Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23527 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23527 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11061 – 2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CFLGNN39E20C346U (titolare dell ‘ omonima impresa individuale) e DE RAGIONE_SOCIALE – p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO – in persona degli amministratori e legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall ‘ avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTI
contro
COMUNE di CASTROPIGNANO – c.f./p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO – in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dallo Studio Legale ‘ NOME COGNOME ed altri” società tra professionisti e per esso dall ‘ avvocato NOME COGNOME ed
elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 347/2019 della Corte d’Appello di Campobasso, udita la relazione nella camera di consiglio del 26 giugno 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 633 ss. cod. proc. civ. il Raggruppamento Temporaneo di Imprese ‘ COGNOME geom. NOME e COGNOME geom. NOME ‘ adiva il Tribunale di Campobasso.
Esponeva che, a seguito dell ‘ aggiudicazione della gara d ‘ appalto, aveva eseguito in virtù di contratto sottoscritto in data 9.12.1985 i lavori di costruzione del nuovo carcere mandamentale di Castropignano (cfr. ricorso, pag. 1) .
Esponeva che era creditore della somma di lire 80.412.905 ‘ a titolo di interessi, legali e moratori, per i ritardati pagamenti delle rate di acconto sui lavori e sulla revisione prezzi relativi al 6°, 7°, 8°, 10°, 11° e 12° SRAGIONE_SOCIALE, oltre che per il ritardo nel pagamento della liquidazione delle somme a saldo dei lavori e revisione prezzi ‘ (così ricorso, pag. 1).
Chiedeva ingiungersi al Comune di Castropignano il pagamento della somma anzidetta.
Con decreto del 28.2.2000 il tribunale pronunciava l ‘ ingiunzione.
Con citazione notificata in data 18.4.2000 il Comune di Castropignano proponeva opposizione.
Adduceva che l ‘ opera pubblica era stata finanziata dalla Cassa Depositi e Prestiti, così come si dava atto – senza necessità di specifico richiamo nel bando di gara – nella premessa espositiva del contratto d ‘ appalto (cfr. ricorso, pag. 2).
Adduceva dunque che, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 28.2.1983, convertito nella l. n. 131 del 26.4.1983, qualora l ‘ opera pubblica fosse stata finanziata dalla Cassa DD. e PP., ai fini della decorrenza e del calcolo degli interessi, giusta le previsioni degli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/1962, non sarebbe stato da computare ‘ il tempo intercorrente tra la spedizione della domanda di finanziamento da parte dell ‘ ente locale e la ricezione del mandato di pagamento spedito dalla stessa Cassa Depositi e Prestiti presso la competente sezione di tesoreria provinciale ‘ (così ricorso, pag. 2) .
Adduceva poi che la rata di saldo era stata erogata nel rispetto del termine, ex art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962, di 120 giorni dal dì di approvazione, con delibera della G.M. n. 132 del 15.5.1996, del collaudo (cfr. ricorso, pag. 2) .
Instava pertanto per la revoca dell ‘ ingiunzione ovvero perché si dichiarassero non dovute le somme ex adverso pretese.
Si costituiva il R.T.I. ‘ COGNOME geom. NOME e COGNOME geom. NOME“.
Instava per il rigetto dell ‘ opposizione.
Con sentenza n. 408 del 4.7.2005 il tribunale – a motivo dell ‘ omessa produzione della copia notificata dell ‘ ingiunzione opposta e quindi dell ‘ impossibilità di riscontrare la tempestiva proposizione dell ‘ opposizione dichiarava inammissibile l ‘ opposizione.
Il Comune di Castropignano proponeva appello.
Resisteva il R.T.I.
Con sentenza n. 118/2008 la Corte d ‘ Appello di Campobasso rigettava il gravame.
Con sentenza n. 14582/2015 questa Corte, in accoglimento del ricorso esperito dal Comune di Castropignano, cassava la sentenza n. 118/2008 della Corte di Campobasso; all ‘ uopo statuiva che ‘ la produzione del decreto ingiuntivo deve ritenersi consentita anche in appello” (cfr. ricorso, pag. 4) .
Il Comune di Castropignano attendeva alla riassunzione in sede di rinvio. Instava peraltro perché, in accoglimento dell ‘ esperita domanda di restituzione, il R.T.I. fosse condannato a restituirgli la somma di cui al decreto ingiuntivo, più esattamente la somma di euro 68.425,97, versata in esecuzione della sentenza del Tribunale di Campobasso, oltre interessi e rivalutazione (cfr. ricorso, pag. 5) .
