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Interessi appalti pubblici: quando la mora è sospesa?

Un’impresa edile ha citato in giudizio un Comune per ottenere gli interessi di mora su pagamenti ritardati relativi a un appalto pubblico finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il calcolo degli interessi per appalti pubblici è sospeso durante il periodo necessario all’ente per ricevere i fondi. La Corte ha inoltre stabilito che la richiesta di restituzione delle somme versate in base a una sentenza poi annullata può essere legittimamente presentata per la prima volta nel giudizio di rinvio.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interessi Appalti Pubblici: la Cassazione chiarisce la sospensione della mora

La questione degli interessi per appalti pubblici rappresenta un tema cruciale per le imprese che operano con la Pubblica Amministrazione. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sulla sospensione degli interessi di mora quando i lavori sono finanziati tramite la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica.

I Fatti del Caso: Un Lungo Contenzioso per i Pagamenti

La vicenda trae origine da un contratto d’appalto, stipulato nel 1985, per la costruzione di un’opera pubblica. L’impresa appaltatrice, un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (R.T.I.), a seguito di ritardi nei pagamenti da parte del Comune committente, otteneva un decreto ingiuntivo per una somma a titolo di interessi legali e moratori.

Il Comune si opponeva, sostenendo che l’opera era finanziata con un mutuo della Cassa Depositi e Prestiti. Secondo la normativa applicabile (art. 13, comma 3.2, D.L. n. 55/1983), in tali casi, il periodo intercorrente tra la richiesta di fondi alla CDP da parte dell’ente e la ricezione del mandato di pagamento non deve essere computato ai fini del calcolo degli interessi di mora.

Il contenzioso ha attraversato tutti i gradi di giudizio, con una prima pronuncia della Cassazione che annullava la decisione d’appello per motivi procedurali e rinviava la causa alla Corte d’Appello. In sede di rinvio, i giudici accoglievano l’opposizione del Comune, revocavano il decreto ingiuntivo e condannavano l’R.T.I. a restituire le somme già percepite. Contro questa decisione, l’impresa ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e gli interessi negli appalti pubblici

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’impresa inammissibile, affrontando tre motivi principali e confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello in sede di rinvio.

Primo Motivo: La Sospensione degli Interessi Moratori

L’impresa sosteneva che la norma sulla sospensione degli interessi si applicasse solo se espressamente richiamata nel bando di gara, cosa non avvenuta nel caso di specie. La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio ormai consolidato: la sospensione opera anche se il finanziamento della CDP è menzionato solo nel contratto d’appalto. Questa indicazione è ritenuta sufficiente a soddisfare l’obbligo di trasparenza verso l’appaltatore, che è così messo in condizione di conoscere le modalità di pagamento.

Secondo Motivo: Interessi sul Saldo e Revisione Prezzi

Il secondo motivo di ricorso, relativo al presunto errato calcolo degli interessi sulla rata di saldo e alla revisione prezzi, è stato giudicato inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza. L’impresa non ha adeguatamente documentato il proprio diritto alla revisione prezzi, né ha chiarito perché si dovesse applicare una diversa norma per il calcolo degli interessi sul saldo. La Corte ha sottolineato che il ricorso in Cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari per la sua valutazione, senza costringere i giudici a ricercare atti nei fascicoli precedenti.

Terzo Motivo: La Domanda di Restituzione nel Giudizio di Rinvio

Infine, l’impresa contestava l’ammissibilità della domanda di restituzione delle somme, presentata dal Comune per la prima volta nel giudizio di rinvio. Anche questo motivo è stato respinto. La Cassazione ha chiarito che la domanda di restituzione non è una domanda nuova, ma una conseguenza diretta dell’annullamento della sentenza che costituiva il titolo del pagamento. Pertanto, può essere legittimamente proposta nella fase di rinvio, che ha lo scopo di ripristinare la situazione patrimoniale preesistente alla sentenza cassata.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati. In primo luogo, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che la menzione del finanziamento CDP nel contratto sia sufficiente a innescare l’effetto sospensivo della mora, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela del credito dell’appaltatore e le esigenze procedurali della finanza pubblica. Non è necessaria una clausola contrattuale specifica che replichi il testo di legge.

In secondo luogo, la Corte ha applicato con rigore i principi di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, sanzionando la mancata produzione di documenti e la genericità delle censure. Questo rigore è finalizzato a garantire che il giudizio di legittimità si concentri sulla corretta applicazione del diritto, senza trasformarsi in una revisione del merito della causa.

Infine, la decisione sulla domanda di restituzione si allinea all’orientamento secondo cui l’azione prevista dall’art. 389 c.p.c. è uno strumento di ripristino conseguente alla caducazione del titolo esecutivo, e non una semplice ripetizione di indebito. Questo ne giustifica la proponibilità anche in una fase avanzata del processo come il giudizio di rinvio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche per le imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione. È fondamentale, in fase di stipula del contratto, prestare massima attenzione a tutte le clausole, in particolare quelle relative alle fonti di finanziamento dell’opera. La semplice menzione di un finanziamento tramite Cassa Depositi e Prestiti ha l’effetto automatico di sospendere la decorrenza degli interessi per appalti pubblici durante le fasi di erogazione del mutuo. Le imprese devono quindi tenerne conto nella pianificazione finanziaria e nella gestione dei flussi di cassa. Inoltre, viene ribadita l’importanza di formulare ricorsi dettagliati e completi, pena l’inammissibilità, e si chiarisce la dinamica processuale delle azioni restitutorie a seguito di una sentenza favorevole in Cassazione.

Quando si sospende il calcolo degli interessi di mora in un appalto pubblico finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti?
Il calcolo degli interessi di mora viene sospeso per il periodo che intercorre tra la spedizione della domanda di finanziamento da parte dell’ente pubblico e la ricezione del relativo mandato di pagamento da parte della tesoreria. Questa sospensione si applica se il finanziamento è menzionato nel contratto d’appalto, anche in assenza di un richiamo specifico nel bando di gara.

La domanda di restituzione di somme pagate in base a una sentenza poi annullata può essere proposta per la prima volta nel giudizio di rinvio?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza successivamente cassata non costituisce una domanda nuova. Essa è una diretta conseguenza della caducazione del titolo di pagamento e può quindi essere validamente proposta per la prima volta nel giudizio di rinvio.

È sufficiente menzionare il finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti nel contratto d’appalto per attivare la sospensione degli interessi?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nella sentenza, la semplice indicazione nel testo contrattuale che i lavori sono realizzati con un mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti è sufficiente a rendere applicabile la norma sulla sospensione degli interessi. Questo adempie all’obbligo di trasparenza e buona fede nei confronti dell’appaltatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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