Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11629 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11629 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5638/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di MILANO n. 3977/2022 depositata il 15/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 9681/2021, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda di NOME COGNOME, creditore, in forza del decreto ingiuntivo n. 21594/2015, dell’importo di euro 96.100,00 nei confronti di NOME COGNOME e dichiarava, per l’effetto, inefficace l’atto con cui il COGNOME aveva donato l’unico suo immobile a NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Milano, riuniti gli appelli del RAGIONE_SOCIALE e della Savin, con la sentenza n. 3977/2022, depositata il 15/12/2022, ha accolto il gravame, atteso che il Tribunale di Roma, con sentenza resa pubblica in data 17/02/2022 e passata in giudicato, aveva accertato negativamente l’esistenza del credito del COGNOME nei confronti del disponente, presupposto dell’azione revocatoria.
Ha rigettato la domanda del COGNOME, costituitosi tardivamente nel giudizio di appello, volta a ottenere una pronuncia di sopravvenuta carenza di interesse degli appellanti, ritenendo sussistente l’interesse degli appellanti ad ottenere una pronuncia modificativa della sentenza di primo grado che, altrimenti, sarebbe passata in giudicato. Ha compensato le spese del doppio grado di giudizio nella misura del 50%, ponendo il restante 50% a carico del COGNOME.
NOME COGNOME ha presentato ricorso per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con separati controricorsi.
Il Consigliere delegato ha formulato una proposta di definizione accelerata ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ., con cui ha prospettato l’improcedibilità del ricorso.
Il COGNOME ha chiesto ritualmente e tempestivamente la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis , 2° comma, cod.proc.civ., la trattazione è stata, dunque, fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va anzitutto affermato che il ricorso è procedibile, giacché come dal ricorrente segnalato, risulta dal medesimo depositato il file denominato contenente il messaggio pec di notifica della sentenza impugnata proveniente dalla casella pec dell’avvocato COGNOME difensore del COGNOME depositato nel fascicolo telematico del ricorso in data 14
<>, marzo 2023.
Con il primo motivo il ricorrente denunzia <> dell’articolo 100 cod.proc.civ. in relazione all’art. 2901 cod.civ. e dell’art. 281 sexies cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n.4 cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui la corte d’appello ha rigettato la domanda di declaratoria di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse ad agire degli appellanti. Secondo il ricorrente il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Roma, puntualmente dimostrato con la produzione documentale eseguita con deposito telematico del 14 novembre 2024, aveva determinato il venir meno dell’interesse ad agire della procedente;
interesse che, ex art. 100 cod.proc.civ., deve essere concreto ed attuale, a presidio di un uso responsabile del processo (Cass. n. 16626/2016) e deve sussistere costantemente nel processo fino al momento della decisione (Cass. n. 4410/2022); pertanto, il giudice a quo avrebbe dovuto dichiarare il giudizio di appello inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse e, tenuto conto della insussistenza di una domanda diretta alla riforma del capo di condanna alle spese da parte di entrambi gli appellanti, non avrebbe dovuto condannarlo al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio.
Con il secondo motivo denunzia <> degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento all’ art. 360, 1° comma n. 4, c.p.c.
Attinta da censura è la statuizione di condanna al pagamento delle metà delle spese di lite del doppio grado di giudizio che il giudice a quo ha giustificato invocando l’applicazione dell’art. 336, 1° comma, cod.proc.civ. e, per l’effetto, ritenendo che <> (Cass. n.13059/17) e ritenendo che, essendo la sentenza del Tribunale di Roma passata in giudicato successivamente al giudizio di primo grado, azionato dall’odierno ricorrente quando lo stesso aveva una legittima aspettativa di credito ed essendo il requisito dell’anteriorità del credito determinabile in base al momento in cui il credito sorge non a quello del suo accertamento giudiziario, le spese di lite dovessero essere compensate nella misura del 50%.
Secondo il ricorrente la corte d’appello avrebbe violato il principio di causalità, in virtù del quale la parte che non abbia provocato con
il suo comportamento antigiuridico o temerario la necessità del processo deve essere tenuta indenne dalle spese, non avendo tenuto conto: i) della sua spontanea rinuncia all’appello della sentenza del tribunale di Roma; ii) della sua impossibilità di conoscere preventivamente l’esistenza di una procura rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE al COGNOME e del suo contenuto, per difetto di pubblicità o di conoscenza aliunde ; iii) del comportamento contraddittorio del COGNOME, il quale con l’atto di opposizione, da un lato, aveva disconosciuto ex art. 214 cod.proc.civ. l’autenticità delle firme poste in calce agli assegni con i quali aveva richiesto l’ingiunzione di pagamento, dall’altro, aveva giustificato la sua sottoscrizione dei titoli perché autorizzato ad emetterli dalla procura a lui rilasciata dalla società emittente, la RAGIONE_SOCIALE
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Premesso che la sussistenza del credito è stata esclusa nella sua sede naturale in modo irrevocabile dopo la decisione di primo grado sull’azione ex art. 2901 cod.civ., era interesse degli appellanti ottenere la modifica della pronuncia del tribunale che li aveva visti soccombenti, allo scopo di impedire che essa passasse in giudicato.
La regola dell’art. 100 cod.proc.civ., a norma della quale per proporre una domanda, o per resistere ad essa, è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel senso che l’interesse ad impugnare presuppone una soccombenza, anche parziale, intesa in senso sostanziale e non formale, non potendosi prescindere, nell’accertamento dell’interesse all’impugnazione, dalla prospettazione delle domande formulata dalla parte attrice.
Allorché, pertanto, come nel caso di specie, i convenuti, in accoglimento della domanda principale, abbiano subito la declaratoria di inefficacia dell’atto dispositivo, tale condanna ha reso i medesimi convenuti soccombenti nei confronti dell’attore, e ciò li ha legittimati a proporre impugnazione, senza che tale
soccombenza sia elisa dall’accoglimento della domanda di accertamento negativo del credito che il COGNOME pretendeva di vantare nei loro confronti, trattandosi di domanda diversa che non ne fa venire meno la giuridica soccombenza rispetto alla domanda attorea. L’interesse all’impugnazione, manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla relativa contraddizione alla stessa, dall’art. 100 cod. proc. civ. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’accoglimento del gravame, e si collega alla soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, mancando la quale l’impugnazione è inammissibile ( Cass . 29/05/2018, n. 13395).
Né può essere censurata in questa sede la statuizione con cui la corte territoriale ha disposto la parziale compensazione delle spese di lite.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in riferimento al regolamento delle spese di giudizio il controllo di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa (Cass., 31/08/2020, n. 18128).
Le spese di lite possono essere compensate anche nei confronti della parte totalmente vittoriosa, senza violazione del divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica una condanna, ma solo l’esclusione del rimborso (Cass. 13/9/2021, n.24645) e che la compensazione delle spese non è in contrasto con il principio dettato dall’art. 24, 1° comma, Cost., giacché il provvedimento di compensazione non costituisce, per la parte, ostacolo alla difesa dei suoi diritti, non potendosi estendere la garanzia costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale sino a comprendervi anche la condanna del soccombente al rimborso delle spese (Cass. 10/7/2008, n. 18888).
5) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione degli artt. 132, 2° comma, 118 cod.proc.civ. e 111, 6° comma, Cost., ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
La statuizione con cui la corte d’appello ha disatteso la domanda <>, secondo il ricorrente, è tautologica, si risolve <>.
Il motivo è infondato.
Quanto alla denunciata nullità ex art. 132 n. 4 cod. proc. civ., questa Corte ha costantemente affermato che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, nel senso della “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, restando così esclusa qualunque rilevanza del semplice “difetto di sufficienza” della motivazione. Ricorre, allora, il vizio denunciato con il secondo motivo quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più
varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, di recente, Cass., Sez. Un., 30/01/2023, n. 2767).
Nella specie, invero, non ricorre alcuna delle ipotesi appena descritte, perché è del tutto conoscibile il percorso logico giuridico che ha condotto la corte d’appello a rigettare la domanda dell’odierno ricorrente. Va, peraltro, ricordato, che in sede di legittimità è intrinsecamente contraddittoria la deduzione in un unico motivo dei vizi di omessa pronuncia e omessa motivazione, il primo dei quali implica la totale mancanza del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce nella violazione dell’articolo 112 del cod.proc.civ., mentre il secondo presuppone che la questione sia stata esaminata dal giudice di merito, che l’abbia tuttavia risolta senza alcuna motivazione o con motivazione apparente, perplessa, illogica o gravemente contraddittoria, e va fatta valere ai sensi dell’articolo 132, 2° comma, cod.proc.civ. 2, (Cass. 01/09/2022, n. 25855).
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate in favore di ciascuna parte controricorrente nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 17 aprile 2025 dalla