Resistevano NOME COGNOME titolare dell ‘ omonima impresa individuale, nonché la ‘ RAGIONE_SOCIALE, scaturita dalla s.d.f. costituita da NOME e NOME COGNOME a seguito del decesso del loro dante causa, NOME COGNOME, originario partecipante, quale titolare dell ‘ omonima impresa edile, al R.T.I.
Con sentenza n. 347/2019 la Corte d ‘ Appello di Campobasso accoglieva l ‘ opposizione esperita dal Comune di Castropignano avverso il d.i., revocava l ‘ ingiunzione di pagamento e condannava in solido NOME COGNOME e la ‘ RAGIONE_SOCIALE a versare al Comune la somma di euro 68.425,97 con gli interessi legali a decorrere dal 26.6.2006, dì del versamento, al saldo.
Evidenziava la Corte di Campobasso – in ordine al profilo di contestazione in primo luogo addotto con l ‘ iniziale opposizione – che, ai fini dell ‘ operatività della previsione dell ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 1983, applicabile pur all ‘ appalto di opere pubbliche, doveva reputarsi sufficiente, in linea con l ‘ elaborazione giurisprudenziale di legittimità, l ‘ indicazione in contratto ‘ i lavori sono da realizzarsi con mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti ‘ , ‘ senza necessità di espressa previsione anche nel bando e senza necessità di espresso richiamo della stessa previsione normativa o del prodursi dell ‘ effetto sospensivo della mora nel contratto ‘ (così sentenza impugnata, pag. 4) .
Evidenziava poi la corte – in ordine al profilo di contestazione in secondo luogo addotto con l ‘ iniziale opposizione – che l ‘ art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962 si riferisce alla ‘ data del certificato di collaudo ‘ , cioè alla data in cui il certificato risulta emesso, indipendentemente dunque dalla circostanza per cui l ‘emissione del certificato di collaudo sia avvenuta nel rispetto dei termini stabiliti in contratto per il compimento delle operazioni di collaudo (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
Evidenziava quindi che l’obbligazione di pagamento sorge solo a seguito dell’emissione del certificato di collaudo , sicché la circostanza per cui il collaudo non fosse avvenuto nei termini contrattualmente previsti, avrebbe potuto al più giustificare la domanda di risarcimento del danno non già la richiesta di corresponsione degli interessi moratori, configurabili unicamente a seguito del vano decorso del termine di 120 giorni (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) .
Evidenziava infine, la corte, che la domanda di restituzione – formulata dal Comune per la prima volta in sede di rinvio – doveva reputarsi ammissibile e meritevole di accoglimento.
Evidenziava segnatamente, nel quadro della previsione dell ‘ art. 389 cod. proc. civ., che la domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, confermata dalla sentenza d ‘ appello poi cassata in sede di legittimità, in quanto conseguente alla cassazione con rinvio, non costituiva domanda nuova ed era da proporre senz ‘ altro al giudice del rinvio (cfr. sentenza impugnata, pagg. 5 – 6) .
Evidenziava del resto che l ‘ obbligazione restitutoria era insorta solo a seguito della pronuncia rescindente della Corte di legittimità, che aveva ‘ fatto venir meno il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall ‘ origine ‘ (cfr. sentenza impugnata, pag. 6) .
Avverso tale sentenza NOME COGNOME titolare dell ‘ omonima impresa individuale, e la ‘ RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti NOME COGNOME e NOME COGNOME – hanno proposto ricorso per cassazione; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Il Comune di Castropignano ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
CONSIDERATO CHE
14. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 3.2, d.l. n. 55/1983, convertito nella l. n. 131/1983, nonché degli artt. 35 (rubricato ‘ritardi nel pagamento degli acconti’) e 36 (rubricato ‘ritardo nel pagamento della rata di saldo’) d.P.R. n. 1063/1962; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l ‘ omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deducono che, contrariamente all ‘ assunto della Corte di Campobasso, l ‘ applicazione della disposizione di cui all ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 1983 postula che ‘ venga indicato nel bando di gara che la fornitura di beni e servizi viene effettuata con ricorso a mutuo della Cassa Depositi e Prestiti ‘ (così ricorso, pag. 8) .
