LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Interesse ad agire: l’appello è inammissibile

Una società di trasporti ha impugnato una sentenza che determinava un’indennità di esproprio, pur non essendo stata condannata al pagamento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di interesse ad agire, poiché la società non era parte soccombente nel giudizio precedente, essendo la domanda di manleva nei suoi confronti già stata respinta con una statuizione passata in giudicato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interesse ad Agire: La Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso del Terzo Chiamato

Nel complesso mondo del diritto processuale, uno dei pilastri fondamentali è il principio dell’interesse ad agire, sancito dall’articolo 100 del Codice di Procedura Civile. Senza un interesse concreto, diretto e attuale a ottenere una tutela giurisdizionale, nessuna azione, inclusa l’impugnazione di una sentenza, può essere proposta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo esemplare l’applicazione di questo principio in un caso di espropriazione per pubblica utilità, dichiarando inammissibile il ricorso di una società che, pur coinvolta nella vicenda, non era la parte soccombente.

La Vicenda: Esproprio e Domanda di Manleva

La controversia nasce dalla proprietaria di un terreno che subisce un’espropriazione parziale per la realizzazione di opere pubbliche. Ritenendo l’indennità offerta (poco più di 17.000 euro) palesemente incongrua, la proprietaria si oppone davanti alla Corte d’Appello, citando in giudizio il consorzio incaricato dei lavori e il Ministero dei Trasporti.

A sua volta, il consorzio, sentendosi potenzialmente esposto a una condanna economica, chiama in causa una società di trasporti, chiedendo di essere da questa manlevato, ovvero tenuto indenne da ogni eventuale pagamento. Si crea così un rapporto processuale a tre: la proprietaria contro il consorzio, e il consorzio contro la società di trasporti.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, a seguito di una consulenza tecnica, accoglie le ragioni della proprietaria, rideterminando l’indennità in una cifra molto più elevata: circa 239.000 euro per la perdita della proprietà e oltre 543.000 euro per la diminuzione di valore della parte residua del terreno.

Tuttavia, la stessa Corte dichiara inammissibile la domanda di manleva proposta dal consorzio contro la società di trasporti. La motivazione è di natura strettamente processuale: il giudizio di opposizione alla stima dell’indennità è un procedimento speciale, circoscritto alla determinazione del giusto indennizzo, e non può essere esteso a risolvere i rapporti interni tra i soggetti debitori.

Il Ricorso in Cassazione e la Carenza di Interesse ad Agire

Sorprendentemente, a presentare ricorso in Cassazione non è il consorzio condannato al pagamento, ma la società di trasporti, ovvero la parte la cui posizione era stata ‘salvata’ dalla Corte d’Appello. La società contesta il metodo di calcolo dell’indennità, sostenendo che la Corte avrebbe dovuto liquidare un unico importo invece di due somme distinte.

La Corte di Cassazione, però, blocca il ricorso sul nascere, dichiarandolo inammissibile per una ragione pregiudiziale: la totale mancanza di interesse ad agire.

Il Principio della Soccombenza

Per poter impugnare una sentenza, è necessario essere “soccombenti”, ossia la parte che ha perso la causa e ha subito un pregiudizio dalla decisione. Nel caso di specie, la società di trasporti non era affatto soccombente. Anzi, era risultata vincitrice, poiché la domanda di manleva nei suoi confronti era stata respinta.

Il Giudicato Interno sulla Domanda di Manleva

La decisione della Corte d’Appello di dichiarare inammissibile la domanda di manleva non è stata impugnata da nessuno, né dal consorzio né da altri. Di conseguenza, quella specifica statuizione è passata in “giudicato interno”, diventando definitiva e non più discutibile. Questo significa che, legalmente, la società di trasporti era al sicuro da qualsiasi pretesa economica da parte del consorzio nell’ambito di quel giudizio.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e si fondano sull’articolo 100 del Codice di Procedura Civile. L’interesse ad impugnare deve essere giuridico, concreto e attuale; deve derivare da un pregiudizio che la parte subisce a causa della decisione e deve mirare a un’utilità pratica che conseguirebbe dall’accoglimento del ricorso.

La società ricorrente non subiva alcun pregiudizio dalla condanna inflitta al consorzio. Essendo stata liberata da ogni obbligo di manleva con una decisione ormai definitiva, l’ammontare dell’indennità era per lei una questione del tutto irrilevante dal punto di vista giuridico. Non aveva alcun interesse a contestare una condanna che non era tenuta a pagare. La Corte ribadisce che il ricorso non può essere utilizzato per contestare rationes decidendi (le motivazioni) di una sentenza da cui non derivi una soccombenza pratica per il ricorrente.

Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale sui presupposti dell’azione processuale. Non basta essere stati parte di un giudizio per avere il diritto di impugnare la sentenza finale. È indispensabile dimostrare di essere la parte “sconfitta” e di avere un interesse concreto alla riforma della decisione. In assenza di soccombenza, come nel caso della società di trasporti protetta da un giudicato interno favorevole, l’impugnazione è un’azione priva di scopo e, come tale, viene dichiarata inammissibile, con conseguente condanna alle spese processuali.

Chi può impugnare una sentenza?
Soltanto la parte che è risultata soccombente, ovvero quella che ha subito un pregiudizio giuridico dalla decisione e ha un interesse concreto, diretto e attuale a ottenerne la riforma.

Perché il ricorso della società di trasporti è stato dichiarato inammissibile?
Perché la società non aveva interesse ad agire. La Corte d’Appello aveva già respinto la domanda di manleva nei suoi confronti con una decisione che, non essendo stata impugnata, era diventata definitiva (giudicato interno). Di conseguenza, la società non era tenuta a pagare l’indennità e non subiva alcun pregiudizio dalla sua quantificazione.

Cos’è una domanda di manleva e perché è stata ritenuta inammissibile in questo specifico contesto?
La domanda di manleva è un’azione con cui una parte, se condannata, chiede di essere risarcita da un terzo. In questo caso, è stata ritenuta inammissibile perché il procedimento speciale di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio è limitato alla determinazione di tale indennità e non può essere ampliato per decidere sulle complesse questioni di regresso tra i vari soggetti coinvolti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati