Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1131 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1131 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
165/2023 r.g., proposto
da
COGNOME NOME , elett. dom.to in INDIRIZZOINDIRIZZO Napoli, presso avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1999/202 pubblicata in data 14/06/2022, n.r.g. 1972/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/11/2023 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME NOME, figlia di NOME, aveva proposto ricorso nrg. 9189/2016 definito con sentenza n. 6872/2019 del 29/10/2019, con cui il Tribunale di Napoli aveva accolto la sua domanda di riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di COGNOME NOME, per il
OGGETTO: domanda giudiziale -interesse ad agire – attualità e concretezza
quale aveva lavorato quale collaboratrice per le pulizie dello studio, nonché di condanna dello Spina al pagamento delle differenze retributive.
Con il ricorso di primo grado, COGNOME NOME assumeva che COGNOME NOME, padre di COGNOME NOME, aveva riscosso per la figlia NOME, fittiziamente ospitata presso la propria residenza, contributi previdenziali previsti per le disoccupate in relazione al medesimo periodo oggetto della causa nrg. 9189/2016 ed aveva consentito alla figlia NOME di ‘utilizzare la convivenza per provare ogni diritto al riscatto dell’abitazione occupata assieme al padre e alla madre COGNOME NOME.
Pertanto adìva il Tribunale di Napoli per ottenere l’accertamento che il convenuto COGNOME NOME aveva avuto per anni fittiziamente nel proprio stato di famiglia la figlia NOME e i nipoti, percependo i relativi assegni familiari, con riserva di esporre i fatti in sede penale, atteso che NOME NOME aveva assunto di avere lavorato alle sue dipendenze come collaboratrice per la pulizia del proprio studio nel medesimo periodo.
2.- Il Tribunale adìto dichiarava il ricorso improcedibile nei confronti dell’INPS, in difetto della prova dell’avvenuta notifica, ed inammissibile nei confronti di COGNOME NOME per difetto di interesse ad agire.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello rigettava il gravame interposto dallo COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
l’interesse ad agire costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda e consente di distinguere fra le azioni di mera iattanza e quelle oggettivamente dirette al conseguimento del bene della vita, volte alla rimozione dello stato di giuridica incertezza in ordine alla sussistenza di un diritto;
esso deve essere concreto ed attuale, restando escluso quando il giudizio sia solo strumentale alla soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (Cass. n. 5635/2002);
nelle azioni di accertamento non è necessaria l’attuale verificarsi della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico e sull’esatta portata di
diritti ed obblighi da esso scaturenti, sicché la rimozione di detta situazione di incertezza costituisce il risultato utile e giuridicamente rilevante, non conseguibile se non con l’intervento del giudice;
dunque correttamente il Tribunale ha escluso l’interesse ad agire in capo allo Spina, che ha esercitato un potere in realtà spettante allo Stato.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME Giovanni ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- Gli eredi di COGNOME NOME, indicati in epigrafe ed ai quali il ricorso per cassazione è stato notificato personalmente, hanno resistito con controricorso.
6.- Il ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione degli artt. 102 e 421 c.p.c. per non avere la Corte territoriale disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS.
Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale aveva dichiarato improcedibile il ricorso nei confronti dell’INPS e sul punto lo Spina non ha proposto appello, determinando in tal modo il passaggio in giudicato (sia pure processuale) di tale decisione. Dunque nessuna integrazione del contraddittorio avrebbe mai potuto disporre la Corte d’appello, pena la violazione di quel giudicato.
In ogni caso , visto l’esito del gravame, con decisione arrestatasi alla conferma dell’insussistenza di un interesse ad agire dello Spina, l’integrazione del contraddittorio sarebbe stata del tutto superflua.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti. In particolare addebita alla Corte territoriale l’omesso esame del giuramento decisorio da lui articolato fin dal primo grado con le note del 02/05/2022.
Il motivo è inammissibile perché precluso dal passaggio in giudicato della sentenza d’appello, con cui è stato confermato l’assoluto difetto di interesse
ad agire in capo allo COGNOME, profilo di rito e dunque pregiudiziale rispetto alla questione dell’ammissibilità del giuramento decisorio, che attiene al merito.
3.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in