Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20429 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20429 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29050-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
Oggetto
R.G.N. 29050/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 14/05/2025
COGNOME
Rep.
Ud. 14/05/2025
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 375/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, del 07/07/2020 R.G.N. 35/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. Con sentenza in data 7 luglio 2020 , la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie avente ad oggetto l’inquadramento nel livello professionale B-Quadri, figura professionale Professional, con riguardo al rapporto lavorativo intercorso con la RAGIONE_SOCIALE dall’1 gennaio 2000 al 30 settembre 2012, con decorrenza 1 febbraio 2005.
Per effetto della pronunzia, L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie era stata condannata all’inquadramento del ricorrente – a decorrere dalla costituzione del rapporto con la medesima e, quindi, con anzianità 1 ottobre 2012 nell’Area Funzion ari, alla posizione economica C4 del CCNL Enac (personale non dirigente) e RFI e RAGIONE_SOCIALE erano state condannate in solido alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente con compensazione delle stesse fra di loro.
In particolare, la Corte, condividendo l’ iter decisorio del primo giudice, ha ritenuto che il compendio probatorio acquisito – sulla cui valutazione si appuntavano le censure della Rete Ferroviaria – fosse stato adeguatamente interpretato ed avesse condotto al corretto inquadramento del lavoratore e che, quanto alla manleva richiesta, la formulazione della domanda, volta ad ottenere il riconoscimento del superiore inquadramento e la condanna dell’Agenzia in tal senso, escludessero la configurabilità di una pretesa, in concreto, rispetto alla quale RAGIONE_SOCIALE potesse richiedere di essere tenuta indenne.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi illustrati con memoria.
Resistono, con controricorso, NOME COGNOME e Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 cod. proc. civ. ed in genere di ogni altra disposizione in materia di interesse ad agire, adducendosi il difetto di interesse in capo al ricorrente in considerazione del fatto che la domanda formulata dal medesimo aveva ad oggetto esclusivamente il superiore inquadramento da parte dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, presso la quale era transitato, in seguito ad apposito interpello, in data 1 ottobre 2012.
1.1. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del CCNL mobilità Area contrattuale attività ferroviarie deducendosi l’erroneo inquadramento delle mansioni svolte dal ricorrente nell’area Professional B quadri.
1.2. Con il terzo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché di ogni altra norma in tema di manleva e garanzia impropria, affermandosi la sussistenza dell’interesse di Rete Ferroviaria S.p.A. all’accertamento del proprio diritto ad essere tenuta indenne, da parte dell’Agenzia, da tutte le conseguenze derivanti dalla causa instaurata dall’Innocenti.
Il primo motivo è infondato.
Parte ricorrente, dolendosi, peraltro, di un aspetto che non aveva formato oggetto di impugnazione in primo grado, deduce il difetto di interesse ad agire in capo al lavoratore per aver lo stesso formulato la propria domanda all’unico scopo di ottenere un miglior inquadramento presso l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie dalla quale era stato assunto con decorrenza 1ottobre 2012, a seguito di positiva risposta ad interpello.
Va preliminarmente rilevato come, per costante giurisprudenza di legittimità, l’int eresse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non
può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore, senza che siano ammissibili questioni d’interpretazione di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire ( ex plurimis, Cass. n. 12733 del 2024).
Nella specie, in difetto di qualsivoglia indagine sul punto da parte del giudice di secondo grado – innanzi al quale erano state prospettate esclusivamente questioni di merito, attinenti alla correttezza dell’inquadramento effettuato dal primo giudice, nonché deduzioni aff erenti alla pretesa manleva – la piana lettura di quanto riportato in ricorso circa il contenuto della domanda proposta in primo grado induce ad affermare l’insussistenza del difetto di interesse ad agire lamentato.
Va premesso, al riguardo, come abbiano precisato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 34469 del 27/12/2019), non solo che sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c. p. c., le censure afferenti a domande di cui non vi sia compiuta riproduzione nel ricorso, ma anche quelle fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità.
D ‘altra parte, è consolidato il principio secondo cui i requisiti di contenuto -forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, c. p. c., nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso ( ex plurimis, Cass. n. 29093 del 13/11/2018).
Orbene, la domanda introduttiva, per come riportata nel ricorso del presente giudizio, aveva proprio ad oggetto l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere inquadrato, con riferimento al
rapporto lavorativo intercorso con la convenuta RAGIONE_SOCIALE sin dal 2005 nella posizione richiesta.
Invero, secondo le allegazioni contenute negli atti introduttivi, l’COGNOME aveva riferito di aver svolto mansioni riconducibili alla categoria di Quadro sin dal 6 ottobre 2004 maturando il diritto al corrispondente inquadramento dal I febbraio 2005; aveva aggiunto di aver prestato la propria attività lavorativa per l’Agenzia Nazionale in un primo momento in posizione di distacco, dal 6 giugno 2008, e successivamente, dal I ottobre 2012, mediante contratto di lavoro sottoscritto con la medesima Agenzia.
Il Tribunale, con sentenza poi integralmente confermata dalla Corte, ha ritenuto che il ricorrente avesse maturato il diritto al superiore inquadramento già a decorrere dal I febbraio 2005 e, per l’effetto, ha condannato l’Agenzia ad inquadrare il ricorre nte, con decorrenza dalla costituzione del rapporto lavorativo, e, quindi, con anzianità 1.1.2012, nell’Area Funzionari, alla posizione economica C4 del CCNL Enac respingendo ogni altra domanda e condannando RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in solido, delle spese di lite.
Evidente la sussistenza dell’interesse ad agire in capo al ricorrente rispetto ad una pronunzia di accertamento del proprio diritto al superiore inquadramento a decorrere dall’epoca in cui era ancora alle dipendenze di RFI proprio in considerazione della pronuncia di accertamento richiesta e ciò, a prescindere da qualsivoglia riferimento rispetto ad eventuali future azioni risarcitorie da intentarsi nei confronti della Rete Ferroviaria.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Parte ricorrente, nell’allegare una violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del CCNL mobilità area contrattuale attività ferroviarie, deducendo l’erroneo inquadramento delle mansioni svolte dal dipendente nell’area Professional B quadri, pone in essere una censura che traligna i confini del giudizio di legittimità e mira ad ottenere una rivisitazione del merito della vicenda.
La stessa struttura del motivo, incentrato, infatti, su una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie, induce a ritenere che parte ricorrente, pur allegando una violazione di legge, meramente contrapponga alla interpretazione della Corte una diversa valutazione del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità.
Deve concludersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021).
4. Il terzo motivo è inammissibile.
Come già rilevato in precedenza, l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (cfr., fra le altre, Cass. n. 12733 del 2024, cit.).
Nella specie, non è possibile scorgere la sussistenza di un interesse ad impugnare il capo della sentenza considerato da parte di Rete Ferroviaria, non essendo stata formulata alcuna domanda economica nei suoi confronti da parte del lavoratore.
Come correttamente evidenziato dalla Corte di secondo grado, infatti, l’COGNOME aveva richiesto e gli era stato riconosciuto, esclusivamente il diritto al superiore inquadramento, con conseguente condanna dell’Agenzia all’inquadramento medesimo: non era individuabile, pertanto, alcuna domanda di carattere economico rispetto alla quale la RAGIONE_SOCIALE presentasse un concreto ed attuale interesse ad agire ad essere tenuta indenne; a diverse conclusioni si sarebbe potuti pervenire solo qualora la pretesa fosse stata identificata con un esborso economico conseguente al superiore inquadramento e se fossero state avanzate, nei suoi confronti, richieste in tal senso.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
S ussistono i presupposti processuali per il versamento, dalla parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore delle parti controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00 ciascuna per compensi professionali oltre, quanto a NOME COGNOME, euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge e, quanto a ANSF, le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 14 maggio 2025.