Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35060 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 35060 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12729/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrenti –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE , che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 5960/2019, depositata il 07/10/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Velletri i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentirli condannare alla restituzione di talune particelle (identificate con i nn. 45, 46 e 627) di un terreno di sua proprietà sito in Velletri.
A sostegno della sua pretesa, l’attore deduceva che: del terreno indicato egli era proprietario, unitamente al fratello NOME COGNOME, per successione ereditaria del padre; l’area individuata dalle particelle 46 e 627 veniva utilizzata sine titulo dai convenuti come strada di accesso al fondo di loro proprietà, e quella di cui alla particella n. 45 come parcheggio a servizio della loro attività commerciale (clinica veterinaria), situata in prossimità del fondo.
Si costituiva NOME COGNOME il quale, oltre a contrastare la domanda e chiederne il rigetto, spiegava domanda riconvenzionale volta all’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione ventennale delle aree in contestazione, ovvero alla costituzione di servitù coattiva di passaggio a carico del fondo dell’attore, ai sensi dell’art. 1051 cod. civ.
1.1. Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME comproprietario del terreno in contestazione, ed espletata prova per testimoni, il Tribunale di Velletri, con sentenza non
definitiva n. 1835 del 2013, accoglieva in parte la domanda attorea e condannava i convenuti alla restituzione della particella distinta in catasto con il n. 45, adibita a parcheggio; rigettava la domanda riconvenzionale relativa alla dichiarazione di intervenuto acquisto per usucapione delle particelle distinte in catasto ai numeri 46 e 627, e l’accoglieva relativamente alla costituzione di servitù coattiva di passaggio ai sensi dell’art. 1051 cod. civ , in favore del fondo dei convenuti sulle p.lle 46 e 627.; rimetteva la causa sul ruolo per l’espletamento di una consulenza tecnica al fine di determinare l’indennità spettante ai proprietari del fondo servente.
Avverso tale decisione non definitiva proponevano gravame innanzi alla Corte d’Appello di Roma i fratelli NOME e NOME COGNOME; NOME COGNOME spiegava appello incidentale.
2.1. La Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di prime cure, con sentenza n. 5960/2019 ha rigettato l’appello principale e l’appello incidentale.
Per giungere a tale conclusione, la Corte ha così motivato:
-dall’esame della consulenza tecnica d’ufficio, redatta successivamente all’emissione della sentenza non definitiva di primo grado, può dichiararsi sussistente il requisito richiesto dall’art. 1051 cod. civ. ai fini della costituzione della servitù coattiva di passaggio. In particolare, dalla planimetria allegata alla CTU emerge con chiarezza l’interclusione del f ondo degli appellati; inoltre, il passaggio sulle particelle in contestazione appare il più breve, e il peso che grava sul fondo servente non risulta di particolare onerosità, atteso che le aree in questione sono già destinate a strada di accesso;
non ricorrono i presupposti per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell’art. 1062 cod. civ.;
non è suscettibile di accoglimento la domanda di restituzione delle aree indicate dalle particelle 627 e 46, atteso che esse non sono detenute dagli appellati, i quali ivi esercitano esclusivamente la servitù di passaggio.
La suddetta sentenza è impugnata davanti a questa Corte da NOME COGNOME e NOME COGNOME; il ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, è contrastato con separati controricorsi da NOME COGNOME e NOME COGNOME rimasta contumace in secondo grado.
In prossimità dell’adunanza i ricorrenti e il controricorrente NOME COGNOME hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti relativo all’assenza di elementi tecnici necessari per l’accertamento degli elementi di cui all’art. 1051 cod. civ., ossia «maggiore brevità» e «minore aggravio». Più precisamente: i ricorrenti censurano la pronuncia nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sul mancato espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio per verificare l’interclusione, pure espressamente richiesta dai COGNOME nell’atto di appello; nè poteva sopperire il riferimento ad una CTU espletata dopo l’emissione della sentenza parziale di p rimo grado ai fini della determinazione della indennità.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1051 cc e 111 Cost. nonchè 101 cpc in materia di contraddittorio per avere la Corte d’Appello, in violazione del principio del contraddittorio, rigettato l’impugnazione sulla scorta di una perizia inutilizzabile ai fini della decisione del giudizio di appello, in quanto redatta dal consulente tecnico d’ufficio successivamente all’emissione della sentenza parziale
impugnata, peraltro al solo fine di determinare l’indennità ex art. 1053 cod. civ., non già allo scopo di stabilire la sussistenza o meno dei presupposti ex art. 1051 cod. civ.
