Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27467 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27467 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14620/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore e legale rappresentante NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al la INDIRIZZO.
– controricorrente –
e
COGNOME NOME; CELENTANO NOME.
– intimati –
avverso la sentenza n. 564/2020 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, pubblicata il giorno 23/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2025 dal AVV_NOTAIO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, depositate il 6/7 giugno 2024, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo di ricorso, rigettandosene gli altri.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 10 novembre 2010, NOME COGNOME e NOME COGNOME citarono RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., NOME COGNOME e NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Roma, esponendo: i ) di avere venduto a questi ultimi due la propria partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE al prezzo di € 500.000,00 per ciascuna quota; ii ) che gli acquirenti gli consegnarono, in parziale pagamento del corrispettivo, due assegni circolari emessi dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di € 200.000,00 ciascuno, assegni che essi attor i versarono sui propri conti personali; iii ) che tali titoli, tuttavia, furono sottoposti a sequestro preventivo penale, in quanto emessi senza che sul conto degli ordinanti vi fosse la provvista necessaria e ritenuti corpo del reato di truffa ai danni della banca. L’assegno bancario di € 525.000,0 0 precedentemente versato sul conto di questi ultimi, infatti, era rimasto impagato perché tratto su un conto a sua volta sottoposto ad analogo sequestro.
1.1. Chiesero, pertanto, la condanna di RAGIONE_SOCIALE all’adempimento delle obbligazioni di pagamento assunte con l’emissione degli assegni circolari, o, in via subordinata, quella del COGNOME e del COGNOME al pagamento del saldo del prezzo d’acquisto delle quote, corrispondente ad € 200.000,00 per ciascuno dei cessionari, ovvero dello stesso importo a titolo risarcitorio.
1.2. Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, che contestò l’avversa domanda nei suoi confronti stante l’inesigibilità delle somme portate dagli assegni sottoposti a sequestro, e rimasti contumaci il COGNOME ed il COGNOME, gli attori, con la prima memoria ex art. 183, comma 6, cod. proc. civ., proposero, nei confronti della banca convenuta, una domanda subordinata avente ad oggetto il risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ.
1.3. L’adito tribunale, con sentenza n. 15878 del 2015, accolse la domanda principale e condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare ad NOME COGNOME e NOME COGNOME le somme portate dagli assegni, ritenendo assorbita la domanda risarcitoria nei confronti della banca stessa e quella di condanna degli acquirenti della quota al pagamento del saldo.
Pronunciando sul gravame promosso contro quella decisione dal menzionato istituto di credito, l’adita Corte di appello di Roma, con sentenza del 23 gennaio 2020, n. 564, resa, ex art. 281sexies cod. proc. civ., nel contraddittorio con NOME COGNOME e NOME COGNOME, e nella contumacia di NOME COGNOME e NOME COGNOME, così dispose: « 1) Accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda originaria proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dichiarando inammissibile la domanda risarcitoria riproposta nei confronti di quest’ultima nel presente grado di giudizio; 2) Accoglie la domanda di adempimento riproposta nel presente grado di giudizio da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e, per l’effetto, condanna questi ultimi, in solido fra loro, al pagamento, in favore di ciascuno degli appellati, della somma di euro 200.000,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al soddisfo; ».
2.1. In particolare, quella corte osservò che: i ) « Va accolto il motivo d’appello con cui la banca contesta la statuizione del Tribunale laddove viene affermato che ‘il sequestro preventivo opera sul piano materiale, incidendo sulla disponibilità e sulla circolazione fisica della cosa, ma non può pregiudicare effetti che si siano prodotti anteriormente secondo la legge civile in favore di soggetti in buona fede’. L’argomentazione del Tribunale è smentita dalla giurisprudenza della S.C. (Cass. 7157/2012) secondo cui il
sequestro penale esclude sicuramente la circolazione dei titoli e rende inesigibile il credito. È vero che il sequestro è temporaneo, potrebbe dar luogo alla definitiva confisca, ma si tratta di mera eventualità … Finché tuttavia vi è sequestro, non sussiste alcuna esigibilità del credito e spetterebbe alla parte interessata (in questo caso gli odierni appellati, beneficiari dei titoli) dimostrare che i titoli sono tornati in circolazione. Dunque, in riforma della sentenza impugnata, la domanda di adempim ento dell’obbligazione cartolare va rigettata »; ii ) « Gli appellati hanno, tuttavia, riproposto ex art. 346 c.p.c. la domanda risarcitoria nei confronti della banca, domanda ‘ulteriore’ proposta in sede di memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ne ha eccepito l’inammissibilità in quanto integrante una mutatio libelli. In realtà, come affermato dalle SS.UU (Cass. 12310/2015), ‘la vera differenza tra domande ‘nuove’, implicitamente vietate, e domande ‘modificate’, espressamente ammesse, non sta nel fatto che in queste ultime le ‘modifiche’ non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate ‘nuove’ nel senso di ‘ulteriori” o ‘aggiuntive’, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono, pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività’. La domanda risarcitoria proposta dagli originari attori nei confronti della banca non ha sostituito quella iniziale di adempimento dell’obbligazione cartolare, ma si è aggiunta a quella senza porsi con la stessa in rapporto di alternatività. Dunque, la domanda risarcitoria va considerata nuova perché, come si evince dalle stesse conclusioni degli attori, è stata introdotta per la prima volta con la memoria integrativa concessa all’udienza di trattazione. Ne va, quindi, dichiarata inammissibilità »; iii ) « Va, invece, accolta la domanda di pagamento del saldo del corrispettivo riproposta, ex art. 346 c.p.c., nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME. Non vi è alcun dubbio che la parte del prezzo confluita negli assegni circolari ‘non esigibili’ non sia stata corrisposta, sicché anche la quietanza rilasciata ai compratori non può produrre alcun effetto estintivo dell’obbligazione. Entrambi gli acquirenti delle quote, pertanto, debbono
essere condannati, in solido fra loro, al pagamento, in favore di ciascuno degli appellati, della somma di euro 200.000,00, oltre interessi legali dalla domanda ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno promosso ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. Non hanno svolo difese in questa sede NOME COGNOME e NOME COGNOME.
3.1. Con ordinanza interlocutoria del 4/12 luglio 2024, n. 19235, il Collegio, « In via pregiudiziale rispetto allo scrutinio dei descritti motivi, e considerato che RAGIONE_SOCIALE ha espressamente dichiarato (cfr. pag. 36 e ss. del suo controricorso) di riproporre le difese e le eccezioni ritenute assorbite dalla corte di appello, tra cui la domanda volta ad ottenere la declaratoria di esclusiva responsabilità del COGNOME con riferimento ai fatti dedotti dagli attori, con la conseguente condanna dello stesso al pagamento di quanto invocato dai COGNOME », ha ritenuto necessario « procedersi alla integrazione del contraddittorio , ex art. 331 cod. proc. civ., nei confronti del COGNOME e del COGNOME, litisconsorti processuali necessari che non hanno svolto difese in questa sede, non risultando essere andate a buon fine le notificazioni del ricorso e del controricorso già eseguite nei loro confronti ». Pertanto la causa è stata rinviata a nuovo ruolo al fine di consentire alle parti di eseguire l’adempimento sudde tto.
In prossimità dell’odierna adunanza camerale, sono state depositate altre memorie ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi denunciano, rispettivamente:
« Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ». Si ascrive alla corte capitolina di non aver considerato il fatto, asseritamente decisivo, rappresentato dall’anteriorità dell’esaurimento della circolazione degli assegni circolari rispetto tanto alla presentazione dell’esposto alla Procura della Repubblica del 25 gennaio 2010, quanto al deposito del decreto
penale di sequestro preventivo avvenuto in data 2 febbraio 2010. Si assume, tra l’altro, che: i ) « Il fatto di cui la Corte d’Appello ha omesso l’esame appare decisivo perché causale della conseguente violazione di legge denunciata nel motivo che segue, avendo indotto la corte territoriale a ritenere inapplicabile alla fattispecie l’art. 1993 c.c. in punto di inopponibilità al possessore del titolo delle eccezioni non a questo personali, quali erano quelle che la Banca aveva mosso al COGNOME nella denuncia »; ii ) « Il fatto in questione era stato dedotto dai Sigg.ri COGNOME, come elemento giustificativo della reiezione dell’appello, nella loro comparsa di risposta in tale grado, a dimostrazione dell’irrilevanza del sequestro preventivo penale al fine di giustificare il rifiuto di adempimento da parte della banca »;
II) « Violazione e falsa applicazione dei principi che regolano la circolazione dei titoli di credito, e degli assegni circolari in particolare, e segnatamente degli artt. 1993 e 1997 c.c. nonché degli artt. 82 e 83 del r.d. 21.12.1933 n. 1736, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ». Si deduce che, « Escluso che il decreto di sequestro preventivo penale degli assegni circolari potesse avere alcuna valenza di fatto impeditivo dell’adempimento delle obbligazioni cartolari ivi assunte dalla Banca verso i Sigg.ri COGNOME e ciò perché, ai fini dell’adempimento di tali obbligazioni, non si richiedeva più, agli aventi diritto, la disponibilità fisica delle cartulae , di cui si erano spossessati secondo le regole di circolazione dei titoli, e cioè presentando questi alla Banca in stanza di compensazione per il pagamento, così da far ritenere che i Sigg.ri COGNOME avessero fatto tutto ciò che la legge richiedeva loro per poter esigere dalla Banca l’adempimento promesso, la Corte d’Appello ha consentito alta Banca di opporre ai Sigg.ri COGNOME eccezioni fondate non sui rapporti personali con essi, ma sui rapporti esistenti tra essa Banca ed il Sig. COGNOME. Si è così determinata la violazione dell’art. 1993 c.c., nonché degli artt. 82 e 83 del R.D. 21.12.1933 n. 1736, e comunque dei principi generali in materia di circolazione dei titoli di credito »;
III) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c 183 c.p.c.; omessa pronuncia; nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si contesta
alla corte distrettuale di aver ritenuto inammissibile la domanda risarcitoria formulata dagli attori/appellati, contro RAGIONE_SOCIALE, nella loro prima memoria ex art. 183, comma 6, cod. proc. civ.. Secondo i ricorrenti, detta domanda si sarebbe dovuta considerare alternativa e non in aggiunta alla domanda principale, sicché la stessa sarebbe stata pienamente ammissibile anche tenuto conto di quanto sancito da Cass., SU, n. 22404 del 2018.
2. L’odierno ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Va rilevato, invero, che, con ordinanza interlocutoria n. 19235 del 4/12 luglio 2024, comunicata il 12 luglio 2024, questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo ritenendo necessario « procedersi alla integrazione del contraddittorio , ex art. 331 cod. proc. civ., nei confronti del COGNOME e del COGNOME, litisconsorti processuali necessari che non hanno svolto difese in questa sede, non risultando essere andate a buon fine le notificazioni del ricorso e del controricorso già eseguite nei loro confronti », assegnando, per il corrispondente adempimento, il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della medesima ordinanza.
La Cancelleria, « Visti gli atti del fascicolo n. NUMERO_DOCUMENTO », ha attestato, in data 10 ottobre 2025, giusta l’art. 144 -bis disp. att. cod. proc. civ., che, a seguito della ordinanza interlocutoria suddetta, «la parte ricorrente ha depositato, in data 10.09.2025, la notifica nei confronti di COGNOME NOME eseguita ai sensi del 140 c.p.c., producendo: i) relata dell’Ufficiale Giudiziario di Roma – cron NUMERO_DOCUMENTO -con dichiarazione di avvenuto deposito in busta sigillata nella casa Comunale di Roma “per non aver rinvenuto alcuno all’indicato domicilio” con affissione del relativo avviso e spedizione della raccomandata n. 66870971655-7 in data 25.07.2024; ii) avviso di ricevimento della raccomandata postale n. 66870971655-7 recante la dicitura “spiacenti per non aver recapitato questo invito in quanto destinatario trasferito” datato o1.08.2024; iii) certificato di residenza di COGNOME NOME» .
Tanto, del resto, è stato verificato anche da questo Collegio nel corso dell’adunanza camerale del 10 ottobre 2025 , rinvenendosi, nel fascicolo di ufficio , l’avvenuto deposito, effettuato in via telematica in data 9/10
settembre 2024 dall’AVV_NOTAIO , della notificazione del ricorso e della ordinanza interlocutoria n. 19235/2024 a NOME COGNOME eseguita ex art. 140 cod. proc. civ., ma da considerarsi non perfezionata posto che l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui era stato dato avviso allo stesso del deposito dei medesimi atti nella casa comunale reca la dicitura ‘ trasferito ‘.
2.1. Orbene, l’art. 140 cod. proc. civ. dispone che, se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone cui l’atto deve essere consegnato, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge un avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, dandone comunicazione al destinatario mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Va ricordato, poi, quell’articolo è stato dichiarato parzialmente incostituzionale laddove, per come interpretato dal diritto vivente, prescriveva che la notifica si intendeva perfezionata con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione ( cfr . Corte cost. n. 3/2010). Secondo il giudice delle leggi, la disposizione, facendo decorrere i termini per la tutela in giudizio del destinatario da un momento anteriore alla concreta conoscibilità dell’atto notificato, attuava un ” non ragionevole bilanciamento tra gli interessi del notificante, su cui ormai non gravano più i rischi connessi ai tempi del procedimento notificatorio, e quelli del destinatario, in una materia nella quale le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità “, dando luogo ad un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fattispecie, normativamente assimilabile, della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, disciplinata dall’art. 8 della legge n. 890/1982.
Ciò premesso, pur dovendo darsi atto di un percorso di tendenziale convergenza della disciplina delle notifiche in caso di irreperibilità relativa del destinatario, resta tuttavia che la citata sentenza n. 3/2010 ha chiaramente delineato, per le notifiche ex art. 140 cod. proc. civ., un regime
che si discosta da quello dell’art. 8, comma 4, della legge n. 890/1982. Mentre le notificazioni a mezzo del servizio postale si perfezionano decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata o al momento del ritiro del piego contenente l’atto da notificare, se anteriore ( cfr . Cass. n. 28627 del 2017; Cass. n. 26088 del 2015; Cass. n. 3499 del 2012; Cass. n. 14606 del 2005), l’art. 140 cod. proc. civ., come risultante dalla pronuncia additiva della Corte costituzionale, fa esplicitamente coincidere tale momento con il ricevimento della raccomandata informativa, reputato idoneo a realizzare (non l’effettiva conoscenza, ma) la conoscibilità del deposito dell’atto presso la casa comunale ed a porre il destinatario in condizione di ottenere la consegna e di predisporre le proprie difese nel rispetto dei termini eventualmente pendenti per la reazione giudiziale.
Né tale difformità può esporsi a dubbi di legittimità costituzionale. Invero, come già ricordato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 346/1998) non è predicabile un dovere costituzionale del legislatore ordinario di uniformare il trattamento processuale di situazioni assimilabili sul piano degli effetti e degli interessi della disciplina, essendo consentita una diversa conformazione degli istituti processuali (inclusa la disciplina delle notificazioni), a condizione che non siano lesi i diritti di difesa. La normativa deve inderogabilmente consentire che ” il notificatario abbia una effettiva possibilità di conoscenza dell’avvenuto deposito dell’atto “, sicché, nel rispetto di tali esigenze, è legittima l’adozione di regimi differenziati, specie se giustificati dalle diverse modalità con cui deve essere effettuata la notifica stessa. L’art. 8, comma 4, della legge n. 892/1980, quindi, non va assunto a parametro imprescindibile per scrutinare la legittimità delle alternative contemplate dall’ordinamento riguardo al momento perfezionativo delle notifiche o per l’individuazione dei requisiti essenziali affinché siano garantiti i diritti di difesa e la parità delle armi, evocati dal giudice delle leggi. Appare ragionevole e non discriminatorio che la notifica si perfezioni con il ricevimento della raccomandata, poiché, come riconosciuto dalla Corte costituzionale, risultano in tal modo soddisfatte le esigenze di conoscibilità del deposito dell’atto, mentre l’ulteriore onere da cui è gravato il notificatario
(ritiro dell’atto presso il Comune di residenza) riduce in misura minima i tempi e le opportunità di allestire le iniziative giudiziali da parte dell’interessato. A tali conclusioni è giunta, più di recente, la stessa Corte costituzionale, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., censurato per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dalla data in cui l’ufficiale giudiziario, effettuate le formalità di deposito, gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento, anziché prevedere che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, con la quale lo si avvisa dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale, ovvero dalla data dell’effettivo ritiro della copia dell’atto, se anteriore, in modo analogo a quanto previsto dall’art. 8, comma 4, della legge 20 novembre 1982, n. 890, non essendo ammissibile porre a confronto situazioni comunque eterogenee ( cfr . Corte cost. n. 220/2016).
Questa Corte, del resto, ha già opinato che il raggiungimento dello scopo della notifica si verifica anche nel caso in cui il destinatario ha certamente ricevuto la raccomandata presso il proprio indirizzo ed ha scelto di omettere il ritiro presso l’ufficio postale del plico, determinando la compiuta giacenza ( cfr. Cass. n. 265 del 2019). In tali casi, -come qui concretamente accaduto quanto alla differente notifica eseguita dall’AVV_NOTAIO a NOME COGNOME AVV_NOTAIO del ricorso introduttivo e della ordinanza interlocutoria n. 19235/2024 ( cfr . la documentazione depositata telematicamente il 5 settembre 2024) – opera la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., che è superabile solo se la persona destinataria dia prova di essersi trovata senza sua colpa nell’impossibilità di prendere cognizione del plico ( cfr . Cass. n. 15315 del 2014).