Deducono che nel caso di specie la surriferita condizione non è stata assolta, poiché né l ‘ avviso di gara datato 28.7.1984 né la lettera di invito alla licitazione privata datata 12.11.1984 ne forniscono riscontro (cfr. ricorso, pag. 8) .
Deducono al contempo che nella fattispecie delibata da questa Corte di legittimità con la pronuncia n. 17197/2012 – richiamata dalla corte d ‘ appello a sostegno del suo dictum -il contratto d ‘ appalto recava una duplice specificazione, ossia che l ‘ opera era finanziata dalla Cassa Depositi e Prestiti e che tale circostanza avrebbe prodotto effetti di sospensione della mora, specificazione , quest’ultima, di cui viceversa non vi è menzione nel contratto siglato con il Comune di Castropignano (cfr. ricorso, pagg. 9 – 10) .
Deducono inoltre che il R.T.I. non avrebbe potuto avvedersi dell ‘ effetto sospensivo nel computo degli interessi, siccome all ‘ epoca -9.12.1985 – della
sottoscrizione del contratto l ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 1983 si reputava applicabile unicamente alle forniture di beni e servizi e non anche agli appalti di opere pubbliche (cfr. ricorso, pagg. 10 – 11) .
Deducono quindi che la consapevolezza dell’effetto sospensivo del calcolo degli interessi ‘poteva derivare soltanto da un’esplicita pattuizione negoziale, che avesse esplicitamente previsto la sospensione della decorrenza degli interessi nel periodo intercorrente tra la data della richiesta della provvista e la sua erogazione’ (così ricorso, pag. 13) .
Il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., siccome la Corte di Campobasso ha statuito in maniera conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
16. È sufficiente il rinvio all ‘ elaborazione di questo Giudice del diritto.
Ovvero all’insegnamento (richiamato pur dalla corte d ‘ appello) secondo cui il 6° co. dell ‘ art. 13 del d.l. n. 55 del 1983, introdotto dalla legge di conversione n. 131 del 1983 – il quale dispone che, ‘ qualora la fornitura di beni e servizi venga effettuata con ricorso a mutuo della Cassa Depositi e Prestiti, il calcolo del tempo contrattuale per la decorrenza degli interessi di ritardato pagamento non tiene conto dei giorni intercorrenti tra la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale, purché tale circostanza sia stata richiamata nel bando di gara ‘ – è applicabile anche ai contratti di appalto di opere pubbliche, e la condizione del richiamo nel bando di gara, cui esso subordina l ‘ effetto sospensivo della mora, è assolta anche dalla diretta previsione contrattuale del ricorso al finanziamento della Cassa DD.PP., la quale
soddisfa l ‘ obbligo di trasparenza e buona fede nei confronti dell ‘ appaltatore, al cui adempimento è finalizzata la previsione di legge (cfr. Cass. 9.10.2012, n. 17197) .
In pari tempo non ha precipua valenza il rilievo per cui nella fattispecie de qua il contratto intercorso tra le parti in lite contenesse la sola indicazione ‘ i lavori sono da realizzarsi con mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti ‘ e non recasse specificazione della circostanza per cui il finanziamento dell ‘ opera pubblica da parte della Cassa Depositi e Prestiti avrebbe prodotto effetti di sospensione del calcolo degli interessi.
Invero, seppur con riferimento al bando di gara, questa Corte ha puntualizzato che la condizione posta dall ‘ art. 13, n. 3.2, del d.l. n. 55 del 1983, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 131 del 1983, per l ‘ operatività della sospensione della decorrenza degli interessi -‘ purché detta circostanza sia stata richiamata nel bando ‘ – va intesa nel senso che in detto bando deve essere inserita l ‘ indicazione che le opere o i servizi sono finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti, e non anche la trascrizione del dato normativo di riferimento, e neppure la specifica previsione contenuta nella legge stessa dell ‘ esclusione dal calcolo del periodo di mora del tempo intercorrente tra la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale (cfr. Cass. 19.5.2000, n. 6540; Cass. 27.6.2005, n. 13752) .