Con il terzo motivo si deduce la violazione del principio dell’onere della prova (art. 2697 cc). Sostengono i ricorrenti che l’COGNOME non ha fornito alcuna prova a fondamento della propria domanda di costituzione della servitù di passaggio, se non una consulenza tecnica di parte contestata dalla presente difesa: era, invece, onere dello stesso COGNOME richiedere nei termini di legge la CTU. La Corte d’Appello si è, dunque, sostituita alla parte utilizzando documenti irrilevanti e non probanti, in violazione del principio del contraddittorio.
Con il quarto motivo si deduce vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione della norma di diritto individuata dall’art. 1062 cod. civ. Si censura la pronuncia nella parte in cui ha ritenuto inconferente il richiamo all’art. 1062 cc e ha trascurato il fatto che la presunta e non dimostrata interclusione del fondo di proprietà dei coniugi COGNOME -qualora esistente – è stata causata dal frazionamento e vendita di una parte del terreno di proprietà dei coniugi NOMECOGNOME i quali ancora oggi risultano essere proprietari della restante parte di proprietà sulla quale è da sempre presente una strada che conduce alla strada pubblica via, sulla quale è costituita ex lege , sin dall’atto di separazione dei due fondi, servitù di passaggio in favore del fondo di proprietà degli odierni resistenti.
Con il quinto motivo si deduce vizio della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 948 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., per aver la Corte territoriale rigettato la domanda attorea con la quale i COGNOME avevano chiesto la restituzione delle particelle di terreno in contestazione, modificando la
natura dell’azione proposta e l’onere probatorio incombente sugli odierni ricorrenti.
Il Collegio ritiene fondato il quarto motivo del ricorso per le ragioni di séguito esposte.
Come emerge dalla stessa sentenza gravata (p. 4, righi 12-14), gli odierni ricorrenti avevano proposto motivo d’appello deducendo la mancanza di prova in ordine all’ef fettiva interclusione del fondo, eventualmente derivante dall’alienazione di una porzione di terreno originariamente unitario a cura dei danti causa dei coniugi COGNOME.
A tale doglianza il giudice di seconde cure non ha risposto adeguatamente, ritenendo «d el tutto inconferente … il richiamo all’art . 1062 cod. civ., a seguito della vendita dell’immobile da parte di NOME COGNOME e NOME non ricorrendone i presupposti» (p. 5, 8° capoverso).
I ricorrenti (v. pag. 17) hanno però richiamato anche l’art. 1054 cc osservando che l’interclusione del fondo COGNOME qualora esistente -era stata determinata dalla vendita in suo favore di una parte della più grande estensione di terreno di proprietà dei coniugi NOMECOGNOME. Tale questione era stata posta anche in appello, come riporta il ricorso a pag. 5.
Così argomentando, la Corte territoriale ha erroneamente applicato l’art. 1062 cod. civ. (costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia), non ravvisandone i presupposti che, in effetti, nel caso di specie non ricorrevano, poiché parte del fondo originariamente di proprietà dei COGNOME era rimasto nella titolarità di questi ultimi, laddove la richiamata fattispecie del 1062 si riferisce a situazioni in cui due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario ma hanno cessato di esserlo.
In sintesi, la questione posta dagli allora appellanti era quella disciplinata dall ‘a rt. 1054 cod. civ. (interclusione per effetto di alienazione o di divisione), pure menzionato nel presente motivo di ricorso, che così recita: «Se il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di alienazione a titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere dall’altro contraente il passaggio senza alcuna indennità».
.Si rende pertanto necessario nuovo esame.
La sentenza merita, pertanto, di essere cassata e il giudizio rinviato alla medesima Corte d’Appello, che dovrà verificare la sussistenza in fatto dei presupposti della fattispecie disciplinata dall’art. 1054 cod. civ.
Avendo il Collegio accolto il quarto motivo del ricorso, i restanti motivo restano logicamente assorbiti.
Il giudice di rinvio (Corte d’Appello di Roma in diversa composizione) regolerà anche e spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, accoglie il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda