Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17009 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17009 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
17399/2024 r.g., proposto da
NOME COGNOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME.
intimati
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 768/2024 pubblicata in data 31/05/2024, n.r.g. 655/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.- Con ricorso al Tribunale di Bari, NOME COGNOME esponeva di aver lavorato come collaboratrice domestica, livello C super CCNl lavoro domestico, dal 27/04/2000 al 29/06/2010 alle dipendenze del sig. COGNOME COGNOME in regime di non convivenza, prestando assistenza sia a lui che a sua moglie NOMECOGNOME per un totale di 25 ore settimanali. Aggiungeva che dopo il decesso del COGNOME, dal 30/06/2010 al 15/10/2015 avevea prestato
OGGETTO:
debito ereditario – eredi litisconsorzio necessario rinunzia di alcuni risultante da atto pubblico – rilevanza – necessità di integrazione del contraddittorio nei loro confronti – esclusione
la medesima attività lavorativa alle dipendenze di NOME in regime di convivenza. Deduceva di aver maturato crediti per differenze retributive relative ai due rapporti di lavoro, per i quali era rimasta debitrice la sig.ra NOME in qualità di erede per il primo rapporto, in proprio per il secondo.
Conveniva pertanto in giudizio gli eredi della sig.ra COGNOME -nel frattempo deceduta -per ottenere la loro condanna al pagamento della complessiva somma di euro 96.421,22.
La notifica del ricorso avveniva collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della de cuius e si perfezionava per compiuta giacenza del plico presso l’ufficio postale, trascorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata informativa ai sensi dell’art. 140 c.p.c.
La notifica del ricorso avveniva poi individualmente nei confronti di:
–NOMECOGNOME sorella della de cuius NOME;
–COGNOME NOME, fratello del precedente de cuius COGNOME COGNOME;
–COGNOME NOME, moglie di NOME, fratello premorto della de cuius NOME;
–NOME COGNOME quale discendente di NOME premorto alla de cuius NOME e quindi succeduto a quest’ultima per rappresentazione.
2.- Costituitosi il contraddittorio, con sentenza definitiva parziale n. 101 del 14/01/2019 il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, in quanto non rientrante fra i discendenti di NOME NOME, fratello premorto della de cuius NOME, e quindi non chiamata per rappresentazione all’eredità di quest’ultima.
Con coeva ordinanza del 14/01/2019 il Tribunale ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei discendenti di NOME, fratello premorto della de cuius NOME.
3.- Assunte le prove testimoniali ammesse, con sentenza definitiva il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, dichiarava che fra la ricorrente e COGNOME COGNOME era intercorso un rapporto di lavoro subordinato dal 27/04/2006 al 29/06/2010 con mansioni di collaboratrice domestica non convivente, inquadrabili nel livello C super CCNL lavoro domestico; che fra la ricorrente e NOME era intercorso un rapporto di lavoro subordinato
dal 30/06/2010 al 15/10/2015 con mansioni di collaboratrice domestica convivente, inquadrabili nel livello C super CCNL lavoro domestico; condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME, a pagare alla ricorrente ciascuno in proporzione alla propria quota ereditaria la somma di euro 97.597,22 per differenze retributive e per t.f.r.
4.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto da NOME COGNOME dichiarava estinto il giudizio di primo grado e condannava la lavoratrice a rimborsare all’appellante le spese di appello.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
è fondato il primo motivo di appello, con cui NOME COGNOME aveva eccepito l’estinzione del giudizio di primo grado (ai sensi dell’art. 307 c.p.c.) per mancata ottemperanza all’ordine impartito dal Tribunale con ordinanza del 14/01/2019 di integrare il contraddittorio nei confronti di NOME e di NOMECOGNOME quali sue germane ed ulteriori discendenti di NOME premorto alla de cuius NOME e quindi succedute a quest’ultima per rappresentazione;
infondata è l’eccezione dell’appellata di aver limitato l’integrazione del contraddittorio a NOME COGNOME poiché le sorelle di quest’ultimo (ossia NOME e NOME) avevano rinunziato all’eredità del loro padre NOME, frate llo premorto della de cuius NOME e quindi non potevano succedere a questa per rappresentazione del padre premorto;
le chiamate all’eredità dovevano comunque essere evocate in giudizio, perché solo a loro spettava poi eccepire il difetto di legittimazione passiva per avere rinunziato all’eredità, eccezione di merito spendibile esclusivamente dai chiamati all’eredità, co me insegna la Corte di Cassazione (Cass. n. 17445/2019);
la conseguenza di tale omessa integrazione del contraddittorio pur disposta dal Tribunale è quella dettata dall’art. 307 c.p.c., ossia l’estinzione del giudizio, in quanto il termine fissato per l’integrazione
del contraddittorio è perentorio e quindi non può essere rinnovato né prorogato.
