Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21867 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21867 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
1.NOME COGNOME, medico presso il penitenziario di Trapani con rapporto libero professionale e medico di base convenzionato con la ASP di Trapani, ha adito il Tribunale di Trapani chiedendo dichiararsi l’illegittimità e l’annullamento della nota del l’ 8.4.2014 con cui l’Azienda Sanitaria (di seguito RAGIONE_SOCIALE di Trapani le aveva comunicato che, ai sensi dell’ACN per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, il massimale di scelte per l’incarico di medicina generale di assistenza primaria era di 500 assistiti.
Il Tribunale di Trapani ha annullato il provvedimento di limitazione a 500 del numero di assistiti contestato dalla Pollina ed ha accertato il diritto della medesima a svolgere congiuntamente l’incarico di medico penitenziario e di medico di assistenza pri maria in rapporto di convenzione con l’A .S.P. senza detta limitazione.
La Corte di Appello di Palermo ha dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda della Pollina tesa ad ottenere il riconoscimento del suo diritto a svolgere congiuntamente l’incarico di medico penitenziario e quello di medico di assistenza primaria in rapporto di convenzione con l’ RAGIONE_SOCIALE senza la limitazione a 500 del numero di assistiti.
La Corte territoriale ha rilevato che in assenza di provvedimenti di riduzione del numero di assistiti da parte dell’Azienda Sanitaria di Trapani, la Pollina si era dimessa dall’incarico di medico penitenziario con lettera del 29.6.2015, così risolvendo il rapporto intercorrente con il Ministero della giustizia.
Il giudice di appello ha escluso che potesse addivenirsi a diverse conclusioni in ragione della riserva di ‘ ripristino dello status quo ante all’esito del giudizio’ formulata nella lettera di dimissioni; ha infatti considerato non em endabili con un’eventuale pronuncia favorevole le dimissioni , in quanto il rapporto con il Ministero della giustizia era stato risolto.
Ha inoltre ritenuto che la Pollina non avrebbe potuto opporre la pronuncia favorevole invocata per ottenere il ripristino dell’incarico nei confronti di un’Amministrazione che era rimasta estranea al giudizio e al rapporto intercorrente con l’Azienda sanitaria.
Ha evidenziato che la scelta effettuata dalla COGNOME nel corso del giudizio aveva determinato il venir meno del contrasto tra le parti sulla questione dedotta e, quindi, il potere-dovere del giudice di provvedere sulla domanda, non essendo consentito ricorrere all’autorità giudiziaria in assenza di un’attuale e concreta utilità per chi agisce.
Avverso tale sentenza la Pollina ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE Trapani ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Richiama l’atto di avvio del procedimento, il verbale dell’incontro svoltosi in data 28.5.2015, la raccomandata A/R del 1.6.2015 inviata alla ARAGIONE_SOCIALE dal difensore della Pollina e la risposta della RAGIONE_SOCIALE di Trapani del 12.6.2015, addebitando alla Corte territoriale di non avere considerato che le dimissioni avevano costituito una scelta obbligata e che la ricorrente si era riservata di domandare il risarcimento del danno una volta accertata l’assenza di incompatibilità.
Lamenta l’illegittimità del provvedimento dell’azienda , e a monte l’illegittimità dell’art. 39 ACN , per contrasto in peius con l’art. 2 della legge n. 740/1970.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per non avere considerato che l’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 222/2015 aveva trasferito dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia alle Regioni i rapporti di lavoro del personale sanitario in ambito penitenziario instaurati ai sensi dell’art. 9 della legge n. 740/1970 in essere alla data del 28.2.2015 ed ancora esistenti alla data di entrata in vigore del
medesimo decreto; sostiene, pertanto, che la decisione ottenuta sulla assenza di limitazioni avrebbe potuto incidere anche sul rapporto originariamente instaurato con il Ministero.
Le censure, che vanno trattate congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili per plurime ragioni.
L ‘omesso esame di documenti e la mancata considerazione di norme giuridiche non sono innanzitutto riconducibili al paradigma di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Tale disposizione ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
Il ricorso sollecita un giudizio di merito attraverso la disamina di documenti (l’atto di avvio del procedimento, il verbale dell’incontro del 28.5.2015, la raccomandata inviata dal difensore della Pollina dalla RAGIONE_SOCIALE Trapani in data 1.6.2015 e la risposta della RAGIONE_SOCIALE Trapani del 12.6.2015 ) nemmeno menzionati dalla sentenza impugnata, e non assolve agli oneri previsti dall’art. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., in quanto non indica gli atti dei gradi di merito in cui sarebbero stati menzionati e non localizza tali atti né i suddetti documenti.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Inoltre il ricorso , nel denunciare l’ error in procedendo , non indica la violazione di alcuna norma processuale.
A soli fini di completezza va aggiunto che questa Corte ha da tempo affermato che l’interesse ad agire richiede, non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire; ne consegue che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (v. Cass. n. 6749/2012 , in una fattispecie in cui il lavoratore, che nel frattempo aveva rassegnato le proprie dimissioni, aveva domandato l’accertamento dell’illegittimità del trasferimento disposto nei suoi confronti deducendo il proprio interesse all’accertamento dell’inadempimento datoriale, ma non vi aveva collegato alcuna domanda di condanna o di accertamento del diritto al risarcimento del danno; la SRAGIONE_SOCIALE, in applicazione di tale principio, ha escluso l’interesse ad agire del lavoratore, costituendo l’inadempimento datoriale solo uno degli elementi della fattispecie determinativa di danno; negli stessi termini la più recente Cass. n. 12733/2024 secondo cui non sono ammissibili questioni d’interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire).
5. Come evidenziato dalla stessa ricorrente, ai sensi del l’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 222/2015, il passaggio dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della Giustizia alle Regioni dei rapporti di lavoro del personale sanitario in ambito penitenziario instaurati ai sensi dell’art. 9 della legge n. 740/1970 presuppone va che detti rapporti fossero in essere dal 28.2.2015 all’entrata in vigore del d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 222.
Nel caso di specie non è sostenibile che la decisione ottenuta sulla assenza di limitazioni avrebbe potuto incidere anche sul rapporto di lavoro originariamente
instaurato dalla Pollina con il Ministero; la sentenza impugnata ha accertato che detto rapporto si è risolto in data 29.6.2015 a fronte delle dimissioni della Pollina, né risulta che tali dimissioni siano state impugnate.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della