Evidentemente, su tale scorta , la sufficienza nel bando di gara dell’indicazione per cui le opere o i servizi sono finanziati dalla Cassa Depositi e Prestiti può esser riferita senz’altro anche all’ipotesi in cui s iffatta sola indicazione figuri nel
testo contrattuale (cfr. Cass. 8.8.1997, n. 7343, secondo cui, se dal contratto di appalto, stipulato da un Comune per l ‘ esecuzione di un ‘ opera, è desumibile il finanziamento da parte della Cassa Depositi e Prestiti, si applica l’art. 13, ultimo comma, del d.l. 28.2.1983, n. 55, (convertito nella legge 26.4.1983, n. 131), a norma del quale sulla somma da pagare a titolo di corrispettivo non decorrono gli interessi moratori per il tempo intercorrente tra ‘la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale’, anche se nel contratto manca il richiamo a tale norma e nel bando di gara quello della relativa circostanza) .
18. Invano, poi, i ricorrenti adducono che, in ogni caso, l ‘ applicazione dell ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 1983 per nulla si giustifica, siccome all ‘ epoca della sottoscrizione del contratto d ‘ appalto la giurisprudenza di legittimità non si era espressa a favore dell ‘ interpretazione estensiva dell ‘ art. 13, comma 3.2, del d.l. n. 55 del 1983 ovvero a favore della sua applicazione ai contratti di appalto di opere pubbliche (cfr. ricorso, pag. 11) .
Con la conseguenza che -assumono i ricorrenti -‘la inclusione nel contratto stesso della sola circostanza che i lavori non poteva determinare nel R.T.I. appellato (…) la consapevolezza dell’effetto sospensivo del calcolo degli interessi (…)’ (così ricorso, pag. 11) .
Ebbene, a tal proposito è sufficiente rimarcare che il ‘ prospective overruling ‘ non è invocabile per il caso di mutamenti giurisprudenziali che concernono norme sostanziali, perché in detta ipotesi non è precluso alla parte il diritto di
azione e al giudice il potere di dirimere la controversia (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 4.7.2024, n. 18290) .
19. Invano, infine, i ricorrenti adducono che la corte di merito ‘ha omesso di esaminare i suddetti rilievi, incorrendo nel denunciato vizio di omesso esame circa un fatto decisivo (…)’ (così ricorso, pag. 12) .
Invero , l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (come riformulato dall’art. 54 del dec. leg. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012) , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305) .
E ciò tanto più che va condiviso e recepito l’argoment o del controricorrente secondo cui ‘la natura di imprenditori professionali delle ditte COGNOME NOME e COGNOME. NOME (…) esclude la possibilità che, a fronte di richiami specifici, contenuti nel contratto, alla fonte di finanziamento dei lavori, gli stessi non fossero in grado di percepire la portata e l’applicabilità, allo specifico rapporto contrattuale, della normativa richiamata in tema di mancanza di maturazione di interessi (…)’ (così memoria controricorrente, pag. 3) .
Nei termini esposti, dunque, non può ch e esser disatteso l’assunto finale veicolato dal mezzo in esame secondo cui ‘i pagamenti ritardati oltre i termini di cui agli artt. 35 e 36 del Capitolato Generale di Appalto sono produttivi degli interessi in detti articoli previsti, così come correttamente quantificati nel decreto ingiuntivo opposto’ (così ricorso, pag. 13) .
C on il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 36 d.P.R. n. 1063/1962.
Deducono che la Corte di Campobasso ha tenuto conto solo in parte del disposto dell’art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962, ossia non ha tenuto conto delle previsioni del 2° co. e del 3° co. dell ‘ art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962 (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deducono in particolare che il 2° co. fa univocamente decorrere il termine di 120 giorni per il pagamento della rata di saldo, termine al cui vano decorso insorge il diritto alla percezione degli interessi, ‘ dalla , e non dalla data in cui il collaudo è stato effettivamente eseguito ‘ (così ricorso, pag. 16) .
Il secondo motivo di ricorso del pari è inammissibile.
Va ribadito che i ricorrenti hanno domandato la corresponsione degli interessi -oltre che ‘per i ritard ati pagamenti delle rate di acconto sui lavori e sulla revisione prezzi relativi al 6°, 7°, 8°, 10°, 11° e 12° S.A.L. ‘ -altresì ‘per il ritardo nel pagamento della liquidazione delle somme a saldo e revisione prezzi ‘ (così sentenza impugnata, pag. 2) .
Tuttavia, con riferimento alla revisione prezzi, sovviene l ‘ insegnamento di questa Corte a tenor del quale, in tema di appalti di opere pubbliche, la posizione soggettiva dell’appaltatore, in ordine alla facoltà dell’Amministrazione di accordare la revisione dei prezzi, si configura come interesse legittimo ed è di norma tutelabile davanti al giudice amministrativo, salvo che la P.A., per mezzo dell’organo deliberativo competente, da individuarsi esclusivamente nel
Consiglio comunale e non nella Giunta municipale, abbia adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento implicito diretto a riconoscere inequivocabilmente tale diritto, che sia preceduto dal positivo esercizio del potere discrezionale in ordine alla concessione della revisione, non essendo desumibile il riconoscimento implicito dall’adempimento di un obbligo di legge da parte della stazione appaltante, quale il pagamento di acconti sulla revisione prezzi imposto dagli artt. 14 della legge n. 1 del 1978 e 3 della legge n. 741 del 1981 (cfr. Cass. sez. un. 25.2.2009, n. 4463; Cass. sez. un. 20.6.2000, n. 454, secondo cui, con riguardo alla revisione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, la posizione dell ‘ appaltatore – che è di norma tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, configurandosi come interesse legittimo – acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, solo quando la convenzione sia resa obbligatoria in forza di clausola contrattuale stipulata anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 37 del 1973, ovvero quando l’ Amministrazione abbia già adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento comportante implicito riconoscimento del diritto alla revisione; in relazione a tale ultima ipotesi, il provvedimento o il comportamento concludente devono pr ovenire dall’organo deliberativo competente ad esprimere la volontà dell’ente pubblico e non possono consistere in atti interni della P.A., meramente preparatori e propedeutici ad un eventuale riconoscimento della revisione; Cass. (ord.) 3.10.2018, n. 24096) .
24. Nei termini suindicati inevitabili sono i postulati che seguono.
Il motivo di ricorso difetta di specificità e di ‘autosufficienza’, siccome i ricorrenti non hanno provveduto a fornire puntuale indicazione e testuale rappresentazione della deliberazione del Consiglio comunale di Castropignano ovvero del comportamento concludente del medesimo organo deliberativo, rilevanti, appunto, ai fini del riconoscimento della revisione prezzi.
In assenza di un diritto soggettivo alla revisione-prezzi neppure si configura un diritto soggettivo alla percezione degli interessi di mora sulle somme che si assume sarebbero state da erogare a titolo di revisione-prezzi.
L’astratta titolarità del diritto soggettivo alla revisione/prezzi e agli interessi sulla revisione/prezzi – astratta titolarità da riscontrare esclusivamente alla stregua della prospettazione operata dall’attore e da tener distinta dalla concreta sussistenza del diritto all’uopo prospettato , profilo quest’ultimo, attinente al merito assurge a condizione dell’azione ed il relativo difetto è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (cfr. in proposito, seppur con riferimento alla legitimatio ad causam, Cass. 27.6.2011, n. 14177) .
Ben vero, al riscontro del relativo difetto non osta, nella specie, la possibile formazione sul punto del giudicato ‘interno’ . Tanto propriamente alla luce dell’elaborazione di questa Corte (cfr. Cass. sez. lav. 4.2.2016, n. 2217, secondo cui, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale ‘minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato intern o’ individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico; con la conseguenza che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno
l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione) .
25. Il dettato dell ‘ art. 36 (rubricato ‘ritardo nel pagamento della rata di saldo’) del d.P.R. n. 1063/1962 (abrogato dal d.P.R. n. 554 del 21.12.1999) differenzia due ipotesi.
La prima ipotesi, riflessa dal 1° co., è integrata dall ‘ evenienza in cui l ‘ emissione del titolo di pagamento della rata di saldo ‘ sia ritardata per più di 120 giorni dalla data del certificato di collaudo ‘ : in tale evenienza -in cui il certificato di collaudo risulta emesso – spettano all ‘ appaltatore gli interessi legali sulla rata di saldo a partire dal 121° giorno.
La seconda ipotesi, riflessa dal 2° co., è integrata dall ‘ evenienza in cui l ‘ emissione del titolo di pagamento della rata di saldo ‘ non venga effettuata entro 120 giorni dalla data entro la quale doveva essere rilasciato il certificato di collaudo ‘ : in tale evenienza -in cui il certificato di collaudo non risulta emesso – spettano all ‘ appaltatore gli interessi legali sulla rata di saldo a partire dal giorno successivo a quello in cui avrebbe dovuto esser rilasciato il certificato di collaudo sino al giorno dell ‘ emissione del titolo di pagamento.