Secondo Cass. n. 32201 del 2018, inoltre, nella notificazione nei confronti di destinatario irreperibile, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., non occorre che dall’avviso di ricevimento della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso l’ufficio comunale, che va allegato all’atto notificato,
risulti precisamente documentata l’effettiva consegna della raccomandata, ovvero l’infruttuoso decorso del termine di giacenza presso l’ufficio postale, né, che, in definitiva, detto avviso contenga, a pena di nullità dell’intero procedimento notificatorio, tutte le annotazioni prescritte in caso di notificazione effettuata a mezzo del servizio postale, dovendo piuttosto da esso risultare, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, il trasferimento, il decesso del destinatario o altro fatto impeditivo (non della conoscenza effettiva, ma) della conoscibilità dell’avviso stesso ( cfr. Cass. n. 2959 del 2012).
2.2. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio che, nella odierna vicenda, il procedimento di notificazione, ex art. 140 cod. proc. civ., del ricorso e della ordinanza interlocutoria 19235/2024, come intrapreso dal difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME non si è perfezionato, essendovi prova che la raccomandata contenente l’avviso del deposito degli atti predetti presso la casa comunale non è stata ricevuta da quest’ultimo . La raccomandata risulta, infatti, restituita al mittente con la dicitura ” trasferito “.
Né potrebbe fondatamente sostenersi che, alla stregua di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la già menzionata sentenza n. 3 del 2010, la notifica si sarebbe comunque perfezionata con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione di quella raccomandata.
Invero, l’art. 140 cod. proc. civ. dispone forme della notificazione per il caso in cui non sia possibile eseguire la consegna dell’atto da notificare per irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone indicate nel precedente art. 139. L’art. 140 postula, dunque, che i luoghi di residenza, dimora o domicilio del destinatario siano stati esattamente individuati e che l’atto non sia stato consegnato per impossibilità materiale, irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139. Diverso è il caso previsto nel successivo art. 143, che prevede la notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti. In caso di incertezza sui luoghi, l’onere di effettuare la ricerca del destinatario grava sul soggetto che promuove la notificazione, così come l’onere di provare di averla eseguita con l’ordinaria diligenza ( cfr.
Cass. n. 11639 del 2006). Nel caso di specie, come si è già detto, v’è la prova che la raccomandata contenente l’avviso del deposito degli atti da notificare al COGNOME presso la casa comunale non è stata ricevuta da quest’ultimo, atteso che è stata restituita al mittente con la dicitura ” trasferito ‘. Non può parlarsi, in tal caso, di esatta conoscenza dei luoghi in cui eseguire la notificazione.
L’esito negativo di quella notificazione, quindi, avrebbe dovuto indurre il difensore degli odierni ricorrenti ad attivarsi tempestivamente (argomentando da Cass., SU, n. 14594 del 2016), procedendo alla notificazione di quei medesimi atti secondo l’art. 143 cod. proc. civ. ma di ciò non è stata fornita alcuna prova (diversamente da quanto fatto, invece, dal difensore della RAGIONE_SOCIALE, che, dopo una prima notifica ex art. 140 cod. proc. civ. del proprio controricorso e dell’ordinanza interlocutoria suddetta al COGNOME non perfezionatasi ex art. 140 cod. proc. civ., si è immediatamente attivato effettuando, nuovamente, quella notificazione, ex art. 143 cod. proc. civ. Cfr . la documentazione da lui depositata telematicamente il 5/6 settembre 2024).
2.3. Resta solo da ricordare, allora, che: i ) come ribadito da Cass. n. 3318 del 2020, « nell’ipotesi “di cause inscindibili, qualora il ricorso per cassazione non sia stato proposto nei confronti di tutte le parti e la Corte abbia assegnato termine per l’integrazione del contraddittorio, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 331 cod. proc. civ.”, se “esclude che possa farsi ricadere sul ricorrente che abbia tempestivamente avviato il procedimento di notificazione l’esito negativo del medesimo dovuto a circostanze indipendenti dalla sua volontà e non prevedibili”, comporta, allo stesso tempo, che questo principio debba essere applicato “tenendo conto che il termine per l’integrazione del contraddittorio non viene concesso soltanto per iniziare il procedimento, ma anche per svolgere le indagini anagrafiche che siano prevedibilmente necessarie, ed è peraltro stabilito allo scopo di permettere alla parte di rimediare ad un errore nel quale è incorsa all’atto della notificazione del ricorso” »; ii ) giusta Cass. n. 24834 del 2022, l’inosservanza, anche solo parziale, dell’ordine di
integrazione del contraddittorio, determina l’inammissibilità del ricorso per cassazione e non l’improcedibilità dello stesso ex art. 371bis c.p.c. che si riferisce, invece, al difetto del successivo adempimento del deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio, debitamente notificato.
In conclusione, dunque , l’odierno ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME e li condanna al pagamento, in solido tra loro, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME