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Interesse ad agire: quando è inammissibile il ricorso

Una creditrice, già in possesso di un’ordinanza di assegnazione, ha agito contro un istituto di credito per ottenere un nuovo assegno circolare dopo la prescrizione del primo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di un concreto e specifico interesse ad agire, ribadendo che possedere un titolo esecutivo preclude di norma un’ulteriore azione giudiziaria se non si dimostra un’utilità aggiuntiva e non già offerta dal titolo in proprio possesso.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interesse ad agire: quando avere già un titolo esecutivo blocca una nuova causa

La recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: l’interesse ad agire. Questo requisito, previsto dall’art. 100 del codice di procedura civile, stabilisce che per poter avviare un’azione legale è necessario avere un bisogno concreto e attuale di tutela giuridica. La Corte ha chiarito che, di norma, chi è già in possesso di un titolo esecutivo valido, come un’ordinanza di assegnazione, non ha l’interesse necessario per intraprendere un nuovo giudizio volto a ottenere un altro titolo per lo stesso credito.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una procedura di pignoramento presso terzi. Una creditrice otteneva dal giudice un’ordinanza di assegnazione, in base alla quale un istituto di credito emetteva in suo favore un assegno circolare. La creditrice, tuttavia, non incassava l’assegno entro i termini di legge, facendone così prescrivere il relativo diritto di credito. I fondi, come previsto dalla normativa, confluivano in un apposito fondo pubblico.
A questo punto, la creditrice decideva di citare in giudizio l’istituto di credito, chiedendo l’emissione di un nuovo assegno circolare o, in alternativa, il pagamento dell’equivalente in denaro e il risarcimento dei danni. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano le sue richieste, sostenendo che l’azione era prescritta e che, in ogni caso, la banca non era il soggetto legittimato a restituire le somme, che avrebbero dovuto essere richieste all’emittente originario.

L’interesse ad agire e la pluralità di titoli esecutivi

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione riguardava proprio l’interesse ad agire della creditrice. Quest’ultima, pur essendo già titolare di un’ordinanza di assegnazione (che costituisce titolo esecutivo), aveva avviato una nuova causa per ottenere un altro provvedimento di condanna. La giurisprudenza, pur non vietando in modo assoluto la possibilità per un creditore di munirsi di più titoli esecutivi per la stessa ragione di credito, la subordina a una condizione precisa: la dimostrazione di un bisogno specifico e peculiare che non sia già soddisfatto dal titolo già in possesso.
In altre parole, non è sufficiente un generico interesse a rafforzare la propria posizione. Il creditore deve allegare e provare di avere necessità di uno strumento di tutela cognitiva che gli offra un’utilità giuridicamente apprezzabile, ulteriore e diversa rispetto a quella già garantita dal titolo esecutivo di cui dispone.

La decisione della Corte di Cassazione: inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, allineandosi a precedenti decisioni su casi analoghi e confermando l’orientamento consolidato.

Le motivazioni

I giudici hanno basato la loro decisione su diversi punti chiave:
1. Mancanza di un interesse specifico: La ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un bisogno concreto che giustificasse l’avvio di un nuovo processo. Il semplice fatto che l’assegno fosse prescritto non creava un nuovo interesse ad agire nei confronti della banca, specialmente perché la creditrice era già in possesso dell’originaria ordinanza di assegnazione, un titolo esecutivo a tutti gli effetti.
2. Violazione del principio di autosufficienza: La ricorrente ha sostenuto in Cassazione che l’ordinanza di assegnazione non le avrebbe consentito l’iscrizione di un’ipoteca, ma non ha documentato di aver sollevato tale specifica questione nei precedenti gradi di giudizio. Questo ha violato il principio di autosufficienza del ricorso, secondo cui l’atto di impugnazione deve contenere tutti gli elementi necessari a valutarne la fondatezza, senza che la Corte debba ricercarli altrove.
3. Conformità a precedenti giurisprudenziali: La Corte ha rilevato che la questione era già stata affrontata e risolta in modo conforme in altre ordinanze, rendendo il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., che mira a definire rapidamente i ricorsi che non offrono nuovi spunti di riflessione giuridica.

Le conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio di economia processuale e di lealtà: non si può abusare dello strumento giudiziario per ottenere provvedimenti “doppioni” quando si è già dotati di una tutela esecutiva. Per un creditore, ciò significa che prima di intraprendere una nuova azione è fondamentale valutare attentamente se il titolo già posseduto sia realmente insufficiente a soddisfare le proprie pretese e se esista un’utilità concreta, specifica e dimostrabile nel richiederne uno nuovo. In assenza di tale prova, il rischio è non solo di vedere la propria domanda respinta, ma anche di subire una condanna per lite temeraria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di una somma aggiuntiva alla Cassa delle ammende.

È possibile agire in giudizio per ottenere un nuovo titolo esecutivo quando se ne possiede già uno per lo stesso credito?
Sì, ma solo a condizione di dimostrare l’esistenza di uno specifico e peculiare bisogno di accesso a ulteriori strumenti di tutela che non sia già offerto dal titolo esecutivo posseduto. Non è sufficiente un interesse generico.

Cosa deve dimostrare un creditore per giustificare il proprio interesse ad agire in una nuova causa?
Il creditore deve allegare e provare che la nuova azione gli fornirebbe un’utilità giuridicamente apprezzabile, concreta e ulteriore rispetto a quella già garantita dal titolo esecutivo di cui è già in possesso.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per mancanza di un interesse ad agire, in quanto la ricorrente possedeva già un titolo esecutivo (l’ordinanza di assegnazione) e non ha dimostrato la necessità di ottenerne un altro. Inoltre, il ricorso violava il principio di autosufficienza e si poneva in contrasto con orientamenti giurisprudenziali già consolidati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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