Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7062 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
1.Con ricorso al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME chiedeva di essere reintegrato nel ruolo, in precedenza ricoperto, di Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE, previo annullamento della deliberazione del comitato esecutivo dell’RAGIONE_SOCIALE n. 14 del 29 settembre 2003; chiedeva inoltre che venisse dichiarato il suo diritto alla stipula del contratto relativo alle funzioni di Direttore l’RAGIONE_SOCIALE, con la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in suo favore delle retribuzioni e spettanze di qualsiasi tipo, a titolo di risarcimento del danno; in subordine chiedeva dichiararsi che la cessazione dell’incarico si sarebbe verificata solo sommando i mesi in cui non aveva potuto svolgere le funzioni di Direttore, a causa delle illegittime revoche dell’incarico, nonché condannarsi l’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno all’immagine, professionale e biologico.
2. Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di reintegra nel ruolo di Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarava l’illegittimità della deliberazione del comitato esecutivo dell’RAGIONE_SOCIALE n. 14 del 29 settembre 2003, nonché il diritto del COGNOME alla stipula del contratto relativo alle funzioni di Direttore per la durata di due anni, decorrenti dalla stipula, e condannava le parti resistenti in solido alla corresponsione, nei confronti del ricorrente, del trattamento economico che avrebbe percepito come Direttore qualora fosse stato stipulato il contratto, e al risarcimento del danno all’immagine
professionale cagionato al COGNOME, quantificato in € 10.000,00 (e successivamente in sede di correzione in € 20.000,00) , rigettando le altre domande risarcitorie; compensava le spese di lite in misura di 1/3.
La Corte di Appello di Caltanissetta, in accoglimento del gravame proposto dalla Provincia regionale di RAGIONE_SOCIALE, in parziale riforma di tale sentenza, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Provincia regionale di RAGIONE_SOCIALE, annullava le condanne pronunciate in via solidale nei confronti della medesima e rigettava l’appello incidentale tardivo adesivo spiegato dalla RAGIONE_SOCIALE Sicilia e dalla Presidenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE Sicilia e la Presidenza della RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
La Provincia regionale di RAGIONE_SOCIALE (oggi denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘) è rimasta intimata.
DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che la sentenza impugnata ha omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo adesivo, per difetto di specificità dei motivi.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 334, 326 e 327 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che la sentenza impugnata ha omesso di rilevare la tardività dell’appello incidentale tardivo adesivo, che avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto depositato in data 30.9.2016, oltre un anno dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, avvenuta in data 27.1.2015.
Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 91, 336 e 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Addebita alla sentenza impugnata di avere modificato anche per le Amministrazioni regionali la regolamentazione delle spese contenuta nella sentenza di primo grado, in difetto di appello sul punto, e dunque in violazione del giudicato.
Evidenzia che la sentenza di primo grado è stata riformata solo riguardo alla posizione della Provincia Regionale, mentre era stato respinto l’appello incidentale tardivo adesivo delle Amministrazioni regionali.
Il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili.
Deve infatti rammentarsi che il principio contenuto nell’art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata e che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte. Ne consegue, per un verso, che deve ritenersi normalmente escluso l’interesse della parte integralmente vittoriosa ad impugnare una sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione, ove non sussista la possibilità, per la parte stessa, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile; per altro verso, che l’interesse all’impugnazione va ritenuto sussistente qualora la pronuncia contenga una statuizione contraria all’interesse della parte medesima suscettibile di formare il giudicato. (Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 28307 del 11/12/2020; in senso analogo Cass. n. 12952/2007; Cass. n. 9877/2006).
Questa Corte ha infatti chiarito che in tema di impugnazioni, l’interesse ad agire di cui all’art. 100 cod. proc. civ. postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione, da apprezzarsi in relazione all’utili tà giuridica che può derivare al proponente dall’eventuale accoglimento del gravame (v. Cass. n. 38054/2022 e giurisprudenza ivi richiamata).
Ciò premesso, va evidenziato che la sentenza impugnata, avendo rigettato l’appello incidentale tardivo adesivo proposto dalle Amministrazioni regionali sui motivi di ricorso proposti in via subordinata dalla Provincia Regionale di RAGIONE_SOCIALE, ha confermato le statuizioni della sentenza di primo grado relative alla condanna delle Amministrazioni regionali in solido alla corresponsione del trattamento economico dovuto al COGNOME qualora fosse stato stipulato il contratto da Direttore, nonché al risarcimento del danno all’immagine professionale a lui cagionato al COGNOME e quantificato in € 10.000,00 (e successivamente in sede di correzione in€ 20.000,00).
Deve pertanto escludersi che da una statuizione di inammissibilità dell’appello incidentale adesivo tardivo, in luogo di quella di rigetto contenuta nella sentenza impugnata, al COGNOME possa derivare un risultato utile e giuridicamente apprezzabile.
5. Il terzo motivo è infondato.
Infatti il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. (Sez. 1 – , Ordinanza n. 14916 del 13/07/2020; Cass. n. 1775/2017).
In materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c,, la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1775 del 24/01/2017)
Ai sensi dell’art. 336, comma primo, cod. proc. civ., la parziale ri forma della sentenza di primo grado ha dunque determinato la caducazione dei capi della sentenza di primo grado dipendenti da quelli riformati.
La decisione impugnata, che ha modificato la regolamentazione delle spese di lite relative al giudizio di primo grado a fronte della parziale riforma della sentenza di primo grado, si è dunque attenuta a tali principi.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore delle controricorrenti , che liquida in € 2000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
D à atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9.2.2024.
Il Presidente NOME COGNOME