4.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
6.- La ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 100, 102 e 307 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto non integrato il contradd ittorio e per avere omesso l’esame di un fatto decisivo, rappresentato dalla rinunzia all’eredità paterna da parte delle sigg.re NOME e NOME mediante atto pubblico. Precisa che al momento dell’ordinanza che aveva impartito l’ordin e di integrare il contraddittorio le predette sigg.re NOME non erano più chiamate all’eredità del padre, perché vi avevano già rinunziato con atto pubblico.
Il motivo è fondato.
L’integrazione del contraddittorio nei confronti delle predette sarebbe stato del tutto inutile e superfluo, perché alla data dell’ordinanza di integrazione del co ntraddittorio (14/01/2019) vi era già stata la loro rinunzia all’eredità del padre, avvenuta in data 06/12/2011 con dichiarazione resa dinanzi al Cancelliere del Tribunale di Bari -sez. dist. di Modugno. Si tratta di un atto pubblico che era stato ritualmente acquisito al giudizio in occasione della costituzione della sig.ra COGNOME COGNOME (doc. 8 allegato alla memoria difensiva di quest’ultima di primo grado), poi dichiarata con sentenza parziale priva di legittimazione passiva perché ‘non discendente’ del marito NOME premorto alla de cuius NOME e quindi soggetto che non poteva succedere a quest’ultima per rappresentazione perché non discendente di NOME.
L’integrazione del contraddittorio, se e seguita, avrebbe inesorabilmente esposto la ricorrente ad una condanna alle spese processuali, posto che alla data dell’ordinanza (14/01/2019) il documento rappresentativo di quella rinunzia all’eredità mediante atto pubblico era già acquisito al processo.
D’altronde, come evidenzia la ricorrente, la sentenza di questa Corte n. 17445 /2019 è stata del tutto travisata dai giudici d’appello, i quali hanno omesso di leggere quel passo della motivazione, in cui sono richiamati specifici precedenti secondo i quali ‘ la parte che procede alla riassunzione, ha l’onere di individuare i chiamati all’eredità rispetto ai quali sussistono, in tesi se non dispone di precisi riscontri documentali, le condizioni legittimanti l’accettazione dell’eredità ‘ e ‘ la legittimazione passiva può essere individuata allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta – o conoscibile con l’ordinaria diligenza -alcuna circostanza idonea a dimostrare che il titolo a succedere sia venuto a mancare (rinuncia, indegnità, premorienza, ecc.) ‘ (Cass. n. 21 227/2014; Cass. n. 7517/2011).
Alla luce di tali principi di diritto, confermati e non smentiti da questa Corte nella sentenza erroneamente citata dai giudici d’appello, la ricorrente in primo grado alla data dell’ordinanza con cui veniva disposta l’integrazione del contraddittorio disponeva di un preciso riscontro documentale relativo alla rinunzia all’eredità dichiarata con atto pubblico dalle sigg.re NOME e NOMECOGNOME sicché la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di queste ultime è pienamente giustificata dal fatto che, in quel momento, non erano (più) litisconsorti necessari.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per avere la Corte territoriale condannato essa appellata al rimborso delle spese.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo, che determina de iure anche la caducazione del capo di condanna al rimborso delle spese processuali di appello, le quali dovranno essere nuovamente regolate all’esito della decisione di merito in sede di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, per la decisione del merito del gravame, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data