Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7161 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11029/2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrenti –
Contro
NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 570/2019 depositata il 19/03/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.
POSSESSO
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME, assumendo di essere comproprietario insieme con NOME COGNOME, di un piccolo appezzamento di terreno in Petilia Policastro, confinante con l’abitazione di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e con altro appezzamento di sua proprietà, al quale aveva sempre avuto accesso percorrendo il primo appezzamento e il terreno dei resistenti, che presentava un’apertura nella recinzione, ha chiesto tutela possessoria in quanto questi ultimi avevano accatastato della legna in prossimità della recinzione per ostruire il varco e precludergli l’accesso al secondo appezzamento di terreno di proprietà dell’attore .
Il Tribunale di Crotone – nel contraddittorio dei resistenti che, costituendosi, avevano negato l’altrui possesso dato che, da più di trent’anni , accatastavano la legna sulla striscia di terreno di loro proprietà anche a ridosso della recinzione che delimitava la loro proprietà rispetto a quella del ricorrente -sentiti alcuni informatori, ha rigettato la richiesta d’interdetto possessorio con ordinanza confermata dal Collegio del reclamo, per mancanza di prova del possesso, in capo a NOME COGNOME, del secondo terreno e della servitù di passaggio attraverso il fondo di NOME COGNOME e di NOME COGNOME al fine di accedere al secondo terreno; il primo giudice, all’esito della fase di merito, ha rigettato la domanda possessoria per analoghe ragioni.
L a Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1815/2014, disposta una c.t.u. ed escussa la teste NOME COGNOME, che non era stata sentita in primo grado, ha respinto l’appello di NOME COGNOME, al quale avevano resistito NOME COGNOME e NOME COGNOME (erede di NOME COGNOME).
NOME COGNOME ha chiesto la revocazione della sentenza n. 1815/2014 e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n.
570/2019, nella resistenza di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (gli ultimi due quali eredi di NOME COGNOME), e nella contumacia di NOME COGNOME (erede di NOME COGNOME, a sua volta erede di NOME COGNOME), ha revocato la sentenza n. 1815/2014, e, quanto al giudizio rescissorio, in riforma della sentenza del Tribunale di Crotone, ha ordinato la reintegrazione di NOME COGNOME nel possesso della servitù di passaggio attraverso le particelle 416, 417 e 418 al fine di accedere, attraverso i due varchi presenti nella recinzione ed evidenziati nelle fotografie allegate alla consulenza tecnica d’ufficio, alla parte alta e alla parte bassa della particella 206; inoltre, ha ordinato agli appellati di rimuovere la legna accumulata dinanzi al secondo dei detti varchi e di astenersi dal turbare il pacifico possesso di NOME COGNOME della servitù di passaggio attraverso la stradella in cemento sopra descritta; infine, ha condannato gli appellati al pagamento delle spese processuali.
5. La Corte territoriale, preliminarmente, ha ritenuto ammissibile la domanda di revocazione di NOME COGNOME, il quale, lamentando un errore di percezione della rappresentazione dei luoghi di causa riprodotta nelle fotografie allegate agli atti, ha contestato la sentenza d’appello perché, se fosse stata ritenuta la preesistenza del muro di sostegno di INDIRIZZO, avrebbe dovuto negarsi l’attendibilità del teste COGNOME, il quale aveva affermato che NOME COGNOME accedeva al proprio fondo direttamente da INDIRIZZO, piuttosto che quella della teste COGNOME, la quale (al contrario) aveva confermato il possesso della servitù di passaggio in capo a NOME COGNOME attraverso la stradella in cemento e le aperture nella recinzione ostacolate dal legname ivi depositato. E questo per la decisività del prospettato errore percettivo della Corte che rappresentava l’elemento dirimente per valutare l’attendibilità delle opposte dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME.
Ciò stabilito, la sentenza oggetto di questo giudizio ritiene fondata la revocazione in quanto le fotografie in atti non dimostrano affatto che il muro di sostegno di INDIRIZZO sia stato edificato successivamente allo spoglio della servitù di passaggio, poiché le fotografie allegate al fascicolo di primo grado di NOME COGNOME non ineriscono al confine con INDIRIZZO, ma unicamente all’accatastamento di legna che chiude l’apertura della recinzione che dà accesso al terreno dell’attore in revocazione . Del resto, prosegue la stessa decisione, non è plausibile che il muro di sostegno della INDIRIZZO sia stato costruito in epoca successiva alla stessa realizzazione della strada, tenuto conto dell’entità del dislivello esistente tra il piano strada della stessa via e la sottostante particella 206 di proprietà di NOME COGNOME.
Revocata con queste argomentazioni la sentenza d’appello n. 1815/2014, la Corte di Catanzaro ha quindi esaminato e accolto l’impugnazione di NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Crotone.
Ed infatti, per un verso, ha ritenuto provato il possesso, in capo all’appellante, della servitù di passaggio attraverso la stradella in cemento a servizio anche delle abitazioni degli appellati; per altro verso, ha ritenuto provato che la legna accatastata da questi ultimi in prossimità dell’apertura della recinzione ostruisse a NOME COGNOME il varco e gli precludesse l’accesso al secondo appezzamento di terreno di sua proprietà.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza d’appello .
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 24/05/2023 (pubblicata il 15/06/2023), altro Collegio di questa Corte ha disposto l’integrazione
del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME, quale parte processuale cui il ricorso per cassazione non è stato notificato, ed ha assegnato ai ricorrenti un termine perentorio di sessanta giorni per l’integrazione del contraddittorio.
La cancelleria, in data 13/11/2023, ha attestato che i ricorrenti non hanno integrato il contraddittorio nel termine perentorio ad essi assegnato.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ai sensi degli artt. 331, secondo comma, e 371bis , cod. proc. civ. ( ex multis , Cass. n. 12661/2020).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 3.000,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 marzo 2024.