrasse nell’ambito della giurisdizione amministrativa, rilevando che la stessa riguardava l’adempimento di un accordo già raggiunto tra le parti in ordine alla retrocessione delle aree demaniali.
Disattesi in tal modo primo e secondo motivo di gravame, la Corte d’appello ha invece accolto il terzo motivo, osservando che, essendo stato il protocollo stipulato in data anteriore all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 231/2002, la disciplina da quest’ult imo dettata non poteva trovare applicazione, dovendo invece darsi applicazione dell’art. 1284, quarto comma, c.c., con la precisazione che, essendo stata la domanda proposta successivamente all’introduzione del quarto comma di detta norma, da tale data il saggio degl’interessi legali doveva considerarsi pari a quello previsto dalla normativa speciale relativa ai ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali.
Per la cassazione della decisione della Corte d’appello di Genova ha presentato ricorso RAGIONE_SOCIALE‘ DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEL MAR RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Con provvedimento in data 12 aprile 2024 è stata disposta la trasmissione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte, attenendo il primo motivo del gravame al riparto di giurisdizione.
Con ordinanza in data 19 novembre 2024, le Sezioni Unite hanno dichiarato inammissibile il suddetto motivo, rimettendo gli atti a questa Sezione, cui sono stati demandati sia l’esame degli altri motivi di ricorso sia il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata quindi fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi, il primo dei quali ( ‘Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello da parte dell’Autorità di Sistema non riconoscendo la natura di accordo ex art. 11 Legge 241/90 al Protocollo d’Intesa stipu lato tra le parti -Violazione dell’art. 133, comma 1, lett. a) n. 2 c.p.a . in relazione all’art. 360, comma 1, n. 1) c.p.c.’ ), come detto, è già stato esaminato e dichiarato inammissibile dalle Sezioni Unite di questa Corte.
1.1. Con il secondo motivo il ricorso deduce, la ‘Illegittimità della sentenza impugnata per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e violazione degli artt. 1362 1363, 1366 e 1371 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3), anche per omesso esame in entrambi i gradi di giudizio di fatti decisivi – art. 360, comma 1, n. 5) – nonché motivazione incongrua nonché contraria a logica – vizio di
manifesta illogicità della motivazione per violazione dell’art. 132 comma 2, n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.’ .
Il ricorso imputa alla decisione impugnata un’inadeguata interpretazione del Protocollo all’origine del contendere, in quanto tale interpretazione sarebbe ancorata al mero dato letterale e trascurerebbe sia una lettura sistematica di tutte le clausole del Protocollo medesimo sia la valutazione del comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del Protocollo sia la valorizzazione di dichiarazioni fatte dalla stessa odierna controricorrente.
Deduce anzi la ricorrente che la Corte territoriale, nell’argomentare la propria interpretazione, avrebbe adottato una motivazione del tutto illogica a contraddittoria, ipotizzando che il terzo acquirente di un’area anche minima del complesso demaniale dovesse comunque accollarsi l’ingente indennizzo riconosciuto all’odierna controricorrente.
1.2. Con il terzo motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui, accogliendo solo parzialmente il terzo motivo di appello, ha disposto che sull’importo di € 609.419,14 dovuta a RAGIONE_SOCIALE decorrano, dal 23 novembre 2015, gli interessi ex art. 1284, IV comma, cod.civ. Violazione dell’art. 1284, commi III e IV, cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Violazione del D.lgs. 2 ottobre 2002, n. 231′ .
Il ricorso censura l’interpretazione dell’art. 1284, quarto comma, c.c. fornita dalla decisione impugnata.
Argomenta il ricorso che il comma in questione dovrebbe essere ‘inteso come una specificazione di quanto previsto dalla prima parte del precedente comma 3, nel senso che se le parti hanno concordato di applicare interessi superiori a quelli legali, ma non ne hanno
quantificato la loro esatta misura, soltanto in quel caso, il tasso di riferimento da applicare sarà quello previsto dal comma 4 e quindi quello previsto per le transazioni commerciali’ .
Deduce, quindi, che ‘in altre parole, la lettura combinata dei commi 3 e 4 dell’art. 1284 c.c., porta a ritenere che l’applicazione degli interessi maggiorati di cui al quarto comma, presupponga necessariamente un previo accordo scritto tra le parti in ordine all’applicazione di un tasso superiore a quello legale’ , risultando altrimenti vanificata la previsione, contenuta al terzo comma, dell’obbligo di determinazione in forma scritta degli interessi superiori a quelli legali.