Ovviamente in relazione a tale seconda ipotesi viene in evidenza l ‘ art. 5 rubricato ‘ termini e modalità dei collaudi ‘ (abrogato dal d.P.R. n. 554 del 21.12.1999) – della legge n. 741 del 10.12.1981.
26. Orbene -e pur al di là della valenza che in parte qua certamente esplicano i rilievi svolti a reiezione del primo motivo, giacché con il primo mezzo i ricorrenti si son doluti per il mancato riconoscimento sia degli interessi ex art. 35 sia degli interessi ex art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962 (cfr. ricorso, pag. 13) –
alla stregua dell ‘ operata diversificazione il motivo di ricorso anche a tal riguardo difetta di specificità e di ‘ autosufficienza ‘ , siccome i ricorrenti non hanno provveduto a fornir puntuale indicazione e testuale rappresentazione del contenuto dell ‘ iniziale domanda monitoria ovvero non hanno provveduto a dar ragione dell ‘ ascrivibilità della domanda di cui al l’esperito ricorso ex art. 633 cod. proc. civ. pur alla previsione del 2° co. dell ‘ art. 36 del d.P.R. n. 1063/1962.
Ben vero, il difetto di specificità e di ‘ autosufficienza ‘ rileva, siccome la corte distrettuale ha ricondotto il profilo controverso de quo agitur alla prefigurazione del 1° co. dell’art. 36 cit. non solo nella parte motiva dell ‘ impugnato dictum -peraltro mercé il riferimento testuale al disposto del 1° co. dell ‘ art. 36 cit. – ma pur nella parte ‘ in fatto ‘ .
Quivi, in particolare, la corte territoriale ha riferito che il R.T.I. ricorrente aveva ottenuto decreto ingiuntivo altresì ‘ per il ritardo nel pagamento della liquidazione delle somme a saldo e revisione prezzi, in quanto il relativo pagamento era stato effettuato dopo la scadenza del termine di gg. 120 dalla data del certificato di collaudo, ex art. 36 del dpr citato, oltre gli interessi successivi calcolati dal 23/7/96 sino al 30/6/99 (…) ‘ (così sentenza impugnata, pag. 2) .
27. Ovviamente sovviene al riguardo l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel ‘ thema decidendum’ del giudizio di appello ed a tenor del quale nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione, che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio
(cfr. Cass. 9.8.2018, n. 20694; Cass. 25.10.2017, n. 25319; Cass. 13.9.2007, n. 19164) .
28. Pur a prescindere dal surriferit o difetto di specificità e di ‘autosufficienza’ , il motivo di ricorso manca di specificità e di ‘autosufficienza’ anche sotto altro aspetto.
I ricorrenti adducono che ai sensi dell’ ‘ art. 55 Cap . Speciale di Appalto’ (così ricorso, pag. 16, ove appunto è espresso riferimento al capitolato speciale d’appalto; cfr. memoria dei ricorrenti pag. 8, ove parimenti è riferimento all’ ‘art. 55 Capitolato Speciale di Appalto’ ) il collaudo ‘avrebbe dovuto essere effettuato entro nove mesi dal 16.04.1993, data di ultimazione dei lavori (…) e quindi entro il 16.05.94’ (così ricorso, pag. 16) .
Nondimeno, inevitabile è il seguente duplice rilievo.
Il motivo difetta di ‘autosufficienza’ , giacché non reca alcun testuale riscontro idoneo a dar ragione della asserita data di ultimazione dei lavori ( ai sensi dell’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ. ‘il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità: (…) 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti (…) sui quali (…) si fonda’) .
Be n vero, l’asserita data di ultimazione dei lavori non rinviene alcun ri flesso né nella impugnata statuizione (ove si è dato atto ‘in via preliminare (…) che non vi sono contestazioni circa i fatti storici relativi alle date dei pagamenti effettuati dal Comune, nonché alle date delle richieste del Comune di erogazione dei pagamenti alla Cassa DD.PP., alle date dei mandati di pagamento della Cassa DD.PP., n onché in ordine alla data di effettiva approvazione del collaudo’: così
sentenza impugnata, pag. 4) , né nel controricorso (al riguardo cfr. comunque Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, e Cass. 10.10.2000, n. 13483) .
Cosicché la prefigurata data di ultimazione dei lavori presenta in questa sede una indubitabile connotazione di ‘novità’ (cfr. Cass. (ord.) 24.1.2019, n. 2038, secondo cui, ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione d i inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ‘ex actis’ la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa) .
Il motivo difetta di ‘autosufficienza’, giacché non riproduce il testo dell’art. 55 del capitolato speciale d’appalto (Cfr. Cass. 21.7.2010. n. 17119, ove, in motivazione, si è rilevato il difetto di ‘autosufficienza’ con conseguente inammissibilità del motivo con cui la ricorrente aveva denunciato ‘la errata interpretazione ed applicazione della clausola compromissoria contenuta nel capitolato speciale d ‘appalto, senza riportarne, come avrebbe dovuto, specificamente il contenuto’ . Cfr. altresì Cass. 16.6.2011, n. 13229, secondo cui il capitolato, predisposto da un ente diverso dallo Stato richiamato nel contratto di appalto stipulato con altro soggetto, ha natura contrattuale e non normativa; Cass. sez. lav. 28.11.2001, n. 15057) .
29. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345 e 389 cod. proc. civ.
Deducono che ha errato la Corte di Campobasso a reputare ammissibile la domanda di restituzione formulata dal Comune di Carpignano per la prima volta in sede di rinvio (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deducono, per un verso, che la domanda di restituzione non è conseguente alla sentenza n. 14582/2015 della Corte di cassazione (cfr. ricorso, pag. 17) ; per altro verso, che la domanda di restituzione doveva essere proposta, al più tardi all ‘ udienza di precisazione delle conclusioni, nell ‘ antecedente giudizio d ‘ appello, dopo il rigetto della ‘ sospensiva ‘ e subordinatamente all ‘ accoglimento del gravame (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deducono segnatamente che la sentenza n. 14582/2015 non ha fatto venir meno il titolo costituito dal decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo con la sentenza di primo grado (cfr. ricorso, pag. 17) ; e che il giudizio di rinvio è un giudizio ‘ chiuso ‘ nell ‘ ambito, del quale non possono essere formulate domande ‘ nuove ‘ (cfr. ricorso, pag. 18).
Il terzo motivo di ricorso parimenti è inammissibile.
Innegabilmente la sentenza n. 14582/2015 di questa Corte di legittimità ha fatto venir meno il titolo esecutivo costituito dalla sentenza del 4.7.2005 poi confermata dalla sentenza n. 118/2008 della Corte di Campobasso – con cui il Tribunale di Campobasso aveva ‘ dichiarato inammissibile l ‘ opposizione ed dichiarato l ‘ esecutività del decreto ingiuntivo opposto ‘ (così ricorso, pag. 3) .
Innegabilmente, dunque, la domanda restitutoria formulata dal Comune di Carpignano nel giudizio di rinvio è conseguente alla sentenza n. 14582/2015 di questa Corte di legittimità.
32. Su tale scorta è sufficiente il rinvio all ‘ elaborazione di questa Corte.
Ossia all ‘ insegnamento secondo cui l ‘ azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta, a norma dell ‘ art. 389 cod. proc. civ., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d ‘ appello poi annullata , non è riconducibile allo schema della ripetizione d ‘ indebito, perché si collega ad un ‘ esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall ‘ esistenza del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesa) ; né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell ‘ ‘ accipiens ‘ , non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti; con la conseguenza che chi ha eseguito un pagamento non dovuto, per effetto di una sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ha diritto ad essere indennizzato dell ‘ intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma con gli interessi legali a partire dal giorno del pagamento (cfr. Cass. 20.10.2011, n. 21699) .
Ossia all ‘ insegnamento secondo cui, in caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello cassata non costituisce domanda nuova, in quanto la ripetizione – che
non è inquadrabile nell ‘ istituto della ‘ condictio indebiti ‘ -è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall ‘ origine, determina il sorgere dell ‘ obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente (cfr. Cass. sez. lav. 2.4.2013, n. 7978; Cass. sez. lav. 10.9.2018, n. 21969) .
In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi d ell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna in solido i ricorrenti, NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa individuale, e la ‘ RAGIONE_SOCIALE, a rimborsare al controricorrente, Comune di Castropignano, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte