Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11393 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11393 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 00234/2024 R.G.
proposto da
NOME COGNOME cittadino della Costa d’Avorio, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Ministero dell’Interno , in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
contro
ricorrente
Questura di Ragusa , in persona del Questore pro tempore intimato
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 8039/2024 , pubblicata il 13/12/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., proposto il 23/11/2015, NOME COGNOME allegando di essere stato illegittimamente attinto in data 10/10/2015 da un decreto di respingimento della Questura di Ragusa.
Il ricorrente esponeva che gli era stato notificato il decreto di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera del 10/10/2015, ai sensi dell’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998, dopo essere stato rintracciato in acque territoriali dalla nave spagnola ‘Rio Segura’ , che lo aveva consegnato alle autorità italiane. Aggiungeva che era stato accolto nel centro di prima accoglienza di Pozzallo, ex art. 9 d.lgs. n. 142 del 2015, ove, in spregio alla normativa internazionale ed europea (direttive n r. 2013/33 c.d. nuova ‘direttiva accoglienza’ e nr. 2013/32, c.d. nuova ‘direttiva qualifiche’ e regolamento 604/13, c.d. ‘Dublino III’) , si era visto notificare il predetto respingimento, all’esito di un breve colloquio con personale in borghese della Polizia di frontiera, che gli aveva semplicemente chiesto il motivo per il quale era fuggito dal Paese di provenienza, in assenza di qualsivoglia informativa in ordine alla possibilità di proporre domanda di protezione internazionale.
Dopo aver rappresentato al Tribunale che soltanto in data 06/04/2016 aveva avuto la possibilità di inoltrare la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, insisteva ugualmente per l’accoglimento del ricorso, invocando la violazione sia del l’art. 7 d.lgs. n. 25 del 2008 sia dell’art. 9 d.lgs. n. 142 del 2015.
Nel contraddittorio delle parti, con ordinanza pubblicata il 06/09/2016 il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile il ricorso per difetto d’interesse ad agire .
Avverso tale decisione, il cittadino straniero proponeva appello, allegando che sussisteva l’ interesse ad agire alla data di instaurazione del primo grado di giudizio e che tale interesse era rimasto durante tutto il tempo del processo, formulando le seguenti conclusioni: «1. in riforma dell’impugnata decisione, ritenuta la sussistenza dell’interesse dell’odierno appellante ad ottenere la pronuncia di invalidità del decreto di respingimento con ordine di allontanamento dal territorio nazionale, adottato dalla Questura di Ragusa in data 10/10/2015, 1. accertare e dichiarare l’illegittimità del suddetto provvedimento di respingimento per violazione degli articoli 9 del D.Lgs. n. 142/15 ed 8 della Direttiva
2013/32/UE e per l’effetto 2. annullare il decreto di respingimento, con contestuale ordine di allontanamento dal territorio nazionale, adottato dalla Questura di Ragusa in data 10/10/2015 ed in pari data notificato; 3. il tutto con vittoria di spese, compenso di giudizio, oltre rimborso forfettario spese generali 15%, IVA e CPA come per legge, per entrambi i gradi di giudizio ed attribuzione al sottoscritto difensore per fattane anticipazione.» .
La Corte d’appello dichiara va inammissibile l’impugnazione, rilevando che l’appellante aveva dedotto di avere, comunque, presentato domanda di protezione internazionale e di aver ottenuto, nelle more della decisione su tale domanda , l’autorizzazione a permanere nel territorio nazionale, cui era seguito, in pendenza del giudizio di appello, il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, con la conseguenza che l’azione volta all’accertamento della illegittimità del respingimento non aveva più alcuna utilità, se non per una eventuale futura domanda di risarcimento danni, di cui la parte aveva effettuato solo in appello una vaga e generica indicazione, che non potevano ritenersi presunti, dato che il ricorrente aveva prontamente presentato domanda di riconoscimento della protezione internazionale con l’aiuto dell’organizzazione ‘RAGIONE_SOCIALE .
A ciò la Corte territoriale aggiungeva che, proprio il sopravvenuto ottenimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nel corso del grado di appello di questo giudizio, con il provvedimento della Commissione Territoriale del 13/01/2017, che non risultava essere stato impugnato, conteneva l’accertamento della insussistenza de i presupposti per ottenere la protezione internazionale, che, invece, erano stati posti a fondamento della ipotizzata domanda risarcitoria, con la conseguenza che, anche sotto questo profilo, la domanda si rivelava priva di interesse, in quanto -da un lato -la ‘rimozione’ del provvedimento di respingimento non consentiva al cittadino straniero di ottenere l’accertamento d el diritto ad ottenere la protezione internazionale ‘ora per allora’ , essendo stato accertato il contrario con provvedimento non
impugnabile, che aveva riconosciuto solo il diritto alla protezione umanitaria -e da un altro lato -dagli stessi precedenti giurisprudenziali offerti dal cittadino straniero emergeva che l’ottenimento di un titolo che consente allo straniero di restare nel territorio italiano comportava l’implicita e automatica rimozione del provvedimento di espulsione ( rectius respingimento).
Nei confronti di detta sentenza, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di doglianza.
Il Ministero dell’Interno si è difeso con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100, 342 e 344 c.p.c., in relazione agli artt. 13 e 14 d.lgs. n. 286 del 1998 e all’art. 32, comma 4, secondo periodo (come modificato dall’art. 25 d.lgs. n. 142 del 2015), d.lgs. n. 25 del 2008, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il ricorrente aveva ampiamente e specificamente censurato il convincimento del giudice di prime cure in merito alla ritenuta carenza dell’interesse ad agire .
In particolare, il cittadino straniero ha dedotto di avere spiegato, nel proporre appello, che l’interesse ad agire emergeva dalla differenza sostanziale tra il regime giuridico del cittadino non comunitario giunto sulle coste italiane, cui sia data immediatamente la possibilità di presentare la domanda di protezione internazionale, e il cittadino non comunitario respinto ex art. 10, comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998, che solo successivamente riesca a presentare la menzionata domanda, come era accaduto all’odierno ricorrente , che, raggiunto dal decreto di respingimento in data 10/10/2015, aveva potuto presentare domanda di protezione internazionale solo il 06/04/2016.
La parte ha aggiunto che, poi, nelle note conclusionali, depositate telematicamente in data 16/11/2022, aveva precisato che l’interesse ad agire persisteva, nonostante il riconoscimento della protezione umanitaria nel corso del giudizio di appello, stante il diritto al risarcimento
danni per illecito aquiliano dell’Amministrazione , conseguente sia alla violazione del diritto alla protezione internazionale, il cui accesso immediato era stato ostacolato dal l’illegittimo decreto di respingimento della Questura di Ragusa del 10/10/2015, sia all’impossibilità di godere immediatamente, in conseguenza degli effetti della presentazione della domanda di protezione internazionale, delle misure di accoglienza previste dal d.lgs. n. 142 del 2015.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 100 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 3 d.lgs. n. 251 del 2007, agli artt. 1, 3, 8 e 9 d.lgs. n. 142 del 2015, agli artt. 2043 e 2059 c.c. e agli artt. 2 e 10 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato il difetto di interesse ad agire , imputando all’odierno ricorrente una presunta carenza di allegazione circa la futura azione risarcitoria, mentre, invece, il ricorrente aveva dedotto che l’illecita condotta della Questura di Ragusa, che aveva adottato il decreto di respingimento, aveva posticipato nel tempo l’esercizio di diritto di presentare domanda di protezione internazionale, avente rilevanza costituzionale, cagionando, inoltre, un danno rilevante, dal momento che aveva impedito al ricorrente di accedere al regime di accoglienza di cui al d.lgs. n. 142 del 2015 per quasi sei mesi.
Con il terzo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 132, comma 4, e 156 c.p.c. , oltre che dell’ art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione agli artt. 2043 e 2056 c.c. e agli artt. 3, 8 e 9 d.lgs. n. 142 del 2015, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’appello adottato una motivazione apparente, non avendo reso comprensibile il percorso argomentativo sotteso al convincimento in relazione alla possibilità di esperire l’azione risarcitoria , sebbene il mancato immediato esercizio del diritto configuri ex se un danno non patrimoniale risarcibile, rispetto al quale l’interessato è gravato del solo onere di allegazione.
Tutti e tre i motivi di ricorso sono inammissibili.
2.1. Com’è noto, qualora la statuizione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione, a prescindere dalla fondatezza o meno delle stesse, è inammissibile il ricorso per cassazione che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 7931 del 29/03/2013; Cass., Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 16314 del 18/06/2019).
La resistenza di una di esse all’impugnazione rende, invero, del tutto ultronea la verifica di ogni ulteriore censura, perché l’eventuale accoglimento d ell’altra o delle altre rationes mai condurrebbe alla cassazione della pronuncia suddetta (Cass., Sez. L, Sentenza n. 3633 del 10/02/2017).
2.2. Come sopra riportato, nel caso di specie, la Corte d’appello ha dapprima evidenziato che l’accertamento della illegittimità del respingimento si rivelava privo di alcuna utilità, a seguito della presentazione della domanda di asilo e del successivo ottenimento della protezione umanitaria, se non in quanto funzionale ad una eventuale futura azione di risarcimento danni, di cui la parte aveva formulato solo in appello una vaga e generica indicazione e che non potevano essere presunti, avendo il ricorrente prontamente presentato domanda di riconoscimento della protezione internazionale con l’aiuto dell’organizzazione ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘ (prima ratio ).
A ciò la Corte territoriale ha aggiunto che, proprio il sopravvenuto ottenimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nel corso del giudizio di appello, con il provvedimento della Commissione Territoriale del 13/01/2017, che non risultava essere stato impugnato, conteneva l’accertamento della insussistenza de i presupposti per ottenere la protezione internazionale, che, invece, erano stati posti a fondamento della ipotizzata domanda risarcitoria, con la conseguenza che, anche sotto questo profilo, l ‘impugnazione si rivelava priva di utilità,
in quanto la ‘rimozione’ del provvedimento di respingimento non avrebbe mai potuto consentire al cittadino straniero di ottenere l’accertamento del diritto ad ottenere la protezione internazionale ‘ora per allora’ , essendo emerso il contrario, in forza di un provvedimento non più impugnabile, che aveva ritenuto sussistenti solo i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria (seconda ratio ).
L a Corte d’appello ha , inoltre, rilevato che dagli stessi precedenti giurisprudenziali offerti dal cittadino straniero emergeva l’inutilità dell’annullamento del provvedimento di respingimento, poiché da essi si evinceva che l’ottenimento d i un titolo che consentiva allo straniero di restare nel territorio italiano comportava l’implicita e automatica rimozione del provvedimento impugnato (terza ratio ).
2.3. I motivi di ricorso per cassazione si incentrano tutti sulla dedotta allegazione, nel corso del giudizio di merito, degli elementi necessari e sufficienti a rappresentare l’interesse ad agire per far valere l’illegittimità del decreto di respingimento in vista di un futuro risarcimento dei danni (primo e secondo motivo di ricorso per cassazione), oltre che sul ritenuto vizio della motivazione della decisione che, sul punto, ha ritenuto il contrario (terzo motivo di ricorso per cassazione), riferiti, dunque, alla prima delle rationes formulate.
Nessuna censura ha riguardato gli ulteriori argomenti spesi dal giudice di merito per ritenere inammissibile l’appello per difetto di interesse ad agire, i quali, dunque, a prescindere da ogni esame sulla loro fondatezza, non essendo stati attinti da specifiche censure, rendono inammissibili le censure formulate, che non sarebbero mai in grado di caducare la decisione impugnata, rimanendo sorretta dalle ulteriori ragioni della decisione, espresse e non adeguatamente censurate.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Ministero che liquida in € 1.500,00 oltre spese prenotate a debito;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002 della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile