Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23390 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23390 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27247-2021 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
Estratto di ruolo
R.G.N.27247/2021
COGNOME
Rep.
Ud.14/03/2025
CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Centrale pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– resistente con mandato –
e contro
RAGIONE_SOCIALE RISCOSSIONE – intimata – avverso la sentenza n. 964/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, del 23/06/2021 R.G.N. 228/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Milano, in rigetto del gravame proposto in via principale da COGNOME NOME ed in accoglimento dell’appello incidentale di Agenzia Entrate Riscossione avverso la pronuncia di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente in opposizione ad estratto di ruolo inerente a due avvisi di addebito – sul primo dei quali il tribunale aveva accertato il diritto, a seguito di sgravio, alla restituzione di una somma di Euro 982,49 corrisposta ad ADER e sul secondo aveva d ichiarato l’inammissibilità per tardività del ricorso in ragione della corretta notificazione del titolo -, ha respinto la domanda di restituzione della predetta somma escludendone la compensazione impropria con l’obbligo contributivo derivante dal secondo avviso di addebito.
Avverso l’impugnata sentenza il ricorrente propone sei motivi di ricorso, a cui soltanto INPS resiste con controricorso.
La causa è stata trattata e decisa nell’adunanza camerale del 14 marzo 2025.
CONSIDERATO CHE
1.1-Con il primo motivo NOME NOME deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., potendo essere rilevati d’ufficio i vizi attinenti alla nullità/inesistenza dell’atto oggetto di impugnazione e della relativa notifica, e potendo il giudice verificare d’ufficio l’esistenza del titolo esecutivo .
1.2Con il secondo motivo deduce in relazione all’art. 360 co. 1 n.3 c.p.c. la violazione art. 30 d.l. n.78/2010 per mancanza di elementi costitutivi essenziali dell’ avviso di addebito, previsti a pena di nullità, ed integranti causa di inesistenza giuridica dell’atto , rilevabili d’ufficio .
1.3Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’ art. 30 d.l. n.78/2010, dell’a rt. 1 d.lgs. n.462/97, art. 149-bis c.p.c., art.60 d.P.R. n.600/1973, art. 16-ter d.l. n.79/2012, sostenendo la nullità della notifica compiuta via PEC dell’avviso di pagamento .
1.4 -Il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 345, 421, 437 c.p.c. per inesistenza della notifica degli atti provenienti da un indirizzo non istituzionale di Agenzia Entrate Riscossione.
1.5Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione dell’ art. 116 co.8/b L.n.388/2000 e dell’a rt. 6 d.lgs. n.472/1997 per l’ illegittima applicazione di sanzioni previste per una diversa fattispecie, inerente ad occultamento di rapporti di lavoro, mentre nel caso
in esame si verterebbe in un caso di maggiori contributi determinati sulla base di un maggior reddito accertato da Agenzia delle Entrate.
1.6 -Infine, con il sesto ed ultimo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’ art. 25 d.lgs. n.46/1999 e d ell’ art. 3 L. n.335/1995 per decadenza dal potere di notifica dell’ avviso di addebito entro la scadenza del 31 dicembre dell’anno successivo, nonché la prescrizione del credito INPS risalente al 2010.
L’INPS si costituisce con controricorso eccependo l’inammissibilità dei primi quattro motivi su vizi genericamente denunciati, ed anche del quinto motivo non proposto in primo grado; sostiene l’infondatezza del sesto motivo per mancata decorrenza dei termini decadenziali e prescrizionali.
2.1 L ‘Agenzia delle Entrate -Riscossione è rimasta intimata. L’Agenzia delle Entrate si è costituita ma non ha esercitato difese con controricorso.
È preliminare, ad ogni profilo controverso, la questione dell’interesse ad agire in relazione all’azione proposta, come individuata in apertura dello svolgimento dei fatti di causa. Il ricorrente ha proposto un’azione volta ad ottenere tutela immediata avverso un estratto di ruolo rilasciato nell’agosto 2019 avente ad oggetto avvisi di addebito emessi nel 2016, di cui ha dedotto censure formali e sostanziali; non risulta eccepito il difetto di interesse né i giudici delle due fasi di merito hanno pronunc iato l’inammissibilità rilevando al contrario la fondatezza dei titoli rivendicati.
La proposta domanda va, dunque, esaminata alla stregua delle previsioni dell’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. n. 602 del 1973,
aggiunto dall’art. 3 -bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con mod., nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, e quindi modificato dall’art. 12, comma 1, del decreto legislativo 29 luglio 2024, n. 110. Le previsioni richiamate, nella formulazione applicabile ratione temporis, condizionano la diretta impugnabilità del ruolo e della cartella di pagamento (e/o avviso di addebito) che si assume invalidamente notificata al ricorrere di requisiti tassativi, ancorati alla dimostrazione di pregiudizi rigorosamente identificati dalla legge.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 26283 del 2022), le disposizioni sopravvenute specificano, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata, e tipizzano le ipotesi in cui l’invalida notifica, in ragione del pregiudizio che arreca, giustifica la tutela giurisdizionale. La disciplina dettata dal citato art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 incide anche sui giudizi in corso, proprio perché plasma l’interesse ad agire, condizione dell’azione avente natura «dinamica» e dunque idonea ad assumere una diversa configurazione fino al momento della decisione, anche in virtù di una norma sopravvenuta.
Questa Corte non ravvisa ragioni per discostarsi dai predetti principi che costituiscono diritto vivente e che, confermati in questa sede, valgono a escludere l’ammissibilità del ricorso originario, tanto da risultare assorbenti rispetto ad ogni altra questione.
Diversamente, la Corte di appello non si è espressamente pronunciata su tale profilo (sviluppato poi con ord. Cass. n. 30952 del 2024), nella prospettiva che la normativa menzionata impone, sicché non è riscontrabile alcun vincolo derivante da un
eventuale giudicato, che possa precludere il rilievo officioso demandato a questa Corte. Sul punto si è già espressa questa Corte in recenti pronunce (ord. nn.15315/2025, 3828/2025).
Nel concreto, parte ricorrente non ha prospettato elementi che dimostrino l’interesse ad agire, nei termini indicati dal citato art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, neppure con note illustrative in prossimità di udienza.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, perché la domanda, nel suo complesso, non poteva essere proposta per difetto di interesse ad agire.
Quanto alle spese di lite, sussistono i presupposti, tenuto conto dell’applicazione dello jus superveniens e dell’intervento delle Sezioni Unite, successivamente al deposito del ricorso per cassazione, per compensare interamente sia quelle dei gradi di merito che quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la domanda non poteva essere proposta.
Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 14 marzo