Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8647/2024 R.G. proposto da
Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indicato indirizzo PEC, che si difende in proprio ex art. 86 c.p.c.
– ricorrente –
contro
avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indicato indirizzo PEC, che si difende in proprio ex art. 86 c.p.c. – controricorrente – e contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimato – avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Milano nel fallimento n. 568/2011, depositato il 28.9.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME COGNOME -ammesso al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per un credito di € 35.000, oltre accessori, privilegiat o ai sensi dell’art. 2751 -bis , n. 2, c.c. -ha proposto ricorso per la cassazione del decreto con cui il Tribunale di Milano ha liquidato il compenso spettante al curatore fallimentare, avv. NOME COGNOME
Il ricorso è articolato in due motivi.
L’avv. NOME COGNOME si è difeso con controricorso, mentre il fallimento RAGIONE_SOCIALE (che nel frattempo è stato chiuso con liti pendenti, ai sensi dell’art. 118, comma 2, legge fall.) è rimasto intimato.
Ricorrente e controricorrente hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’avv. NOME COGNOME denuncia «v iolazione dell’art. 39 legge fall. e del d.m. n. 30 del 2012, artt. 1, 2, 3 e 4 in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3, c.p.c.».
Sostiene che l’importo liquidato al curatore (indicato in € 145.182,10) sarebbe eccessivo rispetto ai risultati da lui ottenuti e al tempo e alle risorse impiegati nelle svolgimento dell’incarico .
Il secondo motivo denuncia «violazione dell’ art. 39 legge fall. e 111 Cost in relazione all’art. 360 , n. 4, c.p.c. Nullità del decreto per difetto di motivazione».
Il ricorrente ritiene che il decreto sia motivato con il mero richiamo alla consistenza dell’attivo e del passivo e contesta la conseguente nullità per mancanza di un’effettiva motivazione .
Il ricorso è inammissibile, per mancanza di specifica allegazione e dimostrazione dell’interesse del ricorrente ad impugnare il decreto del Tribunale di Milano (art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.).
L’avv. NOME COGNOME dichiara il proprio interesse ad agire in quanto creditore ammesso al passivo e «incapiente stante proprio l’entità del compenso liquidato al curatore» , che naturalmente deve essere pagato in prededuzione, prima di procedere al riparto in favore dei creditori concorsuali.
Sennonché, sulla composizione dello stato passivo il ricorrente si limita a rilevare che nel riparto finale è prevista la soddisfazione parziale dei creditori privilegiati ex art. 2751 -bis , n. 1, c.c., senza soffermarsi sui dati numerici necessari per giustificare la generica affermazione che egli sarebbe incapiente «stante proprio l’entità del compenso liquidato al curatore» .
In particolare, una volta precisato che il compenso è stato liquidato in € 102.750 (al netto degli accessori ) e non in € 145.182,10, come indicato in ricorso (evidentemente al lordo di tutti gli accessori), si deve osservare che lo stesso ricorrente propone come congruo un compenso di € 90.000, quindi non di molto inferiore a quello effettivamente liquidato.
Ciò avrebbe reso a maggior ragione necessaria una specificazione sul concreto interesse ad agire del ricorrente. Invece, nella memoria illustrativa, l’avv. NOME COGNOME dichiara in modo esplicito di essere «potenzialmente pregiudicato dalla abnorme liquidazione del compenso al curatore».
Ciò posto, a prescindere da qualsiasi valutazione sull’uso dell’aggettivo «abnorme» per qualificare una liquidazione pacificamente rientrante nei limiti edittali del d.m. n. 30 del 2012 (e, come si è appena visto, non molto diversa da quella proposta dallo stesso ricorrente), risulta decisivo il rilievo che
l’interesse ad agire in giudizio (in questo caso ad impugnare) deve essere attuale e non meramente potenziale.
È infatti principio consolidato quello per cui l’interesse ad agire « va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ciò che senza il processo e l’esercizio della giurisdizione l’attore soffrirebbe un danno. Da ciò consegue che esso deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza, e resta invece escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche » (Cass. n. 12532/2024, che richiama a sua volta numerosi altri precedenti conformi).
Ciò posto, è evidente che la mera (e indimostrata) possibilità che una diversa liquidazione del compenso del curatore liberi risorse sufficienti a permettere un qualche riparto ai creditori privilegiati di cui all’art. 2751 -bis , n. 2, c.c. non basta a sorreggere l’interesse del ricorrente ad impugnare il decreto del Tribunale di Milano.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
5 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, liquidate in € 3.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del