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Interesse ad agire: quando il ricorso è inammissibile

Una società propone ricorso per Cassazione contro una decisione relativa a un’indennità di espropriazione, pur non essendo la parte soccombente nel merito. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile per carenza di interesse ad agire, sottolineando che per impugnare una sentenza è necessario aver subito un pregiudizio concreto dalla decisione e non essere risultati vincitori nel giudizio di merito.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interesse ad Agire: La Cassazione Chiarisce i Requisiti per l’Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento su un principio cardine del diritto processuale: l’interesse ad agire. Anche se un ricorso è formalmente ben costruito, la sua ammissibilità dipende da un presupposto fondamentale: chi impugna deve essere la parte che ha perso la causa e deve avere un interesse concreto e attuale a ottenere una modifica della decisione. Senza questo requisito, come vedremo, l’impugnazione è destinata a fallire prima ancora di essere esaminata nel merito.

Il Fatto: Una Complessa Vicenda di Espropriazione

La vicenda nasce da una procedura di espropriazione per pubblica utilità. Un soggetto privato si oppone alla stima dell’indennità proposta da una grande società di infrastrutture per l’esproprio di un suo terreno. Nel corso del giudizio di merito, la Corte d’Appello ridetermina l’importo dell’indennità.

Una terza società, originariamente coinvolta nel procedimento, decide di ricorrere in Cassazione contro questa decisione, sollevando questioni sulla violazione di legge nella determinazione dei criteri di indennizzo per le aree non edificabili. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già respinto tutte le domande proposte nei confronti di questa società, rendendola di fatto vincitrice nel giudizio di merito. L’unica pronuncia sfavorevole era la compensazione delle spese processuali, ma questo specifico punto non è stato oggetto del ricorso.

La Decisione della Corte: l’Importanza dell’Interesse ad Agire

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, dichiara il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito dei motivi sollevati (cioè se i criteri di indennizzo fossero corretti o meno), ma si ferma a un livello preliminare, quello delle condizioni di ammissibilità dell’azione.

Secondo la Suprema Corte, alla società ricorrente mancano due elementi essenziali per poter impugnare la sentenza: la legittimazione e, soprattutto, l’interesse ad agire. Poiché la società era risultata completamente vittoriosa nel grado precedente, non aveva subito alcun pregiudizio dalla decisione che intendeva contestare. L’impugnazione, quindi, non le avrebbe portato alcun vantaggio giuridico concreto.

Le Motivazioni: la Soccombenza come Presupposto dell’Impugnazione

La Corte ribadisce un principio consolidato, richiamando l’articolo 100 del Codice di Procedura Civile e una propria precedente pronuncia (Cass. n. 38054/2022). Per poter impugnare una sentenza, non è sufficiente dissentire dal suo contenuto; è indispensabile essere la parte “soccombente”, ovvero la parte le cui richieste non sono state accolte.

La soccombenza deve essere “sostanziale”, cioè deve riguardare il merito della controversia e deve aver causato un pregiudizio giuridicamente rilevante. Nel caso di specie, la società ricorrente non era soccombente. Le statuizioni che contestava riguardavano il rapporto tra le altre due parti in causa (il privato espropriato e la società di infrastrutture). Non avendo un interesse diretto e concreto alla modifica di quella decisione, il suo ricorso è stato ritenuto privo di fondamento processuale.

La Corte ha inoltre applicato l’articolo 96 del Codice di Procedura Civile, condannando la ricorrente non solo al pagamento delle spese legali, ma anche al versamento di un’ulteriore somma a favore della controparte e della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione palesemente inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza serve da monito: prima di intraprendere un’azione legale, e in particolare un’impugnazione, è cruciale valutare attentamente non solo le ragioni di merito, ma anche i presupposti processuali. L’interesse ad agire non è una mera formalità, ma l’essenza stessa del diritto di azione. Agire in giudizio senza aver subito una reale sconfitta processuale e senza poter ottenere un’utilità concreta dalla decisione richiesta non solo è inutile, ma può comportare significative conseguenze economiche, come dimostrano le pesanti condanne accessorie inflitte in questo caso.

Quando si ha ‘interesse ad agire’ per impugnare una sentenza?
L’interesse ad agire, secondo la sentenza, sussiste quando la parte ha subito un pregiudizio concreto a causa della decisione (soccombenza sostanziale) e può ottenere un’utilità giuridica dall’eventuale accoglimento della sua impugnazione.

Una parte risultata vincitrice nel merito può impugnare la sentenza?
No, la parte che ha visto accolte tutte le sue domande o respinte tutte quelle contro di lei non è soccombente e, pertanto, non ha interesse ad agire per impugnare la decisione nel merito, anche se non ne condivide le motivazioni.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il giudice lo respinge per una ragione di rito, senza esaminare le questioni di merito. Ciò accade quando mancano i presupposti processuali per l’impugnazione, come, in questo caso, l’interesse ad agire della parte ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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