1.3. Con il quarto motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘Illegittimità sotto altro profilo della sentenza impugnata nella parte in cui, accogliendo solo parzialmente il terzo motivo di appello, ha disposto che sull’importo di € 609.419,14 dovuto a RAGIONE_SOCIALE decorrano, dal 23 novembre 2015, gli interessi ex art. 1284, IV comma, cod.civ. Violazione dell’art. 1284, comma IV, cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che il tasso speciale di cui all’art. 1284, quarto comma, c.c. può trovare applicazione soltanto con riferimento alle obbligazioni pecuniarie e non può essere applicato alle obbligazioni risarcitorie da inadempimento, in quanto le stesse non avrebbero fonte diretta nel contratto ma sarebbero originate solo occasionalmente da esso.
Occorre dare atto che il primo motivo di ricorso è già stato dichiarato inammissibile con ordinanza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 29666/2024, del 19 novembre 2024, la quale ha rimesso gli atti a questa Sezione per l’esame degli altri motivi di ricorso.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
È costante l’orientamento di questa Corte per cui il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), e ciò perché l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
Nel caso ora in esame, invece, ciò in cui il motivo viene a risolversi è la mera contrapposizione di una diversa interpretazione a quella fatta propria dalla Corte territoriale, peraltro sulla scorta di un’ampia ed argomentata motivazione, la quale -al contrario di quanto sostenuto nel ricorso -non si è limitata ad operare una ‘applicazione ‘semplicistica’ del dettato normativo dell’art. 1362 c.c.’ (così il ricorso a pag. 10), ma ha invece proceduto ad una lettura del dato testuale dell’intesa alla luce del complesso delle previsioni degli artt. 1362, 2363, 1366 e 1371 c.c., pervenendo ad una interpretazione la cui
illogicità o implausibilità non risulta nemmeno adeguatamente argomentata dalla ricorrente, la quale, si ripete, si limita inammissibilmente a sostenere una diversa interpretazione del testo dell’intesa
4. Infondato è, invece, il terzo motivo.
Fermo quanto si verrà ad osservare in relazione al quarto motivo, infatti, risulta palesemente infondata la tesi -sostenuta nel motivo -per cui il quarto comma dell’art. 1284 c.c. verrebbe a costituire una mera specificazione dell’ipotesi disciplinata dal precedente terzo comma, risultando, quindi, la sua applicabilità limitata alla presenza di un accordo tra le parti.
L’ipotesi introdotta con l’art. 17, comma 1, D.L. n. 132/2014 – come a propria volta modificato dalla legge di conversione n. 162/2014 infatti, pur avendo dato luogo ad un dibattito interpretativo che verrà sinteticamente ricostruito in sede di esame del quarto mezzo, costituisce fattispecie autonoma rispetto a quella contemplata dall’art. 1284, terzo comma, c.c. in quanto viene a disciplinare non la generale pattuizione delle parti sul saggio di interessi, bensì l’autonomo e specifico profilo della individuazione del tasso di interessi da applicare alla somma oggetto di una domanda giudiziale , proprio nell’ipotesi in cui manchi una convenzione tra le parti, individuando quello che costituisce un vero e proprio tasso legale speciale che conseguentemente prescinde da una precedente pattuizione tra le parti e non è quindi a quest’ultima condizionato.
Risulta invece fondato il quarto ed ultimo motivo.
Come da questa Corte già osservato in una recente pronuncia (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 21806 del 2025), il cui percorso argomentativo risulta in gran parte mutuabile nella presente sede, l ‘art. 1284, quarto comma, c.c. stabilisce che ‘se le parti non ne hanno
determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali’ , individuando, pertanto, quale tasso di interesse applicabile dal momento della proposizione della domanda giudiziale, quello determinato dalle previsioni di cui al D. Lgs. n. 231/2002, ed in particolare agli art. 2, (ed in particolare alle definizioni: ‘(…) e) “interessi legali di mora”: interessi semplici di mora su base giornaliera ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di otto punti percentuali; f) “tasso di riferimento”: il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di r ifinanziamento principali’ ) e 3 ( ‘1. Il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo dovuto, ai sensi degli articoli 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile’ ).
Senza entrare nel merito di quelle opinioni che hanno argomentato il carattere eccessivamente sfavorevole di una previsione che stabilisce l’applicazione di un tasso di interessi ben superiore a quello legale, se non addirittura superiore al tasso-soglia fissato in relazione alle operazioni bancarie, al punto da adottare l’appellativo di ‘super -interessi’, appare comunque evidente che la ratio di tale disciplina speciale è costituita dall’intenzione del legislatore di evitare che la resistenza -poi rivelatasi infondata -ad una domanda di condanna al pagamento di una somma pecuniaria consenta al debitore di lucrare sui tempi della durata del giudizio.
Scopo del dettato normativo è quindi quello di introdurre un meccanismo di accelerazione -o deflazione -dei giudizi, come del resto ben evidenziato dalla stessa intitolazione del D.L. n. 132/2014
(‘Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile’) e come percepito da questa Corte sin dalle sue prime pronunce in materia (Cfr. Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 28409 del 07/11/2018, che osserva come ‘la voluntas legis sia diretta a colpire l’inadempienza, rispetto ad un obbligo liberamente e pattiziamente assunto, anche mediante l’abuso del processo come mezzo per prolungare ai danni del creditore la soddisfazione del suo diritto. ‘ ).
Se la ratio della norma non sembra porre particolari problemi interpretativi, diversamente è a dirsi per quanto riguarda la individuazione dell’ambito di applicazione della speciale categoria di interessi, profilo in relazione al quale, invece, si è registrata nel tempo una evoluzione della giurisprudenza di questa Corte.
Secondo la posizione originariamente assunta dalle prime pronunce in materia (tra le massimate: Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 28409 del 07/11/2018; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 13145 del 14/05/2021; Cass. Sez. 2 Sentenza n. 14512 del 09/05/2022), l’ambito di applicazione dell’art. 1284, quarto comma, c.c. era da ritenersi limitato alle sole obbligazioni di fonte contrattuale (ma già Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 28409 del 07/11/2018 -citata appunto dalla decisione impugnata -e Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 13145 del 14/05/2021 estendono, sia pure obiter , l’applicazione della previsione anche alle obbligazioni pecuniarie che trovano fonte in un contratto stipulato tra le parti ‘anche se afferenti ad obbligo restitutorio’).
Tale esito interpretativo si è venuto a fondare in via primaria sulla valorizzazione dell’inciso preliminare della previsione (‘se le parti non ne hanno determinato la misura’), essendosi argomentato che una simile condizione negativa non avrebbe avuto possibilità di concretizzarsi nel caso di obbligazioni di fonte non negoziale, non
essendo possibile in tali casi procedere alla previa negoziazione del tasso di interessi applicabile.
Anche -verosimilmente all’esito delle obiezioni sollevate da una parte della dottrina, pronunce successive di questa Corte (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 61 del 03/01/2023 nonché Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 7677 del 22/03/2025, quest’ultima peraltro succe ssiva a Cass. Sez. U – , Sentenza n. 12449 del 07/05/2024, di cui ci si occuperà in seguito), sono invece giunte ad un diverso approdo che è stato poi condensato dall’Ufficio del Massimario nei principi per cui ‘Il saggio di interessi di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., non è applicabile alle sole obbligazioni di fonte contrattuale, ma anche a quelle nascenti da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle, valendo la clausola di salvezza iniziale (che rimette alle parti la possibilità di determinarne la misura) ad escludere il carattere imperativo e inderogabile della disposizione e non già a delimitarne il campo d’applicazione.’ (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 61 del 03/01/2023) e ‘Il saggio d’interessi previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c. non è applicabile alle sole obbligazioni di fonte contrattuale, ma anche a quelle nascenti da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle e, quindi, anche a quelle restitutorie derivanti da nullità contrattuale, valendo la clausola di salvezza iniziale – che rimette alle parti la possibilità di determinarne la misura – a escludere il carattere imperativo e inderogabile della disposizione, ma non a delimitarne il campo d’applicazione. ‘ (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 7677 del 22/03/2025).
Si deve, in realtà, osservare che le decisioni in questione – al di là del profilo di una massimazione non pienamente aderente all’effettivo ambito delle decisioni medesime e delle argomentazioni in esse sviluppate – risultano riferite entrambe nello specifico a crediti azionati a titolo di ripetizione di indebito, di talché viene ad evidenziarsi che
proprio tale ultima fattispecie sembra costituire l’area in relazione alla quale con maggior frequenza si è posto il tema dell’applicabilità dell’art. 1284, quarto comma, c.c.
Sulla tematica in questione sono recentemente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. (Cass. Sez. U – Sentenza n. 12449 del 07/05/2024).
In quella sede, le Sezioni Unite -che erano chiamate a pronunciarsi sullo specifico quesito concernente la possibilità per il giudice dell’esecuzione di riconoscere gli interessi di cui all’art. 1284, quarto comma, c.c., in assenza del loro esplicito riconoscimento nel titolo esecutivo -si sono soffermate -quale necessario passaggio argomentativo sul tema dell’ambito di applicazione della previsione in rilievo, chiarendo ‘che il quarto comma dell’art. 1284 non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli interessi (cui la legge collega la relativa misura), ma rinvia ad una fattispecie, i cui elementi sono per una parte certamente rinvenibili in quelli cui la legge in generale collega l’effetto della spettanza degli interessi legali , ma per l’altra è integrata da ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione rispetto al mero apprezzamento della spettanza degli interessi nella misura legale’ , con la conseguenza ‘che uno dei diversi profili oggetto di accertamento giurisdizionale, a seguito della introduzione della controversia con la deduzione in giudizio di un determinato rapporto giuridico, anche quello della ricorrenza dei presupposti applicativi dell’art. 1284, comma 4’ , dovendo quindi il giudice della cognizione procedere anche allo specifico accertamento dell’applicabilità o meno dello speciale saggio di interessi contemplato dalla norma in esame.
Accertamento -hanno proseguito le Sezioni Unite -che deve investire la varietà dei presupposti applicativi del dettato normativo,
individuati, in primo luogo, nella ‘(…) natura della fonte dell’obbligazione, la quale, in base all’art. 1173 cod. civ., può essere la più varia’ , venendo ‘in rilievo la generale distinzione fra obbligazioni contrattuali ed obbligazioni derivanti da responsabilità extracontrattuale e l’area dei crediti di lavoro (con la specifica disciplina di cui all’art. 429, comma 3, cod. civ.), ma anche, a titolo soltant o esemplificativo, una congerie di crediti, quali quelli in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo di cui alla legge n. 89 del 2001, i crediti per gli alimenti (dovuti, in base all’art. 445 cod. civ., proprio dal giorno della domanda giudiziale) ed in generale i crediti derivanti da obblighi familiari, nonché, in questo quadro, i crediti non preesistenti al processo, tutti crediti, questi ultimi, per i quali può indubbiamente essere controversa la spettanza degli interessi in questione’ .
Già tale eterogenea serie di ipotesi ha quindi indotto le Sezioni Unite a chiarire che lo stabilire se ‘(…) l’obbligazione dedotta in giudizio, e destinata ad entrare nel titolo esecutivo giudiziale, sia suscettibile di produrre i super-interessi, in relazione a ciascuna delle tipologie di obbligazioni sommariamente indicate, deve essere oggetto di specifico accertamento da parte del giudice della cognizione, il che implica anche la compiuta qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio.’ , tenendo altresì conto di ulteriori fattori, quali la presenza o meno di una pattuizione sulla misura degli interessi, nonché l’individuazione delle specifiche tipologie di atto processuale ( lato sensu ) concretamente riconducibili all’ampia nozione di ‘domanda’ utilizzata nella previsione.
Operata tale sintetica ricostruzione, si deve a questo punto osservare che se la previsione in rilievo risulta pacificamente applicabile alle obbligazioni di fonte negoziale -ma non, come visto,
solo ad esse -non appare tuttavia corretto concludere che tale applicazione si estenda a tutte le obbligazioni che scaturiscono dalla vicenda contrattuale e che, in particolare, non possa essere predicata l’applicazione dei c.d. ‘ super interessi ‘ all’obbligazione risarcitoria da inadempimento.
Una prima ragione idonea a giustificare tale conclusione può essere rinvenuta nella stessa natura dell’obbligazione risarcitoria che scaturisca dall’inadempimento di un’ obbligazione contrattuale diversa da quelle pecuniaria, e cioè di un’obbligazione quale è quella dedotta nel caso di specie, nel quale l’odierna ricorrente è stata ritenuta inadempiente non all’obbligo di corrispondere direttamente una somma di denaro ma all’obbligo di far assumere da un terzo l’impegno a procedere a tale corresponsione, irrilevante essendo il fatto che poi tale obbligazione risarcitoria sia stata in concreto liquidata in un ammontare coincidente con quello che il terzo si sarebbe dovuto impegnare a corrispondere, non valendo tale circostanza a modificare la natura dell’obbligazione medesima.
Ebbene, questa Corte ha già chiarito che nel caso di obbligazione risarcitoria che scaturisce dall’inadempimento di una obbligazione contrattuale diversa da quelle pecuniaria, al danneggiato spettano la rivalutazione monetaria del credito da danno emergente e gli interessi compensativi del lucro cessante, a decorrere dal giorno della verificazione dell’evento dannoso, poiché l’obbligazione di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale costituisce, al pari dell’obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta, ma di valore, che tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 37798 del 27/12/2022; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26202 del 06/09/2022).
Tale dato vale ad evidenziare, quindi, che l’obbligazione , come sopra individuata, si viene a collocare al di fuori di quello che potrebbe essere l’ambito di una previsione -l’art. 1284 c.c. comunque dettata in relazione alle obbligazioni ab origine pecuniarie, godendo, peraltro di un regime di produzione di interessi (e rivalutazione) pienamente autonomo e derivante dal suo essere non obbligazione di valuta bensì di valore.
Una seconda ragione può essere ulteriromente rinvenuta nella ratio della previsione che ha introdotto i c.d. super-interessi.
Si è visto infatti che, senza necessità di scomodare visioni sanzionatorie, lo scopo del dettato normativo è essenzialmente deflattivo e di accelerazione del contenzioso, incentivando il soggetto convenuto come debitore ad operare un’adeguata valutazione preliminare dei rischi di causa in considerazione di un meccanismo -è cioè l’applicazione dei ‘ super interessi ‘ -che viene a costituire un vero e proprio costo transattivo straordinario e viene quindi indirettamente ad incrementare nel soggetto medesimo l ‘elemento di avversione al rischio, inducendolo a resistere e proseguire nel giudizio solo dopo aver operato un’attenta valutazione dell’alea della causa ed essere pervenuto ad una prognosi marcatamente favorevole sull’esito della stessa.
Se tale è la ratio dell’art. 1384, quarto comma, c.c. -e cioè disincentivare condotte, peraltro diffuse, di azzardo morale – è giocoforza, allora, concludere che l’ applicazione della previsione risulta condizionata dalla presenza o meno (non di un rapporto contrattuale, bensì) di uno specifico profilo, costituito dal carattere liquido o comunque agevolmente liquidabile dell’obbligazione dedotta in giudizio, in quanto è in presenza di tale elemento che il debitore -rectius il soggetto convenuto in giudizio come tale -non solo può
operare la necessaria valutazione economica sui rischi di causa ma anche può determinarsi ad adempiere spontaneamente, versando una somma che, appunto, risulta ab initio determinata o determinabile e non necessita quindi di quella quantificazione che può scaturire solo all’esito di un giudizio.
Laddove, invece, ci si misuri con un obbligo risarcitorio privo del carattere di liquidità -come appunto nel caso dell’obbligazione risarcitoria che scaturisce dall’inadempimento di una obbligazione contrattuale diversa da quella pecuniaria -e necessitante di liquidazione giudiziale, appare evidente che viene meno la stessa ratio posta alla base dell’art. 1284, quarto comma, c.c. ed anzi la sua applicazione finirebbe per costituire un eccessivo ed ingiustificato deterrente rispetto alla decisione del convenuto di resistere alle pretese risarcitorie illiquide e, di riflesso, un incentivo alla formulazione di domande risarcitorie sproporzionate -confidando l’attore nell’indiretta pressione costituita dall’applicazione della norma in esame per di più disincentivando soluzioni transattive.
Si deve quindi concludere che il carattere liquido o comunque agevolmente liquidabile dell’obbligazione dedotta in giudizio costituisca presupposto per l’operatività dell’art. 1284, quarto comma, c.c. e che, conseguentemente, la previsione non trova applicazione nell’ipotesi in cui sia dedotta in giudizio un ‘obbligazione risarcitoria derivante dall’inadempimento di una obbligazione diversa da quell a pecuniaria.
Poiché, alla luce di quanto sin qui argomentato, la decisione impugnata risulta aver fatto inadeguato governo dell’art. 1284, quarto comma, c.c., il ricorso deve trovare accoglimento in relazione al quarto motivo, disattesi gli altri, e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova , in diversa composizione, la
quale, nel conformarsi al principio qui enunciato, provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, dato atto che il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile con ordinanza di questa Corte 29717/22, dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo motivo di ricorso ed accoglie il quarto motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME