Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9685 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9685 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34633/2018 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimato – avverso la sentenza n. 489/2018 de lla Corte d’Appello di Roma, depositata il 4.6.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Roma , in sede di rinvio, a seguito della cassazione della sua precedente decisione resa in grado d’appello, respinse la domanda dell’odierno intimat o, dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE, volta ad ottenere l’accertamento del diritto al trattamento economico del dirigente.
Contro la decisione della Corte d’Appello ricorre per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, non certo per dolersi dell’esito del processo (che lo vede totalmente vittorioso nel merito), bensì per chiedere che sia dichiarata la nullità della sentenza nella parte in cui la Corte ha dichiarato la nullità di una «domanda restitutoria dell’ Istituto», domanda che l’RAGIONE_SOCIALE dichiara di non avere mai proposto nei confronti del lavoratore. Quest’ultimo è rimasto intimato, mentre l’RAGIONE_SOCIALE ha ulteriormente illustrato il ricorso con memoria depositata nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia «violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (violazione del principio tra il chiesto e il giudicato) ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e/o nullità, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
Il ricorrente ha ritenuto di dover impugnare la sentenza -pur a lui favorevole nel merito, essendo stata integralmente rigettata la domanda del lavoratore -per sottolineare di non avere proposto alcuna «domanda restitutoria», sicché la Corte territoriale, dichiarando la nullità di siffatta (inesistente) domanda, sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione.
Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse ad impugnare la sentenza in capo all’Istituto ricorrente , che ha
visto respinta la domanda proposta dal lavoratore nei suoi confronti e non ha proposto domande riconvenzionali che siano state respinte dal giudice del merito. Manca, in definitiva, il requisito della soccombenza, sia pure parziale, che delimita il concetto di interesse ad agire nell’ambito delle impugnazioni (v., tra le tante, Cass. nn. 38054/2022; 13395/2018; 8934/2013).
Il fatto che la Corte d’Appello, verosimilmente per un mero refuso, abbia inserito, solo nella motivazione, un indebito riferimento alla dichiarazione di nullità di una (inesistente) domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_SOCIALE non muta e non amplia il contenuto della decisione, che rimane ancorato all’oggetto del contendere.
L’interesse ad impugnare non si potrebbe ravvisare nemmeno qualora l ‘RAGIONE_SOCIALE intendesse riservarsi una separata azione, avvalendosi del giudicato, per ottenere la restituzione di eventuali pagamenti spontanei effettuati medio tempore in favore del suo dipendente (circostanza peraltro non allegata dal ricorrente). Infatti, la dichiarazione di nullità della domanda, in quanto decisione in rito, a differenza del rigetto, non potrebbe comunque in alcun modo pregiudicare una successiva azione recuperatoria (Cass. nn. 17125/2023; 896/2014; 17408/2012).
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, essendo rimasta la controparte intimata.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio , sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese;
ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’ art. 13, comma 1 -bis , del citato d.P.R., se dovuto. Così deciso in Roma, il 6.2.2024.