Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12073 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12073 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10242-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
DE NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME;
– intimati –
Oggetto
Interesse ad impugnare
R.G.N.10242/2024
COGNOME
Rep.
Ud.04/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 137/2024 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/02/2024 R.G.N. 1086/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e nei confronti di NOME COGNOME per far dichiarare, sul presupposto della natura subordinata del rapporto formalizzato con contratti di collaborazione professionale, l’inefficacia del licenziamento orale intimatole il 10 febbraio 2019, con la tutela reale di cui all’art. 18 St. Lav. e successive modifiche e per ottenere la condanna delle controparti, in solido tra loro, al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, delle differenze retributive e del danno pensionistico.
Disposta la trattazione del ricorso secondo le forme di cui all’art. 1, commi 47 e seguenti della legge 92 del 2012, con ordinanza del 17 marzo 2022 il tribunale ha dichiarato inammissibili le domande di natura retributiva poiché fondate su fatti costitutivi diversi da quelli relativi alla cessazione del rapporto di lavoro; ha dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda di illegittimità del licenziamento a seguito della rinuncia formulata dalla ricorrente.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione avverso l’ordinanza censurando la pronuncia di inammissibilità delle domande diverse da quelle strettamente connesse all’impugnativa di licenziamento ed ha chiesto che il giudice, previo mutamento del rito ex artt. 426 e 427 c.p.c., si pronunciasse in merito alle stesse; ha eccepito, in via preliminare, l’intervenuta prescrizione delle pretese creditorie, di cui ha chiesto comunque il rigetto per infondatezza
contestando l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con la ricorrente. RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno aderito alle censure di parte opponente.
Il tribunale ha respinto il ricorso in opposizione per difetto di interesse ad agire della società opponente.
La Corte d’appello di Palermo, adita da quest’ultima, ha respinto il reclamo. Ha osservato che, sebbene l’opposizione avverso l’ordinanza resa all’esito della fase sommaria non può qualificarsi come impugnazione in senso stretto, data la natura unitaria bifasica del giudizio di primo grado nel rito Fornero, tuttavia la valutazione dell’interesse a proporre opposizione deve essere eseguita secondo criteri analoghi a quelli adoperati per valutare l’interesse all’impugnazione, considerato il contenuto decisorio dell’ordinanza. Tale interesse è necessariamente correlato alla soccombenza, che presuppone una statuizione del giudice capace di arrecare pregiudizio alla parte la quale, attraverso l’impugnazione, mira a rimuovere il pregiudizio medesimo. La Corte d’appello ha richiamato la giurisprudenza di legittimità che esclude possa ravvisarsi una situazione di pregiudizio per il convenuto nel fatto che il giudice a quo, ravvisando un ostacolo processuale all’esame della domanda, la dichiari inammissibile anziché esaminarla nel merito, potendo in tal caso configurarsi un interesse all’impugnazione solo in presenza di una rituale proposizione di domanda riconvenzionale finalizzata all’esame del merito. Ha ritenuto che nel caso di specie il pregiudizio dedotto dalla reclamante, a sostegno del suo interesse ex art. 100 c.p.c., sarebbe quello di non essere nuovamente convenuta in giudizio per dover contrastare l’altrui prospettazione di un rapporto di natura subordinata e le connesse pretese retributive; interesse
che, secondo i giudici di appello, ha natura meramente fattuale e non è riconducibile al modello richiesto dal citato art. 100 c.p.c.
Ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE con due motivi. Ha resistito con controricorso la signora NOME COGNOME. La RAGIONE_SOCIALE e il sig. NOME COGNOME non hanno svolto difese.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Costituzione e dei principi di ‘ragionevole durata del processo’ e ‘giusto processo’; violazione o falsa applica zione della Legge 28 giugno 2012 n. 92 e degli artt. 426 e 427 c.p.c. Si censura la decisione d’appello che, in conformità al giudice di primo grado, ha ritenuto insussistenti i presupposti per disporre il mutamento del rito ed ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla sig.ra COGNOME omettendo di pronunciare nel merito.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione della Legge 28 giugno 2012 n. 92, degli artt. 100, 110 e 323 c.p.c., per avere la Corte di Appello negato l’interesse della Marina RAGIONE_SOCIALE all’impugnazione dell’ordinanza del 17.3.2022 e della sentenza n. 3021/2023 rese dal Tribunale di Palermo.
I motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per connessione logica, non sono fondati.
Deve premettersi, come rilevato dalla Corte d’appello, che il procedimento introdotto dall’art. 1, comma 47 e seguenti, della
l. n. 92 del 2012 ha carattere obbligatorio, sicché il lavoratore licenziato non può rinunziarvi e che dall’obbligatorietà del rito scaturisce, come logica conseguenza, l’attribuzione, in via esclusiva, all’autorità giudiziaria, secondo il principio iura novit curia, del potere di qualificare la domanda in base al petitum sostanziale e di individuare così il rito concretamente applicabile (v. Cass. n. 23073 del 2015). Da tali affermazioni discende che nessun rilievo può attribuirsi, nel caso di specie, alla originaria proposizione del ricorso da parte della De Arena ai sensi dell’art. 414 c.p.c., una volta che il tribunale, sulla base della proposta impugnativa del licenziamento, ha incanalato la domanda sui binari del rito cd. Fornero e proceduto alla trattazione secondo le scansioni previste dalla legge 92 del 2012.
Quanto all’interesse ad impugnare, esso è valutabile rispetto a qualsiasi provvedimento che abbia contenuto decisorio, e tale contenuto possiede certamente l’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, che può acquisire autorità di giudicato qualora non sia fatta oggetto di opposizione (v. Cass. n. 21720 del 2018), a prescindere dalla natura unitaria bifasica del giudizio di primo grado nel rito cd. Fornero (su cui v. Cass. n. 27655 del 2017).
Secondo il pacifico e consolidato orientamento di questa Corte, l’interesse ad impugnare, che costituisce una species dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione (Cass. 04/05/2012, n. 6770; Cass. 20/10/2016, n. 21304), e va apprezzato in relazione all’utilità giuridica che può derivare al proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento (Cass. n. 8934 del 2013; n. 16016 del 204; n. 17969 del 2015; n. 13395 del 2018).
14. Nel caso di specie, non ricorreva alcuno dei predetti presupposti. Per un verso, la società RAGIONE_SOCIALE non solo non si trovava in una situazione di sostanziale soccombenza, ma era risultata totalmente vittoriosa rispetto alle domande, di differenze retributive e di danno pensionistico, proposte dalla COGNOME, che erano state dichiarate inammissibili. Per altro verso, dall’eventuale accoglimento dell’opposizione, con conseguente mutamento del rito (da rito cd. Fornero a rito ordinario del lavoro) e prosecuzione del giudizio, la ricorrente non avrebbe ottenuto alcuna utilità giuridica, atteso che alla caducazione della declaratoria di inammissibilità delle domande proposte dalla COGNOME non ne sarebbe automaticamente seguito il rigetto, bensì l’esame nel merito delle stesse, con conseguente possibilità di accoglimento.
15. Da ciò discende che, se fosse stata accolta l’opposizione e disposto il mutamento del rito con prosecuzione del giudizio secondo il rito ordinario del lavoro e successivo esame nel merito, sul presupposto della loro ammissibilità, delle domande di differenze retributive e danno pensionistico avanzate dalla COGNOME, la società attuale ricorrente si sarebbe trovata nella medesima posizione processuale in cui si troverebbe ove venissero riproposte le medesime domande da parte della lavoratrice in un separato giudizio. Il che dimostra l’assenza di un interesse giuridico all’impugn azione, inteso come interesse alla eliminazione del pregiudizio subito per effetto della pronuncia impugnata e non, come pretende l’attuale ricorrente, come interesse di mero fatto a non essere convenuta in un nuovo procedimento per le medesime pretese; interesse non disgiunto da conseguenze pratiche negative per la parte e, tuttavia, non rilevante ai fini del citato art. 100 c.p.c.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza dell’interesse della ricorrente ad impugnare la statuizione di inammissibilità delle domande proposte dalla De Arena e non fondate sui medesimi fatti costitutivi posti a base dell ‘impugnativa del licenziamento, in continuità con i precedenti di questa Corte che si sono pronunciati in termini di ‘inammissibilità’ delle domande non fondate sui medesimi fatti costitutivi – la cessazione del rapporto di lavoro -posti a base dell’impug nativa del licenziamento (v. per tutte Cass. n. 38209 del 2021).
A quanto premesso deve aggiungersi che la scelta di mutare il rito rientra nella discrezionalità del giudice (v. Cass. 14734 del 2022) e il relativo provvedimento non ha contenuto decisorio (v. Cass. n. 19345 del 2007; n. 15011 del 2019, riferita al rito Fornero).
Le considerazioni svolte conducono al rigetto del ricorso.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Non si provvede sulle spese nei confronti delle altre parti rimaste intimate.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione, nei confronti della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 4 marzo 2025